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Veterinary Focus

Numero 27.1 Apparato gastrointestinale

Quale approccio... Il gatto con diarrea cronica

Pubblicato il 05/09/2019

Scritto da Craig B. Webb

Disponibile anche in Français , Deutsch , Español e English

I veterinari conoscono fin troppo bene il gatto con diarrea ricorrente; trattare questi pazienti può essere frustrante, sia per il veterinario che per il proprietario, ma Craig Webb offre le sue considerazioni sul modo migliore per affrontare questi gatti con un articolo basato su casi reali che illustra i punti chiave per ottenere un esito positivo.

Quale approccio... Il gatto con diarrea cronica

Punti Chiave

Il veterinario può utilizzare molti approcci diversi quando si trova di fronte ad un gatto affetto da diarrea cronica. Due dei metodi più utili sono il Ragionamento Clinico e il Riconoscimento di Pattern Clinici.


Per prima cosa è necessario affrontare il caso dal punto di vista clinico; i test diagnostici dovrebbero originare da una diagnosi clinica.


Incongruenze importanti e caratteristiche chiave sono da ricercarsi nel segnalamento, nell’anamnesi e nell’esame obiettivo.


Definire il problema in modo accurato, completo e conciso aiuta a raggiungere una diagnosi.


Il valore predittivo positivo è una funzione della prevalenza della malattia nella popolazione in analisi.


La dieta è una componente fondamentale sia della diagnosi che del trattamento dei gatti con diarrea cronica.


Introduzione

Esiste una differenza significativa tra il modo in cui un segno clinico o un processo patologico viene strutturato all’interno di un libro di testo e il modo in cui un gatto con quel particolare segno clinico o processo patologico si presenta alla visita clinica veterinaria. Pertanto, anche se la comprensione del caso “da manuale” è importantissima, c’è ancora molta strada da fare prima di arrivare a comprendere la situazione del gatto che si trova sul tavolo da visita. Di seguito tenterò di descrivere quello che accade realmente tra il gatto e me come veterinario, mentre cerco di raggiungere tale comprensione.

L’approccio

Il mio approccio ad un gatto con diarrea cronica – che viene definita come una diarrea (riduzione della consistenza delle feci, aumento del loro volume o aumento della frequenza di defecazione) continua o intermittente, di durata superiore a 3 settimane – può, di fatto, provenire da molte direzioni diverse. Prendiamo in considerazione le seguenti possibilità:

• Mi piace iniziare con il gatto e il proprietario assieme. Utilizzando l’anamnesi del gatto, l’anamnesi del/i segno/i clinico/i ed una visita clinica, compilo una lista di diagnosi differenziali per la diarrea cronica felina in ordine di probabilità, dalla più probabile alla meno probabile. Partendo da tale lista, dó la precedenza al/ai test diagnostico/i che sembrano più adatti a confermare o smentire la mia diagnosi differenziale numero uno. Ulteriori test diagnostici faranno salire o scendere una possibile diagnosi all’interno della lista, finchè non riuscirò ad identificare la diagnosi differenziale che rimane in cima alla graduatoria. Questo è noto come Approccio mediante Ragionamento Clinico, e prevede l’utilizzo della logica per passare da una diagnosi presunta a una diagnosi definitiva.

• L’approccio successivo è molto meno complesso. Ancora una volta inizio osservando il gatto e ascoltando il proprietario. Poi guardo la presentazione del caso o pattern clinico (“illness script”) e proseguo semplicemente con quello che mi dice l’istinto. Questo è noto come Approccio mediante Riconoscimento del Pattern Clinico (“script recognition”) e si basa fortemente sulle “sensazioni” individuali.

• Mentre rivedo l’anamnesi ed eseguo la visita clinica, presto particolare attenzione agli aspetti del caso che non hanno senso o non sembrano concordare con gli altri elementi: queste incongruenze spesso si rivelano indizi importanti. Inoltre, nella mia testa rivedo più volte il “film” del caso, dall’inizio alla fine, cercando ogni volta di descriverlo in modo più completo e accurato, alla ricerca di qualsiasi tessera mancante del puzzle. Queste sono le componenti dell’Approccio per Caratteristiche Chiave, che separa le note importanti dal rumore di fondo.

• Infine, nonostante gli evidenti vantaggi di un iter diagnostico stabilito, e spesso a causa di limiti finanziari, il proprietario può scegliere di iniziare una “terapia ex-adiuvantibus”. In questo caso prescrivo un trattamento X e pianifico una visita di controllo dopo 2 settimane. Questo è noto come l’approccio “Pronti, mirare, fuoco”, e si evolve spesso nell’approccio “Pronti, fuoco, fuoco, fuoco”.

Molte variabili possono influenzare il modo in cui affronto un caso; alcune in maniera positiva, alcune in un modo che si traduce in un errore (piuttosto prevedibile) di valutazione medica. I metodi sopra indicati non si escludono a vicenda e, in molti casi, un approccio può integrare un altro. Vi incoraggio vivamente a “pensare a come pensate ai casi clinici” 1 e il modo migliore per descrivere questo concetto è valutare la presentazione di alcuni casi.

Presentazione del caso no 1

Inizio dalle informazioni riportate nell’agenda degli appuntamenti: in genere troverò semplicemente i dati riguardanti il segnalamento del gatto e il motivo della visita, in questo caso una “diarrea cronica”. Partendo da solo queste due informazioni, comincio a formare nella mia testa un “pattern clinico” o quadro del caso. Se l’agenda mi dice che sto per visitare un gattino con diarrea cronica, il mio pattern clinico sarà molto diverso da quello relativo alla visita di un gatto Siamese di 14 anni con diarrea cronica (Tabella 1). Quando mi trovo effettivamente di fronte al gatto, eseguo la visita clinica e raccolgo l’anamnesi dal proprietario, utilizzo queste informazioni per completare i dettagli e migliorare la chiarezza del mio quadro. A questo punto, nel mio approccio, formulo una diagnosi presunta utilizzando il Riconoscimento del Pattern Clinico. 

 

 Segnalamento, motivo della visita, anamnesi, esame obiettivo
Segnalamento: età, sesso, razza
Età 
Gattino Adulto Paziente geriatrico
Patologia GI primaria > patologia GI secondaria
Patologia GI primaria & patologia GI secondaria

Patologia GI primaria < patologia GI secondaria

• Alimentare
• Infettiva

 • Parassiti
 • Virus
 • Protozoi
 • Batteri

• Stress
• Anatomica– intussuscezione 

 

• Rispondente alla dieta
• IBD
• LSA GI
• Infettiva
• Ileo
• MRC
• Pancreatite
• Neoplasia
• Colangite
• Ipertiroidismo
• EPI
Neoplasia intestinale Neoplasia extraintestinale
Tutte le eziologie elencate nella sezione Adulto 
Tabella 1. Costruire un “pattern clinico” per i gatti con diarrea cronica: l’età dell’animale ha un grande impatto sull’eziologia.
GI = gastrointestinale; IBD = malattia intestinale infiammatoria; LSA GI = linfosarcoma gastrointestinale; EPI = insufficienza pancreatica esocrina;
MRC = malattia renale cronica

 

Per quanto possa sembrare ovvio, si è visto che maggiore è l’esperienza del medico, maggiore è il ruolo che il Riconoscimento del Pattern Clinico svolge nel suo approccio ai casi. La forza di questo approccio dipende da quanto accurato e completo è il pattern clinico, nonchè dalla mia capacità, dovuta alla mia esperienza, al mio percorso formativo e alla mia memoria, di riconoscere e identificare quello specifico pattern.

Un “gatto con diarrea cronica” potrebbe avere praticamente qualsiasi cosa. Tuttavia, un gatto domestico a pelo corto, di 5 mesi di età, F/S (segnalamento), con diarrea cronica intermittente dell’intestino crasso (motivo della visita e anamnesi), adottato da un gattile e altrimenti in buona salute (anamnesi), con un BCS di 5/9 e un’infiammazione lieve a livello perianale (esame obiettivo), che non ha risposto a cicli ripetuti di metronidazolo e fenbendazolo (anamnesi), è – fino a prova contraria – un caso di Tritrichomonas foetus* (2) (Figura 1). 

Caso 1: gatto domestico a pelo corto, F/S, di 5 mesi di età, con diarrea cronica intermittente dell’intestino crasso.
Figura 1. Caso 1: gatto domestico a pelo corto, F/S, di 5 mesi di età, con diarrea cronica intermittente dell’intestino crasso. © Craig Webb

* Tritrichomonas foetus potrebbe presto essere rinominato T. blagburni, in base ai test molecolari, alla specificità dell’ospite e alla patologia. Questa misura è volta semplicemente a distinguere il microrganismo T. foetus felino da quello bovino e non ha alcun impatto sulla diagnosi o sul trattamento della tricomoniasi felina.

In questo caso, l’approccio “Pronti, mirare, fuoco” aveva già portato il veterinario curante ad effettuare diverse terapie exadiuvantibus, utilizzando un antielmintico ad ampio spettro (fenbendazolo 50 mg/kg ogni 24 ore per 5 giorni) e metronidazolo benzoato (25 mg/kg ogni 24 ore per 7 giorni). Questa sarebbe una pratica standard nei gattini, data la prevalenza di parassiti in una popolazione di questa fascia di età e proveniente da un gattile, e in questo caso la mancata risposta ai trattamenti è una Caratteristica Chiave del pattern clinico.

Un’altra caratteristica importante del mio pattern clinico in questo caso è stabilire se la diarrea abbia prevalentemente origine dall’intestino tenue o dall’intestino crasso (Tabella 2). Spesso la risposta è “origine mista”, e vi è una significativa sovrapposizione nelle eziologie di queste due categorie. In questo caso, però, la distinzione è importante, poiché questo gattino non era affetto da parassiti GI sensibili agli antielmintici standard. Questo lascia in cima alle mie ipotesi infettive T. foetus e una Giardia spp. resistente ai farmaci e, dal momento che i segni clinici indicano una diarrea dell’intestino crasso, propendo per la prima opzione. 

 

Segno/sintomo Intestino tenue Intestino crasso
Muco Assente Comune
Sangue vivo Assente Comune
Melena +/- Assente
Volume Aumentato Normale, diminuito
Carattere Feci da molli ad acquose Feci da molli a formate
Frequenza Normale, lievemente aumentata Aumentata
Dischezia Assente +/-
Tenesmo Assente +/-
Urgenza Assente Comune
Perdita di peso Comune Non comune
Vomito +/- Non comune
Appetito Variabile Spesso normale
Attività Spesso diminuita Spesso normale
Borborigmi +/- Assenti
Flatulenze +/- +/-
Tabella 2. Distinzione tra diarrea dell’intestino tenue e diarrea dell’intestino crasso nei gatti.

 

L’esame delle feci (Figura 2) è uno step diagnostico ovvio e importante quando ci si confronta con la maggior parte dei casi di diarrea cronica felina, soprattutto per questa fascia di età e con questa anamnesi ambientale. Le tecniche diagnostiche disponibili per l’esame delle feci esulano dallo scopo di questo articolo, ma sono disponibili moltissime eccellenti risorse per aiutare i veterinari a fare scelte diagnostiche oculate ** 3.

Campione di feci di un gatto con diarrea intestinale mista: le feci sono acquose e poco voluminose e il gatto non è stato in grado di raggiungere la lettiera per defecare.
Figura 2. Campione di feci di un gatto con diarrea intestinale mista: le feci sono acquose e poco voluminose e il gatto non è stato in grado di raggiungere la lettiera per defecare. © Craig Webb

**Companion Animal Parasite Council (CAPC)TM www.capcvet.org

L’importanza di un intervento dietetico nei casi di diarrea cronica verrà sottolineata molte volte in questo articolo, così come l’importanza della dieta come strumento diagnostico. Considerando la probabilità di una diarrea correlata alla dieta nei gattini (Tabella 1), un trattamento dietetico empirico avrebbe certamente avuto un forte peso in questo caso. L’utilizzo di diete ipoallergeniche e a base di proteine idrolizzate sarà discusso quando ci occuperemo di una fascia d’età più avanzata, ma in questo gattino avrei optato per una dieta molto digeribile 4, o eventualmente (poichè il problema era una diarrea dell’intestino crasso) per una dieta per patologie GI rispondenti alle fibre 5, pur tenendo conto dei fabbisogni calorici di un gattino in crescita. La mia fonte di fibra preferita come trattamento aspecifico della diarrea è lo psyllium (polvere non aromatizzata, 425 mg per 1/8 cucchiaino da tè; 0,25–0,5 cucchiaino da tè per pasto), una fibra solubile che si è dimostrata efficace nei casi di diarrea dell’intestino crasso nel cane 6

Ampliando la definizione di modifica dietetica al di là dell’utilizzo di un determinato alimento, per questo particolare gattino prenderei in seria considerazione l’integrazione con un probiotico. A prescindere se sia una causa o una conseguenza, uno squilibrio del microbioma intestinale, condizione nota come disbiosi, è probabilmente una concausa molto importante delle malattie gastrointestinali e dei segni clinici associati, sia nell’uomo che negli animali da compagnia.

Uno studio ha mostrato che la somministrazione di un probiotico ai gatti di un gattile ha ridotto in modo significativo il numero di giorni nei quali questi gatti hanno avuto diarrea 7. Mentre il ronidazolo è il trattamento di elezione per la diarrea da T. foetus (30 mg/kg/die per 14 giorni) 8, sembra che l’associazione del ronidazolo con un probiotico possa ridurre la probabilità che i gatti presentino una ricaduta, un’evenienza altrimenti frequente 9. Anche se la nostra capacità di valutare o monitorare il microbioma è attualmente piuttosto limitata, almeno un laboratorio ha recentemente sviluppato e commercializzato un test per “l’indice di disbiosi” fecale ***. Questo test potrebbe aiutarmi ad affinare ulteriormente il pattern clinico, nonché contribuire a monitorare le terapie nei casi di diarrea cronica. Attenzione, però: almeno uno studio ha evidenziato che, quando si parla di probiotici da banco, può esserci un’enorme discrepanza tra quanto riportato in etichetta e il contenuto del flacone 10; per questa ragione, rimango fedele ai marchi di cui ci si può fidare, prodotti da aziende con radici profonde nella medicina veterinaria.

*** Gastrointestinal Laboratory, Texas A&M University – Anche se il test per la disbiosi è attualmente validato solo per i cani, risultati recenti suggeriscono che potrebbe essere utile anche per i gatti.

In questo caso ho unito un certo numero di approcci diversi, evitato diversi potenziali errori di valutazione medica e, con un risultato della PCR fecale positivo per T. foetus, ho trattato il gattino con ronidazolo, una dieta ad alta digeribilità, lo psyllium e un probiotico, risolvendo così la diarrea cronica.

Presentazione del caso no 2

Il mio paziente successivo è un gatto domestico a pelo corto, di 3 anni di età, F/S (segnalamento), con diarrea cronica intermittente dell’intestino tenue (motivo della visita e anamnesi), adottato da un gattile e altrimenti in buona salute, tranne che per episodi occasionali di vomito di tricobezoari (anamnesi), con un BCS di 4/9 e una lieve infiammazione interdigitale (esame obiettivo). La diarrea non ha risposto a cicli ripetuti di metronidazolo e fenbendazolo (anamnesi) (Figura 3). 

Caso 2: gatto domestico a pelo corto, F/S, di 3 anni di età con diarrea cronica intermittente dell’intestino tenue.
Figura 3. Caso 2: gatto domestico a pelo corto, F/S, di 3 anni di età con diarrea cronica intermittente dell’intestino tenue. © Craig Webb

I risultati dei test di laboratorio rivelano una PCR positiva per T. foetus. Sono contento di aver ottenuto un risultato positivo con un impegno finanziario minimo e, dal momento che ho appena avuto successo nel trattamento del Caso no 1 con ronidazolo, prescrivo ovviamente lo stesso farmaco a questo gatto con diarrea cronica – senza però ottenere alcun effetto.

Questo esempio mette in luce come il mio approccio ad un caso possa essere influenzato significativamente da un successo o da un fallimento con i precedenti casi, test diagnostici e terapie. Questo é comprensibile, in quanto ci si aspetta di imparare dalle proprie esperienze. Purtroppo, in questo esempio, il recente successo ha influenzato la mia concentrazione nella costruzione del pattern clinico. Il Caso no 2 riguarda un gatto adulto giovane, non un gattino; il gatto era affetto da diarrea dell’intestino tenue, non dell’intestino crasso; non tutti i gatti provenienti da gattili hanno parassiti; il vomito di tricobezoari veniva considerato accidentale; il BCS era di 4/9; l’infiammazione interdigitale lieve era considerata un caso, e la mancata risposta agli antiparassitari era stata interpretata come indicativa di T. foetus... in fondo, il risultato del test diagnostico di laboratorio diceva proprio questo.

Questo caso evidenzia, inoltre, quello che credo sia una componente fondamentale del mio iter diagnostico in medicina veterinaria: la collocazione appropriata dei test diagnostici. I test per identificare gli agenti infettivi associati alla diarrea cronica felina sono un ottimo esempio: gli studi ci ricordano che l’utilizzo di un test diagnostico per identificare un microrganismo non equivale a identificare la causa della diarrea. Anche di fronte a tecnologie avanzate quali l’identificazione dei parassiti intestinali in base alla PCR, il ragionamento clinico è cruciale per il successo del trattamento 11. Quindi, quando é opportuno utilizzare i test diagnostici e quali test posso usare nel mio approccio ad un gatto con diarrea cronica?

Il valore predittivo positivo è una funzione della prevalenza della malattia nella popolazione che sto analizzando. Ogni singolo gatto diventa parte di una “popolazione” di pazienti che decido di testare per questa o quella patologia... o di non testare per questa o quella patologia. Migliore è la mia abilità di individuare correttamente i pazienti che probabilmente hanno la malattia X, maggiore sarà la prevalenza della malattia X nella mia “popolazione” di pazienti. Pertanto, il valore del test diagnostico che richiedo e la mia capacità di interpretare con sicurezza il risultato del test dipendono dalla mia capacità di clinico di formulare una diagnosi clinica prima di ordinare un test diagnostico. In sintesi: i risultati dei miei test diagnostici possono essere validi solo tanto quanto lo sono io!

Ma torniamo al caso no 2, in cui il ronidazolo non ha funzionato. Scoraggiato dal mio insuccesso terapeutico, mi rivolgo alla letteratura scientifica sulla diarrea cronica del gatto, nella speranza di trovare un approccio più efficace a questo caso. Una recente serie di articoli descrive la diagnosi di patologia cronica dell’intestino tenue nei gatti adulti e l’istologia intestinale nei gatti con sospetto di malattia cronica dell’intestino tenue 12 13. Una componente chiave dell’iter diagnostico in questi casi era l’ecografia addominale, che spesso aveva evidenziato un ispessimento dell’intestino tenue. Le successive biopsie a tutto spessore rivelavano che circa la metà dei gatti aveva una diagnosi di enterite cronica e la maggior parte degli altri gatti aveva una diagnosi di linfoma GI. Pertanto, un possibile scenario per questo gatto prevede di eseguire un’ecografia addominale, trovare l’intestino tenue ispessito, prelevare per via endoscopica dei campioni bioptici dell’intestino tenue per l’esame istopatologico, diagnosticare un’enterite linfoplasmacellulare (IBD) ed avviare una terapia con prednisolone.

Prima di decidermi per questo approccio, tuttavia, inizio a rivedere nella mia testa il “film” del pattern clinico. Rivedo il caso più e più volte, alla ricerca di incongruenze e caratteristiche chiave che possa non aver notato. Mi chiedo: “E se il motivo della visita dello stesso gatto fosse stata l’infiammazione interdigitale?”. Un gatto adulto giovane con prurito e infiammazione digitale corrisponde ad un pattern clinico combatibile con un’allergia. Aggiungendo i segni GI, e utilizzando il Ragionamento Clinico, l’ipotesi che sale in cima alla mia lista è l’allergia alimentare. Il test diagnostico di elezione per un’allergia alimentare non è l’ecografia addominale, né il prelievo di biopsie intestinali, bensì una dieta.

Una serie importante di articoli su gatti con diarrea cronica 14 15 ha descritto un numero significativo di gatti (30%) che presentavano segni GI cronici (diarrea o vomito), prurito, o entrambi; i segni clinici di questi pazienti erano stati risolti con una dieta ad eliminazione, utilizzando un alimento commerciale ipoallergenico in scatola contenente una singola fonte proteica. Gli autori utilizzano l’espressione “sensibilità alimentare” per caratterizzare l’eziologia alla base della diarrea cronica in questi gatti, unendo l’intolleranza alimentare e l’allergia alimentare. I gatti di questi studi che soffrivano di sensibilità alimentare hanno mostrato una risoluzione dei segni GI dopo appena 2 settimane di dieta ipoallergenica, e questo è un risultato clinico importante. In questi gatti erano stati effettuati moltissimi accertamenti diagnostici. Di fatto, i risultati dell’esame istopatologico del 50% dei gatti con diagnosi di sensibilità alimentare descrivevano un’enterite linfoplasmacellulare da lieve a grave, cioè una malattia intestinale infiammatoria. Ironia della sorte, sebbene fossero state effettuate delle radiografie addominali per escludere un’ostruzione GI e la presenza di masse addominali, l’ecografia addominale non era rientrata nell’iter diagnostico di questi gatti.

Il messaggio che ne ho ricavato è che, quando mi trovo di fronte ad un gatto giovane adulto o adulto altrimenti sano (cioè senza evidenza di malattia GI secondaria) e stabile (cioè senza significativa perdita di peso o diminuzione dell’appetito), che viene presentato alla visita clinica per una diarrea cronica, penso “il cibo prima di tutto”, come strumento diagnostico precoce appropriato. Posso preparare il proprietario all’eventualità di dover mettere in atto diversi tentativi dietetici della durata di 2 settimane, nel caso in cui la prima dieta non abbia successo. Inizio con una dieta contenente una fonte proteica nuova o a base di proteine idrolizzate (allergia alimentare), dal momento che non sembra esserci una differenza clinica significativa tra le due 16. Se questo non funziona, prendo in considerazione una dieta facilmente digeribile (basata sull’evidenza) o una dieta GI con fibre (se è interessato l’intestino crasso) 17 18. Infine, potrei utilizzare una dieta ad eliminazione su misura, nella speranza di identificare un singolo ingrediente incriminato.

Presentazione del caso no

 

Età Eziologia*
Giovane Infettiva
Giovane adulto Alimentare
Adulto Infiammatoria
Adulto anziano Neoplastica
Tabella 3. Un continuum di eziologie comuni classificate per età.
* Le linee tratteggiate tra le voci sottolineano la sovrapposizione tra le eziologie.

 

Quando prendo in considerazione gatti adulti o anziani con diarrea cronica (Tabella 3), o se mi trovo di fronte a gatti giovani o giovani adulti nei quali la diarrea cronica sembra essere un segno locale di un problema sistemico più grave, il mio approccio diventa più aggressivo, sia in termini di tempistica che di diagnostica. Sebbene la sensibilità alimentare e le cause infettive di diarrea cronica possano causare sintomi sistemici, queste patologie si trovano piuttosto in basso nella mia lista per un gatto che si presenti in condizioni più gravi. Il Caso no 3 è un gatto Persiano, di 12 anni di età, M/C con diarrea cronica dell’intestino tenue, perdita di peso significativa e condizione corporea scadente (Figura 4). In questo caso l’approccio “Pronti, fuoco, fuoco, fuoco” con sverminazione profilattica, dieta, integratori o terapia antibiotica empirica non è più adeguato. In tale situazione, dal momento che le cause GI secondarie di diarrea diventano più importanti con l’età (per esempio legate a problemi a livello di fegato, pancreas, tiroide e così via), cercherò di escludere quelle che giustificano un’indagine diagnostica. Poi, se ho fatto bene il mio lavoro da clinico, il caso arriverà probabilmente al punto in cui tenterò di distinguere tra una IBD e un linfoma GI. Inizio con un pattern clinico e con il Riconoscimento del Pattern Clinico e mi chiedo: questo gatto sembra e dà la sensazione di avere un cancro (cachettico, massa muscolare ridotta, intestino ispessito) e si comporta come se avesse un cancro (letargico e iporessico)? 

Caso 3: gatto Persiano, M/C, di 12 anni di età con diarrea cronica dell’intestino tenue, perdita di peso significativa e condizione corporea scadente.
Figura 4. Caso 3: gatto Persiano, M/C, di 12 anni di età con diarrea cronica dell’intestino tenue, perdita di peso significativa e condizione corporea scadente. © Craig Webb

Quindi applico il Ragionamento Clinico, prestando attenzione alle incongruenze e alle caratteristiche chiave: ha senso che i segni clinici di linfoma GI siano stati riconosciuti per la prima volta due anni fa? ha senso che la IBD abbia causato una perdita del peso corporeo del 35% nel giro di 2 mesi? Ha senso che il gatto sia cachettico nonostante la polifagia? È possibile che il gatto abbia più di un problema significativo, come nei casi di triadite felina?

Controllerò il TT4 per la funzione tiroidea ed eseguirò un profilo rapido per folati, cobalamina, fTLI, e fPLI. Bassi livelli di folati e cobalamina sono compatibili rispettivamente con una malattia dell’intestino tenue prossimale e distale. Un divario tra i due, alti livelli di folati e bassi di cobalamina, è compatibile con un certo grado di disbiosi. Un aumento della fPLI è compatibile con una pancreatite, anche se dovrei cercare attentamente ulteriori segni clinici come disoressia e letargia, o aumenti della glicemia e della bilirubina totale. Infine, anche se l’insufficienza pancreatica esocrina è rara nei gatti, può causare diarrea cronica dell’intestino tenue con perdita di peso, nonostante un appetito solitamente normale 19. A mio parere, la cobalamina è di solito il valore del profilo GI che offre più informazioni 20: valori bassi sono associati ad una malattia significativa dell’intestino tenue e valori molto bassi possono essere associati a linfoma GI 21. Inoltre, la cobalamina può essere facilmente integrata (vedi Tabella 4). 

 

Farmaco Meccanismo Indicazione Dose Effetti indesiderati
Prednisolone Immunosoppressione
Mancanza di risposta alla modifica della dieta/terapia antimicrobica o IBD confermata dall’istopatologia
2–4 mg/kg/die per 2–3 settimane, quindi ridurre gradualmente del 25–50% ogni 2–4 settimane, fino a raggiungere la dose minima efficace in grado di controllare i sintomi
PU/PD Polifagia Cardiomiopatia Infezioni
Metilprednisolone Immunosoppressione
Alternativa per i pazienti che rifiutano medicinali per via orale
10 mg/kg SC ogni 2–4 settimane, da ridurre gradualmente a ogni 4–8 settimane
Come sopra
Diabete mellito
Clorambucile Agente alchilante
ScLSA o casi refrattari di IBD
Gatti >4 kg: 2 mg PO ogni 48 ore
Gatti <4 kg: 2 mg PO ogni 72 ore
Mielosoppressione
Neurotossicità
Ciclosporina Inibisce la funzione delle cellule T
Casi gravi o refrattari di IBD
5 mg/kg PO ogni 12–24 ore
Vomito, diarrea, epatopatia
Azatioprina Interferisce con la sintesi del DNA
Casi gravi o refrattari di IBD
0,3 mg/kg PO ogni 48 ore
Mielosoppressione grave
Metronidazolo Attività contro i batteri anaerobi
Possibili proprietà immunomodulanti
Casi gravi o refrattari di IBD
10–15 mg/kg/die PO SID (25 mg/kg/die se si usa metronidazolo benzoato)
Neurotossicità con l’uso cronico
Cobalamina (B12) Cofattore per la metilazione
Livelli di cobalamina <300 ng/l
250 mg/gatto SC una volta alla settimana per 6 settimane, poi 1 dose dopo 30 giorni e ripetizione del test dopo 30 giorni. Continuare con iniezioni mensili se i livelli rimangono all’interno dell’intervallo normale.
Nulla da segnalare
Tabella 4. Farmaci comuni usati nel trattamento della malattia intestinale infiammatoria nel gatto.

 

In questi casi più gravi, un’ecografia addominale può rivelare dei riscontri compatibili con una malattia dell’intestino tenue, anche se l’ispessimento dell’intestino o l’ingrossamento dei linfonodi addominali possono essere aspecifici (Figura 5). Il carattere e la distribuzione delle pareti intestinali ispessite possono influenzare la mia raccomandazione di prelevare le biopsie per via endoscopica piuttosto che chirurgica, e un singolo ispessimento focale potrebbe aumentare il mio sospetto di un adenocarcinoma intestinale. L’ecografia può anche essere una tecnica utile per la ricerca di una malattia extraintestinale (Figura 6) ma, come qualsiasi altro test diagnostico, è più efficace se segue una valutazione clinica: l’esame ecografico non deve essere una sorta di “battuta di pesca”.

L’interrogativo se sia meglio prelevare le biopsie per via endoscopica (a spessore parziale, accesso limitato) come in Figura 7, o per via laparotomica (a tutto spessore, accesso illimitato) è al centro di una serie di recenti pubblicazioni, di un vivace dibattito storico, e non è una domanda dalla risposta semplice. Indipendentemente da come ottengo il tessuto, per prima cosa consulto il mio laboratorio di diagnostica per accertarmi di preparare i campioni in modo da sfruttare al massimo i test diagnostici disponibili (ad esempio terreni speciali). Chiedo al patologo di interpretare l’istopatologia utilizzando le linee guida WSAVA, refertando il tipo cellulare, la gravità e le modifiche strutturali. Utilizzo al massimo le tecniche diagnostiche avanzate, quali immunoistochimica, citometria a flusso e PCR, per contribuire a determinare il fenotipo cellulare e ricercare la clonalità 22

Scansione ecografica addominale che mostra una sezione sagittale dell’intestino tenue felino, evidenziando una parete intestinale ispessita.
Figura 5. Scansione ecografica addominale che mostra una sezione sagittale dell’intestino tenue felino, evidenziando una parete intestinale ispessita. © Dr. Angela Marolf, CSU
Scansione ecografica addominale che mostra un pancreas felino di dimensioni aumentate ed ipoecogeno, con mesentere circostante iperecogeno, compatibile con una pancreatite.
Figura 6. Scansione ecografica addominale che mostra un pancreas felino di dimensioni aumentate ed ipoecogeno, con mesentere circostante iperecogeno, compatibile con una pancreatite. © Dr. Angela Marolf, CSU
 Immagine endoscopica del duodeno felino; l’esame istopatologico ha rivelato una malattia intestinale infiammatoria linfoplasmacellulare di grado moderato.
Figura 7. Immagine endoscopica del duodeno felino; l’esame istopatologico ha rivelato una malattia intestinale infiammatoria linfoplasmacellulare di grado moderato. © Dr. Sara Wennogle, CSU

Se i risultati dell’esame istopatologico e dei test molecolari coincidono con il mio Riconoscimento del Pattern Clinico e Ragionamento Clinico, procedo con la terapia. In caso contrario, riavvio il mio “film” del caso e cerco di dare un senso alle incongruenze.

Le mie terapie preferite per la IBD e per il linfoma del gatto sono descritte nell’articolo “Enteropatia cronica nel gatto”, anche se preferisco tenere sotto controllo il numero di medicinali che il proprietario deve dare al gatto malato ed evito, se possibile, l’approccio multifarmacologico.

Riassumendo, il mio approccio ad un gatto con diarrea cronica è, anzitutto e in primo luogo, in qualità di clinico. Questo è ciò per cui ho studiato, e questo è ciò per cui il cliente mi paga. Fortunatamente, questo approccio è anche il modo migliore di trovare un percorso valido per raggiungere una diagnosi corretta e una terapia efficace.

Riferimenti

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  2. Marks SL. Rational approach to diagnosing and managing infectious causes of diarrhea in kittens. In: Little SE (ed). August’s Consultations in Feline Internal Medicine. Vol. 7. Philadelphia: Elsevier, 2016;1-22.
  3. Marks SL, Rankin SC, Byrne BA, et al. Enteropathogenic bacteria in dogs and cats: diagnosis, epidemiology, treatment, and control. J Vet Intern Med 2011;25:1195-1208.
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Craig B. Webb

Craig B. Webb

Craig Webb è attualmente Professore di Medicina dei piccoli animali e direttore sanitario ospedaliero ad interim della CSU. Dopo aver conseguito la laurea Scopri di più

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