I gatti e la fibra alimentare
Nutrizionisti e veterinari si interessano da molti anni della fibra alimentare come componente degli alimenti per animali da compagnia o come integratori.
Pubblicato il 10/03/2021
Disponibile anche in Français , Deutsch , Español e English
L’adozione di un animale domestico risponde spesso alla soddisfazione di un desiderio di compagnia o di altro bisogno di carattere psicologico. Frequentemente il futuro proprietario si orienta verso l’acquisizione di un animale che, nel proprio immaginario, meglio soddisfa tali esigenze, non sempre preoccupandosi della conoscenza dei bisogni dell’animale.
Buonsenso, ragionamento logico e istruzioni accurate da parte di un professionista non sono sempre sufficienti a cambiare il modello comportamentale di un proprietario nei confronti del proprio animale da compagnia.
Il rapporto proprietario/veterinario è allo stesso tempo un aspetto integrante e critico perché le istruzioni sulla dieta abbiano successo. Il veterinario non deve essere uno psicologo, ma è fondamentale comprendere come gestire la comunicazione e capire i meccanismi che governano le relazioni umane.
Conoscere alcune delle principali “regole sociali” che aiutano a persuadere le persone ad agire può consentire al veterinario di convincere più facilmente un proprietario a mettere in pratica le istruzioni fornite.
L’adozione di un animale domestico risponde spesso alla soddisfazione di un desiderio di compagnia o di altro bisogno di carattere psicologico. Frequentemente il futuro proprietario si orienta verso l’acquisizione di un animale che, nel proprio immaginario, meglio soddisfa tali esigenze, non sempre preoccupandosi della conoscenza dei bisogni dell’animale. In un mondo ideale, prima di adottare un animale, il proprietario si dovrebbe rivolgere al veterinario per conoscere il modo migliore per allevare l’animale da compagnia e ottimizzare il rapporto uomo-animale ma questo accade raramente.
La scarsa considerazione della compatibilità tra le motivazioni all’acquisizione dell’animale, lo stile di vita del futuro proprietario e le caratteristiche dell’animale stesso, possono ripercuotersi sull’appropriatezza della gestione mettendo a rischio il benessere dell’animale e il successo della relazione.
Un ambito nel quale frequentemente il comportamento del proprietario non risulta adeguato a soddisfare le naturali esigenze dell’animale è l’alimentazione. L’animale domestico dipende quasi esclusivamente dal proprietario per la soddisfazione del proprio fabbisogno alimentare. Tuttavia, come spesso i veterinari constatano, c’è ancora poca consapevolezza delle diverse necessità alimentari degli animali, anche banalmente delle differenti esigenze manifestate da cani e gatti. Il proprietario poco consapevole, male informato o non attento alle esigenze, tenderà a trattare l’animale in modo spontaneo e ingenuo, proponendogli o imponendogli comportamenti antropomorfi anche nell’ambito alimentare. L’animale diviene così vittima di comportamenti scorretti con conseguenze alle volte critiche e/o patologiche come nel caso di sovrappeso e obesità.Quando non è stato possibile prevenire con adeguata informazione, è indispensabile l’intervento di un professionista che corregga l’alimentazione dell’animale. Tuttavia la correzione alimentare non consiste semplicemente nella scelta di un alimento idoneo a favorire la perdita di peso in eccesso o il mantenimento del peso corretto. I nutrizionisti hanno osservato che la sola dieta per il controllo del peso non sempre è sufficiente a raggiungere il risultato desiderato nell’ambiente famigliare in cui vive l’animale, un contesto diverso da quello sperimentale in cui lo stesso prodotto è stato testato con successo 1. Responsabile di tale fenomeno è la relazione instauratasi tra l’animale ed il proprietario. Entrambi gli aspetti non sono da sottovalutare nell’ambito di un intervento al fine di correggere le modalità di somministrazione dei pasti e di evitare un uso inappropriato del cibo.
Quando si considera l’intervento necessario per correggere il modo di fornire i pasti ed evitare che il cibo venga usato in modo improprio, è fondamentale non sottostimare né il legame uomo-animale, né le modalità di gestione del proprietario.
Una gestione corretta del cibo favorisce una più facile gestione generale dell’animale perché il proprietario è in grado di poter comunicare in modo chiaro e coerente con l’animale da compagnia rendendolo così più motivato ed obbediente. È quindi essenziale spiegare chiaramente anche le istruzioni più banali, come ad esempio il numero di pasti e gli orari per fornire il cibo, di modo che la quantità fornita a ogni pasto sia controllata e non venga somministrato cibo fuori orario. Il proprietario potrebbe altrimenti offrire all’animale cibo supplementare, probabilmente durante i propri pasti (Figura 1) o nel tentativo di prevenire comportamenti indesiderati da parte dell’animale (ad es. per indurre un cane o un gatto a smettere di abbaiare o miagolare).
Oltre agli aspetti legati direttamente alla somministrazione del pasto, anche l’esercizio fisico riveste un ruolo importante. Nel cane è sufficiente una passeggiata quotidiana, di diversa durata a seconda della taglia, mentre nel gatto l’esercizio fisico si può indurre fornendo giochi che rilasciano il cibo solo se mossi dall’animale (Figura 2) o nascondendo il cibo in posti che il gatto può raggiungere solo arrampicandosi. Questi accorgimenti rispettano anche altre esigenze etologiche, come la possibilità di manifestare il comportamento esplorativo e/o predatorio, di avere contatti sociali intra ed interspecifici e di condividere piacevoli attività con il proprietario.
Affinché le indicazioni del professionista diano il risultato atteso, serve la garanzia che chi alimenta l’animale abbia compreso correttamente le informazioni ma ancor più importante è che le stesse siano poi fedelmente rispettate. Non sempre è sufficiente rilasciare una prescrizione, sia essa verbale o scritta, per avere la garanzia dell’applicazione. Come nelle situazioni di malattie umane, la prescrizione terapeutica è rispettata fedelmente da una parte minoritaria dei proprietari e con comportamenti via via sempre meno rigorosi con il trascorrere del tempo.
Come e forse più che in altre discipline mediche, è indispensabile che il veterinario crei una buona relazione con il proprietario per garantire l’efficacia della prescrizione. Il proprietario è il “tutore” dell’animale e il buon esito della prescrizione si ottiene pertanto solo attraverso il suo corretto comportamento. Il veterinario deve quindi considerare la relazione proprietario-veterinario come parte integrante e fattore critico per il successo della prescrizione alimentare. Non serve trasformare il veterinario in uno psicologo ma conoscere i meccanismi che regolano le relazioni umane e la gestione della comunicazione è fondamentale.
La maggiore attenzione va posta al primo contatto tra il proprietario e la struttura o meglio tra il proprietario e la prima persona che lo accoglie. Infatti, non solo negli animali ma anche nelle persone sono presenti “l’istinto di sopravvivenza”, la “marcatura del territorio” e altri comportamenti che non si manifestano nelle forme proprie e caratteristiche di alcune specie animali ma sono “mascherati” dall’adozione di codici sociali/culturali evoluti nel corso dei millenni e dei territori di riferimento. Semplificando al massimo, l’elemento base di ogni specie vivente è il principio di sopravvivenza. Tra due persone che si incontrano per la prima volta, inconsciamente ci si pone il quesito: “l’altra persona sarà amico o nemico, mi aiuterà o mi contrasterà, risponderà alle mie esigenze o non mi aiuterà a risolvere il problema?”.
La risposta deve essere immediata! Si attiva quello che è comunemente definito il “4x20”, ossia 4 elementi critici che hanno in comune il fattore 20. Tutto questo al fine di valutare rapidamente se l’interlocutore è “amico o nemico” e attuare i giusti comportamenti di sopravvivenza.
Gli elementi sono:
La consapevolezza di questo fenomeno deve portare il responsabile della struttura per il primo contatto con ogni nuovo cliente, ad attuare un’accoglienza il più positiva possibile (Figura 3), generando la convinzione nel proprietario che tutto il personale sia un amico e sarà in grado di soddisfare le sue esigenze. I comportamenti da tenere sono quindi di attenzione, di benvenuto, di gradevolezza, di disponibilità all’ascolto, ossia tutti quegli atteggiamenti che possono creare un clima di stima e fiducia nelle persone della struttura veterinaria. La fiducia e la credibilità professionale, passano attraverso la valutazione delle persone e non solo dell’ambiente e/o della strumentazione presente nella struttura. Anche se la struttura veterinaria ha raggiunto nel tempo un’immagine di alta professionalità, è bene tenere presente che bastano pochi comportamenti sbagliati per trasformare l’amico in nemico e perdere quella fidelizzazione conquistata con impegno e fatica.
Superata la prima fase, occorre tenere presente alcuni altri fattori che regolano le relazioni tra le persone e in particolare tra il veterinario e il proprietario. Come in tutte le relazioni dove i ruoli non sono paritari, chi possiede il ruolo principale (veterinario) deve gestire la relazione con l’interlocutore (proprietario) usando il dialogo come fosse uno strumento. Ossia, dovrà avvalersi prevalentemente di una comunicazione di tipo assertivo, che utilizzi una voce chiara, amichevole, equilibrata, una gestualità aperta, un contatto oculare diretto (Figura 4) e un’espressione del volto che manifesti coinvolgimento e attenzione, con una postura eretta, rilassata e aperta. Solo in situazioni critiche potrà ricorrere ad uno stile comunicativo passivo e/o direttivo. Infatti, queste due modalità possono essere validi strumenti per la gestione di un interlocutore difficile, quale potrebbe essere un proprietario aggressivo, nervoso, poco attento, presuntuoso, diffidente, svogliato. Bisogna però essere esperti e padroneggiare appieno gli stili di comunicazione passivo e direttivo per rendere tali stili veri strumenti di persuasione o indirizzo dell’interlocutore. In carenza di una piena padronanza di tutti gli stili di comunicazione, è bene attenersi ad una relazione assertiva e coinvolgere con domande suggestive che portino l’interlocutore ad una collaborazione attraverso la proposizione di alternative. Il proprietario possiede sicuramente le informazioni per fare una corretta anamnesi anche se non sempre ci fornisce i dati utili ma, per motivi non sempre noti, tende a dare informazioni viziate dal suo modo di “vedere” la realtà.
E’ molto facile trovare sui mezzi d’informazione o sul Web immagini di proprietari e animali in sovrappeso e/o obesi che trasmettono quasi un messaggio di simpatia e positività nonostante il fatto che la società riconosca che l’obesità può causare gravi problemi di salute.
Il veterinario nel rivolgersi al proprietario in situazioni di comportamento alimentare errato verso l’animale, ancor più se accompagnato da situazioni di sovrappeso o obesità nel proprietario o dei familiari, dovrà utilizzare una comunicazione che diventi strumento di diagnosi e convincimento per l’applicazione della terapia. Il dialogo non dovrà avvenire attraverso la formulazione di domande aperte (ad es.: quando e con cosa alimenta il suo cane?) ma utilizzando una coppia di alternative per restringere il campo e identificare lo stile di comportamento del proprietario (ad es.: fornisce il cibo a orari prestabiliti o c’è sempre cibo nella ciotola? L’animale mangia sempre da solo o assieme a lei e ai familiari?). Attraverso questa forma di comunicazione, il veterinario potrà far percepire al proprietario che possono esistere diverse modalità di comportamenti alimentari, alcune delle quali poi potrà valorizzare o indicare come negative. L’obiettivo di questa forma di comunicazione è anche far scoprire al proprietario il suo modo di comportarsi nei confronti dell’animale evidenziando come sia lui stesso a generare situazioni non corrette che possono aver creato il problema e/o non facilitano la soluzione.
Dopo la risposta del proprietario, è utile fare la verifica della comprensione attraverso frasi quali: “ho compreso bene se dico che ..., posso affermare che lei alimenta il suo …, stando a quanto lei mi dice sembrerebbe che, ecc.”. Questa riformulazione otterrà alcuni vantaggi: ad esempio, la creazione di un’alleanza con il proprietario sulla diagnosi che lo rende artefice della comprensione del problema e gli permette di analizzare lo stesso problema da un diverso punto di vista (le alternative suggerite). In altre parole, rafforzerà la relazione tra veterinario e proprietario poiché la riformulazione comunica il desiderio di verificare la comprensione del problema, quindi la voglia di avere una piena consapevolezza della situazione da parte del veterinario; in altre parole, rafforza il concetto di professionalità e dipresa in cura del problema, ossia il veterinario è un amico. Quando un proprietario si accorge della criticità della situazione dovuta al sovrappeso e/o obesità del suo animale, rivolgendosi a un veterinario per risolvere il problema con molta probabilità rispetterà le prescrizioni. Quando invece è il veterinario a dover far presente la criticità della situazione dell’animale, non sempre ci sarà un’adesione spontanea alle prescrizioni.
È in questa situazione che il linguaggio assume una valenza strategica per la riuscita delle indicazioni alimentari. I comportamenti umani, anche quelli di gestione dell’alimentazione dell’animale, sono attivati da motivazioni, da desideri di raggiungimento di obiettivi, dalla ricerca del benessere, da principi, dal desiderio di provare piacere, ecc. Per modificare i comportamenti, non sempre è sufficiente il buon senso, il ragionamento logico, le indicazioni di un professionista. Spesso occorre suscitare nella persona sensazioni, emozioni, evocare sentimenti generatori di motivazioni che inducano l’interlocutore ad attuare modifiche dei suoi comportamenti; alle volte è necessario attivare il suo inconscio per promuovere il cambiamento. Intendiamo per “inconscio” quella parte di noi stessi che, pur non razionale e consapevole, ci genera “sensazioni” che spesso orientano il nostro agire (ad esempio, quando di fronte a certi comportamenti attuati affermiamo: “non so perché ma mi sentivo di agire così…, ho agito d’istinto ma mi sembrava la cosa migliore…, ecc.). Per facilitare la generazione di queste scelte inconsce è necessario che l’interlocutore ne conosca l’esistenza o gli siano “suggerite”. Un modo molto efficace di suggerire la nascita di queste sensazioni è l’uso di metafore, aneddoti, aforismi, ossia il ricorso a un linguaggio che susciti sensazioni, vissuti, percezioni favorevoli o contrarie ad un comportamento (cfr. riquadro).
Dispositivi come metafore, aneddoti, aforismi, possono essere utili per aiutare l’interlocutore a percepire che certi schemi di comportamento sono favorevoli o sfavorevoli. Ad esempio, per spiegare le conseguenze di un eccesso di alimentazione sia nei modi che nelle quantità, si potrebbe usare una metafora come questa: |
---|
“Immagini di essere ragazzino e di percorrere un sentiero di montagna con i suoi genitori e altre persone. Sulle spalle lei ha uno zainetto e dopo poco dalla partenza un genitore lefa vedere una bella pietra con minerali che luccicano. A lei piace molto e così mette la pietra nel suo zaino. Continuando a percorre il sentiero, vengono trovate altre pietre che a lei piacciono e in continuazione vengono depositate nel suo zaino. Come si sentirebbe dopo alcune ore di cammino e alla fine della giornata? Dare da mangiare troppo all’animale e nei tempi sbagliati, è come caricare lo zaino del ragazzino, senza poterlo svuotare.” |
Per rendere efficace la prescrizione si deve quindi passare attraverso la persuasione del proprietario. È utile richiamare alcune delle principali regole sociali che generano la persuasione tra le persone; se correttamente utilizzate, sarà più agevole per il veterinario convincere il proprietario che la prescrizione va attuata per il benessere dell’animale.
German AJ, Holden SL, Bissot T, et al. Dietary energy restriction and successful weight loss in obese client-owned dogs. J Vet Intern Med 2007;21:1174-1180.
Franco Favaro
Franco Favaro, Centro di Scienze Comportamentali (CSC) del cane, Legnaro, Italia Scopri di più
Serena Adamelli
Serena Adamelli, Center for Dog Behavioral Sciences (CSC), Legnaro, Italy Scopri di più
Nutrizionisti e veterinari si interessano da molti anni della fibra alimentare come componente degli alimenti per animali da compagnia o come integratori.
I veterinari e gli infermieri veterinari si sentono rivolgere tutti i giorni domande e commenti dai clienti per quanto riguarda vari aspetti degli alimenti per animali da compagnia...
Perché è importante conoscere il contenuto energetico degli alimenti per animali da compagnia?
Due tendenze sembrano essere diventate di moda tra i proprietari di cani negli ultimi anni...