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Numero 28.3 Apparato gastrointestinale
Pubblicato il 12/12/2018
Disponibile anche in Français , Deutsch , Română , Español e English
Le varie opzioni offerte oggi dalle aziende specializzate in alimenti per pet per i cani con malattia gastrointestinale cronica possono essere disorientanti e il veterinario può essere tentato di scegliere il prodotto più facilmente disponibile che afferma di essere efficace per la malattia enterica. Adam Rudinsky offre alcuni suggerimenti per aiutare il veterinario.
La gestione dietetica può essere efficace in molti cani con enteropatie croniche idiopatiche ma richiede la comprensione del paziente, delle opzioni alimentari disponibili e del probabile processo patologico.
Il profilo degli ingredienti delle diete di una determinata classe terapeutica, ad esempio quelle a basso contenuto di grassi, può essere molto diverso, motivo per cui non sono intercambiabili.
Alcune diete possono rientrare in classi terapeutiche multiple ed essere utilizzate a beneficio del veterinario per massimizzare potenzialmente la risposta al trattamento.
A causa dei contaminanti e della diversa accuratezza della lavorazione, gli alimenti non dietetici non sono alternative accettabili alle diete veterinarie prodotte e concepite per trattare i disturbi gastrointestinali.
L‘enteropatia cronica (EC) è un termine poco definito in medicina veterinaria. Nella sua definizione più elementare, descrive tutti i disturbi gastrointestinali (GI) di natura cronica. La designazione di malattia “cronica“ deve avvenire in base al singolo animale, attraverso una valutazione approfondita dell‘anamnesi individuale del paziente e dei segni clinici (Figura 1). I segni devono persistere nell‘animale per almeno dieci o quattordici giorni, prima di poter emettere una classificazione di malattia cronica. Questa distinzione tra disturbi GI acuti e cronici è importante, sia dal punto di vista diagnostico, sia da quello terapeutico; il presente articolo tratta i disturbi GI cronici, e non è detto che le indicazioni qui riportate possano essere adattate ai disturbi GI acuti e alla gestione alimentare di questi ultimi. Inoltre, quest‘ampia definizione di EC include intrinsecamente tutti i disturbi GI cronici, compresi quelli che possono derivare da eziologie infiammatorie, autoimmuni, metaboliche, neoplastiche e infettive.
Ottenere una diagnosi corretta e stabilire la causa dell‘EC è fondamentale perché il veterinario possa applicare in modo mirato le terapie dietetiche e mediche. La diagnosi definitiva può essere effettuata valutando le caratteristiche del paziente, utilizzando un approccio diagnostico con test mirati (ad es. patologia clinica, esami fecali, diagnostica molecolare, imaging [ Figura 2 ] e biopsia GI) ed eseguendo trattamenti ex-adiuvantibus come indicato caso per caso. Uno degli obiettivi principali nella valutazione del paziente è quello di eliminare i disturbi sistemici, infettivi e neoplastici che possono essere in gran parte clinicamente indistinguibili dall‘EC responsiva agli alimenti e che richiedono un trattamento specifico associato o separato rispetto alla gestione alimentare.
Comprendere le diverse opzioni dietetiche disponibili per il trattamento della malattia GI è il primo passo per attuare correttamente la terapia dietetica nei casi di EC. Non esiste un approccio tipo “taglia unica“; ogni categoria alimentare è adatta a specifiche sindromi e situazioni di malattia, mentre è potenzialmente sconsigliabile in altre. L‘attuazione corretta di specifiche strategie alimentari è indispensabile per usare efficacemente le diete come strumento terapeutico. L‘EC canina può essere spesso gestita in modo efficace con la dieta e può evitare alcuni dei problemi che possono svilupparsi con l‘uso degli antibiotici a lungo termine (ad es. alterazione del microbioma gastrointestinale) o dei medicinali immunomodulatori (ad es. alterazione dello stato immunitario e rischio d‘infezione). Il veterinario deve sempre considerare tre elementi quando deve selezionare la dieta, vale a dire: (I) anamnesi alimentare (II) strategia nutrizionale e (III) diagnosi (Figura 3). I seguenti tipi di dieta (classi terapeutiche) sono i più spesso utilizzati e prontamente disponibili presso molte aziende di alimenti per pet per il trattamento delle malattie GI canine: diete altamente digeribili, diete a contenuto limitato di ingredienti, diete con proteine idrolizzate, diete a basso contenuto di grassi e diete ricche di fibre (Figura 4). Per identificare meglio in quale o quali categorie rientra una potenziale dieta ci si deve basare sulle informazioni fornite dal produttore e sull‘anamnesi alimentare completa del singolo paziente. Tra le diete GI disponibili sul mercato, molte si sovrappongono e soddisfano contemporaneamente i requisiti per molte delle suddette categorie e tale sovrapposizione può andare a vantaggio del veterinario. È inoltre fondamentale che i veterinari siano consapevoli del fatto che i profili nutrizionali delle diverse diete possono variare nel tempo. Per essere certi che la dieta prescritta soddisfi le esigenze del paziente, si devono valutare almeno una volta all‘anno le informazioni aggiornate sul prodotto. Infine, le diete di una determinata categoria (ad es. tutte le diete altamente digeribili) sono diverse; spesso hanno profili nutrizionali diversi e possono avere effetti diversi in un singolo animale se utilizzate in modo intercambiabile.
Le diete altamente digeribili costituiscono un‘ampia percentuale delle diete commercializzate per la malattia GI e sono spesso utilizzate nelle malattie GI acute. Oggi, l‘industria non ha una definizione unanime di ciò che rende una dieta “estremamente digeribile“ e neppure il modo più appropriato e omogeneo per calcolare la digeribilità. Di conseguenza, è buona prassi utilizzare diete veterinarie verificate di rinomati produttori di alimenti per pet e indicate come estremamente digeribili. Quando valuta la possibilità di prescrivere una dieta estremamente digeribile, il veterinario deve fidarsi dell‘etichetta poiché molte aziende non indicano gli specifici profili di digeribilità delle proprie diete nelle guide ai prodotti. Considerando le diete che forniscono tali informazioni, questa categoria ha in comune circa il 90% di digeribilità dei principali macronutrienti (cioè, grassi, proteine e carboidrati). La digeribilità di una dieta può essere influenzata da molteplici fattori, tra cui la fonte degli ingredienti, la lavorazione intrinseca della dieta, la fisiologia GI dello specifico animale che assume la dieta, le popolazioni batteriche del tratto GI, la decomposizione chimica e i tratti antinutrizionali dei componenti dietetici 1. Molti di questi fattori sono separati dalla dieta stessa e ne influenzano le prestazioni individuali in un singolo animale.
Queste due classi dietetiche sono le successive categorie più spesso utilizzate nella medicina GI e sono spesso utilizzate nei disturbi GI cronici. Le diete a contenuto limitato di ingredienti sono state inizialmente commercializzate per i casi di allergie alimentari associate a segni dermatologici 2, dove forniscono una dieta bilanciata e priva dell‘ingrediente che sta causando la reazione allergica nell‘animale. Tuttavia, nell‘EC, la prevalenza dell‘intolleranza alimentare sembra essere molto più elevata rispetto all‘allergia alimentare vera e propria. Mentre un‘allergia alimentare è sempre una reazione immunologica, l‘intolleranza alimentare può avere molteplici meccanismi. Negli animali con intolleranza alimentare, queste diete possono funzionare eliminando completamente l‘ingrediente nocivo, o limitando il carico antigenico alimentare complessivo del tratto GI; non è chiaro quale di questi meccanismi teorici funzioni in un singolo paziente. Pertanto, quando si sceglie una dieta a contenuto limitato di ingredienti, è consigliabile sceglierne una che contenga tra i vari ingredienti una sola fonte di carboidrati e una sola fonte proteica e idealmente entrambe dovrebbero essere nuove per il paziente. Al fine di selezionare in modo appropriato una dieta a contenuto limitato di ingredienti, è indispensabile raccogliere un‘anamnesi alimentare completa e accurata (Figura 5). Occorre inoltre sottolineare ai proprietari che molti alimenti commerciali per questo scopo contengono ingredienti che non figurano sull‘etichetta del prodotto e non sono pertanto raccomandate nella pratica 3.
In alternativa, le diete con proteine idrolizzate sono trattate in modo da ridurre l‘allergenicità e l‘antigenicità, e ciò avviene alterandone la struttura proteica 4. Se l‘idrolisi è radicale, tali diete possono essere efficaci nella gestione dei soggetti allergici. Tuttavia, il grado di idrolisi di una dieta può variare a seconda del processo di produzione e se la lavorazione non è perfettamente adeguata, alcune diete commerciali possono ancora avere un potenziale allergico o antigenico. Ciò sottolinea la necessità di un‘anamnesi alimentare sempre completa. Poiché ogni dieta con proteine idrolizzate commerciale contiene proteine diverse (e altre fonti di macronutrienti), se l‘allergia alimentare è una diagnosi differenziale primaria, la fonte proteica deve essere valutata come avviene per le diete a contenuto limitato di ingredienti. Altri componenti utili di queste diete includono un profilo estremamente digeribile e un contenuto ridotto di fibra, che possono fornire ulteriori benefici o svantaggi per il singolo paziente; tali proprietà sono legate alle tecniche di lavorazione utilizzate per queste diete. Le preoccupazioni per l‘appetibilità e per gli effetti indesiderati legati a queste diete, osservati occasionalmente nell‘uomo, appaiono minimi o inesistenti negli studi condotti sui cani.
Le ultime categorie di diete GI commercializzate sono quelle in cui le quantità di macronutrienti sono state modificate a fini terapeutici. Queste diete sono di solito a contenuto ridotto di grassi o arricchite con fibra alimentare. Il contenuto di grassi è stato identificato come un‘importante componente nella gestione di alcune malattie GI canine 5 6. Una digestione inadeguata dei grassi alimentari può favorire sia la diarrea secretoria che quella osmotica 7. Negli animali con sospetto di malattia responsiva ai grassi, sono consigliabili diete con contenuto lipidico compreso nell‘intervallo delle diete a basso contenuto di grassi terapeutiche veterinarie (1,7-2,6 g di lipidi per 100 kcal).
Queste informazioni sono facilmente identificabili nelle guide al prodotto delle aziende, ma anche in questo caso non esiste una definizione riconosciuta di ciò che costituisce una dieta “a basso contenuto di grassi“ o del livello di restrizione dei grassi alimentari che produce beneficio in un singolo paziente.
La fibra viene aggiunta alle diete per molte ragioni e indicazioni terapeutiche e l‘effetto osservato nel paziente dipende dal il tipo e dalla fonte della fibra. Il contenuto di fibra alimentare totale è molto più informativo rispetto alla fibra grezza, il descrittore usato più spesso 8. La fibra grezza non rivela alcuna informazione sulla fibra solubile nella dieta, il che ne limita l‘utilità come descrittore per guidare la capacità del veterinario di decidere se una dieta soddisfa le aspettative previste. I benefici della fibra solubile e di quella insolubile includono la fermentazione, la produzione di acidi grassi volatili, i benefici per la salute degli enterociti, il potenziamento del microbiota, le alterazioni della motilità intestinale e il passaggio del contenuto GI luminale.
La malattia intestinale infiammatoria (MII) è una malattia complessa dove il tratto GI produce una risposta aberrante nei confronti di fattori genetici, microbici, immunitari e ambientali, producendo il classico segno clinico della diarrea. Tali casi sono spesso indicati come di diarrea responsiva agli alimenti (FRD). È interessante notare che due terzi dei cani colpiti rispondono alla gestione nutrizionale quando si applicano sistematicamente diete ex-adiuvantibus empiriche 9 10. La strategia alimentare più spesso citata per questi cani include l‘uso di una dieta idrolizzata o a contenuto limitato di ingredienti. Sebbene le prime segnalazioni di casi e l‘opinione degli esperti in atti pubblicati abbiano sostenuto queste scelte nei cani, esistono appena tre studi più ampi che hanno indagato l‘efficacia delle diete a contenuto limitato di ingredienti, e solo tre studi più ampi hanno esaminato l‘impatto delle diete con proteine idrolizzate 9, 11 ,12 ,13, 14.
Adam J. Rudinsky
Lo studio più ampio sulle diete a contenuto limitato di ingredienti è stato uno studio retrospettivo su 131 cani con FRD; 73 di questi hanno risposto a una dieta a contenuto limitato di ingredienti 9. La selezione della dieta non era stata controllata ed era potenzialmente influenzata dal veterinario, dal proprietario o dalle preferenze dell‘animale; tuttavia, fornisce ancora dati retrospettivi validi che costituiscono la verifica teorica in un‘ampia coorte di animali. Il secondo studio in ordine di ampiezza ha coinvolto 65 cani che sono stati sottoposti a una dieta ex-adiuvantibus a contenuto limitato di ingredienti di 10 giorni 11 mostrando un tasso di risposta del 60%. In questo studio, il tasso di risposta alla dieta non è stato confrontato con quello di altri tipi di dieta, ma è risultato simile al tasso di risposta generale alla dieta segnalato in altri studi. Lo studio finale ha indicato una coorte di cani che aveva risposto a una dieta a contenuto limitato di ingredienti 12. Lo studio è stato avviato per studiare gli effetti di un probiotico, ma il miglioramento clinico osservato è stato attribuito alla dieta e non al probiotico.
Adam J. Rudinsky
Nello stesso studio retrospettivo precedentemente citato su 131 cani con FRD, le diete con proteine idrolizzate hanno avuto successo in 58 casi, fornendo ancora una volta la verifica teorica in una popolazione più ampia di cani 9. Un secondo studio prospettico separato ha indagato 26 cani nutriti con una dieta estremamente digeribile o una dieta con proteine idrolizzate 13. Questi cani sono stati sottoposti a follow-up per determinare il mantenimento della risposta per un massimo di 3 anni dopo l‘inclusione nello studio. In entrambi i gruppi, circa il 90% dei cani è stato controllato in base ai segni clinici a 3 mesi. A lungo termine, solo i cani sottoposti a dieta con proteine idrolizzate hanno mantenuto lo stato di remissione fino al primo anno dello studio. I cani che hanno ricevuto una dieta altamente digeribile hanno mostrato un tasso di controllo del 28% a 6 mesi e del 12% a 12 mesi, indicando una risposta a lungo termine più robusta rispetto alla dieta con proteine idrolizzate. Lo studio finale ha indicato una coorte di cani che aveva risposto a una dieta con proteine idrolizzate e ne stava indagando l‘impatto sull‘istopatologia GI 14.
In sintesi, i dati attualmente pubblicati sulle alternative alimentari indicano che le diete a contenuto limitato di ingredienti e le diete con proteine idrolizzate devono essere le strategie primarie nella gestione della FRD. Le diete altamente digeribili possono avere un potenziale beneficio, ma saranno necessari ulteriori studi per determinare questo approccio. Non è attualmente noto quale sia il tipo di dieta migliore. Un recente sondaggio informale ha chiesto ai veterinari se, come strategia dietetica di prima scelta, avrebbero preferito una dieta con proteine idrolizzate o una dieta contenente un ingrediente innovativo1 . I risultati sono stati eterogenei, con il 60% degli intervistati che ha scelto le diete con proteine idrolizzate come prima strategia, mentre il resto ha scelto diete a contenuto limitato di ingredienti. Purtroppo, in letteratura mancano studi di confronto controllati per determinare l‘eventuale beneficio per i cani di un tipo di dieta rispetto a un altro. Inoltre, è possibile che alcuni cani con FRD rispondano a un solo tipo di dieta e non ad altri. Pertanto, finché non saranno disponibili informazioni supplementari, può essere utile tentare approcci dietetici multipli prima di escludere una FRD.
1 Comunicazione personale della Dr.ssa Katie Tolbert con i membri della Comparative Gastroenterology Society
Le allergie alimentari sono probabilmente meno comuni rispetto all‘intolleranza alimentare nei cani con segni GI cronici. Tuttavia, l‘autore non è a conoscenza di studi che abbiano indagato la prevalenza relativa di questi due disturbi. Se si sospetta un‘allergia alimentare vera e propria, è essenziale raccogliere un‘anamnesi alimentare completa e accurata per attuare con successo la gestione nutrizionale. La dieta deve essere scelta considerando che deve fornire fonti di macronutrienti mai usati prima e/o una fonte proteica idrolizzata. Inoltre, è difficile prevedere quale sia l‘ingrediente incriminato senza effettuare prove con diete di eliminazione e con diete di provocazione. Sperimentalmente, la maggior parte dei macronutrienti, e soprattutto le proteine, può avere effetto antigenico, ma nella malattia canina è più spesso coinvolto un gruppo di antigeni, cioè carne di manzo, prodotti lattiero-caseari e frumento 15 16.
Esistono pochi studi che abbiano indagato i cani allergici agli alimenti con segni principalmente GI, poiché la maggior parte di tali studi si è concentrata sulle reazioni avverse agli alimenti strettamente cutanee. Gli animali con allergie alimentari possono mostrare segni clinici variabili; tuttavia, in un paziente con segni clinici sia cutanei che GI, il veterinario dovrebbe sospettare fortemente un‘allergia alimentare. La diagnosi clinica può essere confermata dalla risposta positiva a una dieta ex-adiuvantibus appropriata, con la ricaduta dei segni clinici dopo la reintroduzione dell‘ingrediente incriminato 16. La dieta ex-adiuvantibus può essere completata da una dieta con proteine idrolizzate o una dieta a contenuto limitato di ingredienti, poiché entrambe sembrano essere efficaci nelle allergie alimentari pur mancando, ancora una volta, gli studi di confronto 2, 17, 18, 19, 20.. Nei casi con sospetto elevato di allergia alimentare, si raccomanda una dieta ex-adiuvantibus di 8 settimane, simile a quella effettuata nei cani con reazione avversa cutanea all’alimento; nei cani con FRD sospetta può essere sufficiente una dieta ex-adiuvantibus di 2- 4 settimane 21 22.
La restrizione dei grassi alimentari viene usata più spesso nei cani con enteropatie proteino-disperdenti (EPD). La base iniziale di questa ipotesi si basava su ricerche che avevano dimostrato che i grassi alimentari aumentano il flusso linfatico. Quando il flusso linfatico aumenta, come avviene con varie malattie tra cui la linfangiectasia, può teoricamente peggiorare la perdita proteica e destabilizzare il controllo della malattia 5 6. L‘EPD è un gruppo eterogeneo di malattie che includono tra l‘altro MII, linfangiectasia, eziologie infettive (ad es. istoplasmosi) e linfoma GI, e il ruolo della terapia dietetica varia a seconda della diagnosi.
Le prime relazioni sulla responsività dei casi di EPD alle diete a basso contenuto di grassi sono state pubblicate in segnalazioni di casi, casistiche e atti di conferenze. Casistiche e studi più ampi hanno inoltre segnalato l‘efficacia dell‘alimentazione con diete a basso contenuto di grassi nei cani con EPD. Tuttavia, questi studi sono limitati dalla mancanza di gruppi di controllo, dal disegno dello studio e dall‘uso di trattamenti simultanei. I risultati sono quindi interessanti e costituiscono un solido argomento iniziale a favore della restrizione dei grassi alimentari. Tuttavia, è di nuovo essenziale che questi primi riscontri siano corroborati da una ricerca più solida sull‘argomento. Infine, come accennato in precedenza, l‘eziologia sottostante nei casi di EPD è variabile, e le terapie dovrebbero essere indirizzate anche alla diagnosi definitiva. Ad esempio, se un animale riceve una diagnosi di MII ed EPD, è saggio scegliere una dieta capace anche di fornire una fonte di nutrienti idrolizzati o un elenco limitato di ingredienti, così da permettere al veterinario di soddisfare le esigenze dietetiche del paziente con EPD e pure del paziente standard con MII.
Nei casi di malattia dell‘intestino crasso del cane sono state impiegate strategie alimentari variabili. Sei ampi studi hanno indagato il tema della colite cronica nei cani 10, 23, 24, 25, 26, 27 .. Come nel caso della letteratura disponibile sull‘EPD, anche questi studi sono spesso limitati dalla mancanza di gruppi di controllo, dal disegno dello studio e dall‘uso di trattamenti simultanei. Tre di questi studi, in particolare, forniscono informazioni specifiche e interessanti. Nel primo studio, gli autori hanno confrontato tre diete (a basso contenuto di grassi, ad alto contenuto di fibra, o “ipoallergeniche“) in cani con colite 25. Tutti i cani dello studio sono stati trattati contemporaneamente con medicinali antinfiammatori, ma il tasso di risposta cambiava in base al tipo di dieta. Con la dieta ipoallergenica è stato osservato un tasso di risposta dell‘85%, con la dieta a base di fibra un tasso di risposta del 75%, e con la dieta a basso contenuto di grassi un tasso di risposta del 18%. Gli altri due studi hanno fornito una solida evidenza sul ruolo delle diete rinforzate con fibre o dell‘integrazione con fibra nelle diete GI tradizionali (altamente digeribili, a basso contenuto di grassi e/o a contenuto limitato di ingredienti) nei casi di colite cronica 26 27. In uno studio condotto sui cani, una terapia dietetica a basso contenuto di grassi non aveva avuto successo 27. In sintesi, sono state osservate risposte con diete casalinghe, diete facilmente digeribili, diete a contenuto limitato di ingredienti, diete a basso contenuto di grassi e diete ad alto contenuto di fibra. Una revisione di questa limitata evidenza dovrebbe essere associata all‘analisi della robustezza degli studi da cui derivano i risultati, poiché la maggior parte di essi sono non controllati; tuttavia, questi studi hanno dimostrato che le diete integrate con fibra e/o le diete a contenuto limitato di ingredienti o con ingredienti mai usati prima sono le migliori alternative di prima linea nella gestione della colite cronica. Come nel caso della malattia precedentemente citata, sono necessari studi di confronto più ampi per determinare l‘eventuale approccio ottimale in questi casi.
L‘EC canina può essere spesso gestita efficacemente con la dieta e questo approccio può evitare alcuni dei possibili problemi associati all‘uso degli antibiotici a lungo termine o dei medicinali immunomodulatori, come dimostrato da molti studi (Tabella 1). La dieta deve quindi essere al centro della pianificazione del trattamento nel paziente con EC. Le alternative sono numerose e le caratteristiche del paziente assieme ai segni clinici possono guidare le scelte dietetiche empiriche a disposizione del veterinario. Ogni paziente deve essere valutato in modo indipendente e le diete devono essere scelte in base alla letteratura corrente. I tempi di risposta alimentare sono ben documentati ed esiste una certa evidenza che diete ex-adiuvantibus multiple possano essere vantaggiose nei pazienti che non rispondono alle scelte empiriche iniziali. A lungo termine, controllare l‘EC canina con modifiche dietetiche e un monitoraggio adeguato può produrre una risposta terapeutica solida e stabile.
Adam J. Rudinsky
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