Collare elisabettiano nel gatto
Nel prurito del gatto si usa spesso un collare elisabettiano, sebbene possa anche essere dannoso per il benessere dell'animale.
Numero 31.1 altro: scientifici
Pubblicato il 16/09/2021
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Il linfoma cutaneo nel gatto è una neoplasia rara ma potenzialmente letale, ciò giustifica l'inclusione nella lista di diagnosi differenziali di molti casi dermatologici; questo articolo esamina le conoscenze attuali sulla malattia e le alternative terapeutiche.
Il linfoma cutaneo felino è una rara neoplasia maligna che può essere suddivisa in forme epiteliotrope e non epiteliotrope, con le seconde che hanno la maggiore frequenza nel gatto.
Le lesioni dermatologiche possono includere chiazze, placche e noduli, con una distribuzione che può essere localizzata o generalizzata, senza una sede preferita.
Non esistono linee guida riguardo la terapia, ma il trattamento di prima linea è diretto alla cute, mentre il trattamento di seconda linea è la chemioterapia sistemica, con un protocollo ad agente singolo o multiplo.
I gatti con la forma epiteliotropa della malattia hanno un tempo di sopravvivenza mediano di 10 mesi; la prognosi per il linfoma non epiteliotropo è più grave, con un tempo di sopravvivenza mediano da 4 a 8 mesi.
Il linfoma è la neoplasia più diagnosticata nel gatto, rappresentando circa il 50% di tutti i tumori osservati nella specie. Di questa percentuale complessiva, il linfoma cutaneo rappresenta lo 0,2-3% dei casi, dimostrando il fatto che si tratta di una neoplasia maligna rara 1. Finora ci sono pochissimi report di casi di linfoma cutaneo felino, mentre nel cane e nell'uomo è una malattia ben riconosciuta e documentata 23.
Secondo il sistema di classificazione utilizzato in medicina umana, il linfoma cutaneo è suddiviso in due tipi principali: epiteliotropo e non epiteliotropo. La classificazione indica se l'epidermide, il derma e gli annessi sono stati infiltrati da linfociti neoplastici (tipo epiteliotropo) oppure soltanto derma e sottocute (tipo non epiteliotropo) 4; tuttavia, volendo essere più precisi, il linfoma epiteliotropo cutaneo felino (LECF) non coinvolge le ghiandole degli annessi 2.
Il linfoma epiteliotropo cutaneo è un sottotipo del linfoma cutaneo a cellule T (LCCT) ed è ulteriormente suddiviso in micosi fungoide, sindrome di Sézary (una variante leucemica), e reticulosi pagetoide 234, non ancora descritta nel gatto 2. Il linfoma non epiteliotropo cutaneo (LNEC) è il più comune nel gatto, e include: linfoma a cellule T indolente (o linfocitosi cutanea), linfoma a cellule T diffuso, linfoma a grandi cellule B ricco in linfociti T e linfoma linfoplasmocitico 1. Negli ultimi anni è stata riconosciuta la classificazione nei seguenti sottogruppi di LNEC felino: linfoma cutaneo da inoculo, linfoma tarsale e LNEC associato a sede di frattura. In tutti questi casi manca l'epiteliotropismo, da cui l'inclusione nel sottogruppo, ma le caratteristiche cliniche e patologiche li distinguono come entità patologiche uniche 156. Nel cane e nell'uomo, l'LECF è la condizione più comune, ed è per questo che ha influenzato la ricerca nel gatto 1.
Eziologia e fattori predisponenti
In generale, il linfoma cutaneo colpisce i gatti anziani (con età mediana all'esordio di 10 anni) e non ci sono predisposizioni apparenti di razza o sesso 37. Data la rarità del linfoma cutaneo felino, l'eziologia dev'essere ancora investigata 37. Per i linfomi felini più comuni (ad es. mediastinici e multicentrici) esiste un'evidente associazione tra virus (ad es. virus della leucemia felina [FeLV] e virus dell'immunodeficienza felina [FIV]) e linfoma), ma non è stata stabilita una relazione per il linfoma cutaneo felino 1238. Tuttavia, uno studio 9 che ha utilizzato la PCR per evidenziare il provirus della FeLV integrato nel DNA tumorale di un gatto con LNEC ha permesso di non escludere in modo definitivo la FeLV e/o altri virus felini come possibili cause 3; potrebbero servire tecniche di diagnostica molecolare avanzata per identificare definitivamente ogni collegamento 9.
Sono stati proposti anche altri fattori predisponenti. Sebbene siano disponibili informazioni limitate per una dermopatia così rara come la mucinosi follicolare (una presunta malattia immunomediata), sono stati riportati due gatti con questa malattia ed entrambi hanno successivamente sviluppato l'LECF 710. Sebbene non sia possibile confermare l'evoluzione in LECF della mucinosi follicolare, questa malattia nel gatto può essere un fattore predisponente di una futura malattia più grave. Inoltre, nel cane e nell’uomo con LCCT una dermatite cronica preesistente è stata indagata come possibile fattore predisponente; tuttavia (nel cane, nell'uomo e nel gatto) non è stata dimostrata la trasformazione di una dermatite infiammatoria (ad es. dermatite atopica) in neoplasia cutanea 3.
Anche per l'LNEC felino sono stati valutati possibili fattori predisponenti: uno studio su 17 gatti con LNEC in sedi di inoculo ha collegato un caso clinico di un gatto con LNEC ad una sede di frattura. Lo studio e la segnalazione del caso sono stati collegati poiché entrambi gli autori hanno proposto che l'infiammazione cronica (dopo l'iniezione e dopo la frattura, rispettivamente) fosse una possibile causa di trasformazione maligna15. L'infiammazione cronica è ben documentata nell'uomo come potenziale nidus per linfoma a cellule B, e altri esempi di nidus applicabili includono chirurgia, traumi, impianti metallici, e infezioni virali 1.
Quasi tutti i casi segnalati di LECF felino sono forme di micosi fungoide 3. Quando la neoplasia si manifesta, ha una progressione lenta, e alla presentazione possono mancare segni sistemici significativi e/o alterazioni del profilo ematologico e biochimico di routine 311. Inoltre, i gatti con sindrome di Sézary hanno generalmente prurito intenso e linfoadenomegalia, mentre la citologia mostra la presenza di linfociti neoplastici circolanti (leucemia) 211.
L'esame dermatologico può identificare lesioni localizzate o generalizzate, che interessano qualsiasi parte del corpo. Le lesioni cutanee comprendono eritroderma esfoliativo, chiazze, placche, erosioni e ulcere (Figura 1), assieme a lesioni delle giunzioni mucocutanee (Figura 2) e della cavità orale (Figura 3) 312. Di conseguenza, le lesioni cutanee appaiono paragonabili a quelle causate da parassiti (ad es. Demodex spp.), infezioni (ad es. specie di dermatofiti), e dermatite allergica (ad es. complesso del granuloma eosinofilico) 712. Tuttavia, un case report ha segnalato un gatto con LECF felino e un quadro clinico molto diverso, caratterizzato da esordio acuto di lesioni nodulari che erano iniziate sulla coda 13. Ciò complica ulteriormente l'elenco delle diagnosi differenziali, poiché clinicamente l'LECF sembra avere una manifestazione imprevedibile.
La diagnosi si basa sull'istopatologia. Per una diagnosi definitiva, deve essere identificata la presenza di linfociti medio-piccoli o medio-grandi con tropismo per l'epidermide 12, ma il patologo può anche descrivere in modo variabile microascesso di Pautrier, spongiosi e apoptosi dei cheratinociti, reazione infiammatoria mista e ortocheratosi associata a paracheratosi dell'epidermide 3. L'istopatologia da sola non rivela alcuna caratteristica specifica che distingua chiaramente la micosi fungoide dalla sindrome di Sézary 711.
È ampiamente accettato che l'LECF abbia quasi sempre origine dalle cellule T, ma a parte questo esistono pochi studi per quanto riguarda l'immunofenotipo e l'immunopatologia dell'LECF felino. Alcuni patologi ritengono che l'immunofenotipo dell'LECF felino ricordi maggiormente la micosi fungoide umana, poiché si ritiene che le cellule T coinvolte siano cellule T helper (cellule CD4) 3. Tuttavia, questo aspetto è stato messo in discussione dall'identificazione della perforina nei linfociti T neoplastici di un gatto con LECF. La perforina è una proteina formante pori immagazzinata nei granuli citoplasmatici delle cellule T citotossiche (cellule CD8) e svolge un ruolo nell'attività mirata di distruzione delle cellule. Sfortunatamente, in questo caso non è stata analizzata l'espressione di CD8, ma per confronto con studi in umana è stato suggerito che le cellule T fossero molto probabilmente cellule CD8 13. Saranno necessari ulteriori studi per chiarire l'immunofenotipo dell'LECF felino.
Clinicamente, l'LNEC assume l'aspetto di placche e/o noduli non pruriginosi, unici o multifocali, spesso ulcerati (Figure 4 e 5); sporadicamente si possono avere eritema, formazione di croste e desquamazione (Figura 6) 214. Non sono note sedi elettive, ma la letteratura suggerisce che le lesioni possano svilupparsi in aree periferiche, in comuni sedi di inoculo (linfoma cutaneo nelle sedi di inoculo), sul tarso (linfoma cutaneo del tarso) e in sede di precedente frattura (LNEC associato a sede di frattura) 15614. Queste lesioni possono manifestarsi come tumefazioni edematose, noduli o masse sottocutanee156. I gatti con queste lesioni atipiche rappresentano forme distinte di linfoma cutaneo, a dimostrazione che dovrebbe essere sempre posta come diagnosi differenziale per qualsiasi tumefazione, nodulo o massa nel derma o nel sottocute, a prescindere dalla localizzazione corporea. Inoltre, non è chiaro quanto tempo intercorra tra l’osservazione delle lesioni e la diagnosi; possono volerci mesi o anche anni, oppure può esserci una rapida progressione, quando, nel giro di pochi giorni, si ha una disseminazione linfatica e sistemica 125614.
L'LNEC è stato definito come un linfoma linfocitico diffuso e scarsamente differenziato 2, complicando così la distinzione rispetto ad altri tumori a cellule rotonde cutanei, disturbi istiocitici proliferativi e micosi fungoide avanzata. I case report più recenti che hanno incluso l'istopatologia descrivono una crescita infiltrativa di cellule tumorali linfocitiche ben differenziate, di dimensioni medio-grandi, tra il derma e il sottocute 514. Inoltre, per i sottogruppi di LNEC, i riscontri istopatologici riportati includono cellule neoplastiche disposte in fogli con indici mitotici elevati e aree di necrosi 156.
L'LNEC è una malattia delle cellule T o B, come chiaramente dimostrato da due studi separati. In uno studio, i gatti classificati come affetti dal linfoma a cellule B erano in numero maggiore rispetto al linfoma a cellule T 6, mentre il contrario è riportato nell’altro studio 1. L'immunofenotipizzazione è stata ottenuta tramite immunoistochimica e identificazione specifica degli antigeni di superficie espressi dai linfociti neoplastici: CD3 dalle cellule T e CD79 dalle cellule B 16. Tuttavia, l'LNEC ha per lo più un fenotipo cellulare T e la diagnosi di tumore a cellule B è considerata generalmente molto rara 167.
La medicina basata sulle evidenze per il trattamento dell'LECF nel gatto è limitata, per cui è stata adattata dalla medicina canina o umana. Il trattamento di prima scelta nei pazienti umani con lesioni localizzate, superficiali o iniziali, è indirizzato alla cute: terapia topica, fototerapia, terapia fotodinamica e radioterapia. La chemioterapia sistemica è considerata il trattamento di seconda scelta, ed è riservata ai casi avanzati e/o alla terapia palliativa 15. Di seguito sono riportate le terapie attuali e in fase di studio per l'uomo e il cane, e che potrebbero teoricamente essere applicate al gatto, con l'avvertenza che l'uso della maggior parte dei farmaci qui riportati non è autorizzato.
I corticosteroidi topici sono usati inizialmente nei pazienti umani con LCCT e agiscono inibendo il legame endoteliale dei linfociti e inducendo l'apoptosi; il tasso di risposta è eccellente (dall'82 al 94%) 15. I gatti con lesioni iniziali potrebbero essere trattati allo stesso modo, con l'obiettivo principale di ottenere la remissione o fornire quanto meno un sollievo sintomatico 7. Anche la chemioterapia topica con mecloretamina è stata utilizzata con successo, sia nell'uomo che nel cane: in uno studio su pazienti umani, il 75% dei partecipanti (155 in totale) con lesioni iniziali ha risposto completamente, mentre in cani con lesioni allo stadio di chiazza e placca è stata descritta una buona risposta 715. L'applicazione di gel a base di acido retinoico è riportata aneddoticamente come utile in alcuni cani con LCCT. Questo trattamento è stato mutuato dall’uso in umana del retinoide sintetico bexarotene 715, poiché i retinoidi topici si legano e attivano selettivamente il retinoide X (RX), regolando la differenziazione, la proliferazione e l'apoptosi cellulare 15. Un altro possibile trattamento topico, che richiede ulteriori studi sia in medicina umana che veterinaria, è l’imiquimod, un agente immunomodulatore che ha mostrato un'attività antitumorale nel carcinoma basocellulare 15.
Hannah Lipscomb
In medicina umana, la fototerapia (irradiazione ultravioletta) è una tecnica più studiata rispetto alla terapia fotodinamica nel trattamento dell'LCCT, e diversi studi confermano la sua efficacia nei casi iniziali 15. In medicina veterinaria, nonostante sia ancora agli inizi, la terapia fotodinamica ha garantito risultati entusiasmanti per la remissione del carcinoma squamocellulare cutaneo e di piccoli tumori non invasivi nel gatto. La tecnica prevede la somministrazione di un fotosensibilizzatore (topico, orale o endovenoso) con tropismo tumorale, seguita dall'attivazione con una fonte luminosa appropriata, che determina un danno tissutale 16.
La radioterapia con elettroni utilizza elettroni a bassa energia e richiede una tecnologia specializzata. In medicina umana, quando viene trattata l'intera superficie cutanea, prende il nome di irradiazione TSEB (Total Skin Electron Beam, fascio di elettroni sull'intera cute) e viene utilizzata attivamente nei pazienti umani con lesioni, placche e tumori superficiali che non hanno risposto alla terapia topica 15. La risposta iniziale alla TSEB in casi selezionati è buona. Tuttavia, le recidive sono comuni e sembra esserci una correlazione tra stadio di LCCT e tasso di recidiva: più avanzato è LCCT, maggiore il tasso di recidiva 1517. In medicina veterinaria, la terapia con TSEB è stata studiata per molti anni e applicata a pazienti selezionati; un case report ne ha descritto l'uso in un cane con LCCT chemioresistente, dove ha indotto la remissione per 19 mesi 18, ma non ci sono segnalazioni del suo uso nel gatto.
Agenti modificanti la malattia e chemioterapia sistemica
Nell'LCCT umano, con il progredire della neoplasia, le cellule T maligne proliferano e determinano uno squilibrio delle citochine, che è il bersaglio degli agenti modificanti la malattia. Tali agenti sono usati come trattamento di seconda scelta quando la terapia cutanea diretta non è stata efficace e/o la malattia è in stadio più avanzato 15. In medicina veterinaria, è stato esaminato l'uso dei retinoidi sintetici, che si è dimostrato utile grazie al fatto che la loro tossicità non si sovrappone quando questi retinoidi vengono associati a una terapia citotossica standard. I retinoidi sistemici sono analoghi naturali o sintetici della vitamina A, ed esercitano effetti profondi sulla crescita, la maturazione e la differenziazione cellulare 19. In uno studio, cani con LCCT sono stati trattati con una miscela di retinoidi sintetici (isotretinoina ed etretinato) facendo registrare un tasso di risposta del 42% 20. Purtroppo, il loro utilizzo non è entrato nell’uso comune a causa del costo e della fase di latenza tra l'inizio della terapia e la risposta clinica 20.
La terapia più studiata per l'LECF in medicina veterinaria è la chemioterapia sistemica: esistono diversi protocolli che prevedono sia la monoterapia che la multiterapia. In parte, la scelta è dovuta a se la malattia sia già in fase avanzata all'epoca della diagnosi, cosa che richiede un approccio più aggressivo. I linfociti neoplastici sono sensibili ai corticosteroidi orali, con effetti clinici e palliativi 219. Purtroppo, la monoterapia con corticosteroidi risulta raramente efficace a lungo termine, mentre è più efficace quando inclusa nei protocolli chemioterapici multipli 19.
Non sono ancora stati stabiliti protocolli chemioterapici per l'LECF felino; nel cane, sono segnalati più spesso protocolli chemioterapici singoli. Uno studio pilota che ha monitorato la risposta alla lomustina in 7 cani, compresi 5 cani con linfoma epiteliotropo, ha rivelato che tutti i cani hanno ottenuto la remissione completa (da 2 mesi fino a oltre un anno) 21. Due studi retrospettivi pubblicati nel 2006 hanno valutato la risposta alla lomustina in cani con LCCT, e in entrambi gli studi circa l'80% dei cani ha ottenuto una risposta misurabile. Purtroppo, tassi di risposta elevati erano accompagnati da effetti indesiderati (mielosoppressione e aumento degli enzimi epatici); inoltre, in questi studi alcuni dei cani avevano già ricevuto altri agenti chemioterapici e/o erano in terapia con corticosteroidi 192223. Pertanto, nonostante questi studi consentano a oncologi e dermatologi veterinari di utilizzare con fiducia la lomustina nell'LCCT canino, ne sono necessari altri per stabilire i protocolli nei pazienti che mostrano chemioresistenza, rispetto a quelli che non hanno mai ricevuto chemioterapia 19. Data la sua efficacia nel cane, l'uso della lomustina è stato raccomandato in gatti con LECF 3.
È stata studiata anche la chemioterapia singola con L-asparaginasi o doxorubicina, ma finora solo nel cane. Uno studio ha indagato la L-asparaginasi pegilata (capsula di polietilenglicole) in sette cani con LCCT; inizialmente tutti sembravano migliorare dal punto di vista clinico, tuttavia, le risposte sono risultate parziali a lungo termine e di breve durata 24. Un altro studio prospettico ha valutato la tossicità e la risposta alla doxorubicina pegilata in cani con varie neoplasie; nove avevano LCCT e tre di questi sono andati in remissione completa (con una mediana di 90 giorni). Il report ha osservato per la doxorubicina pegilata un effetto cardiotossico e mielosoppressivo marcatamente ridotto rispetto alla doxorubicina libera, ma il trattamento rimane scarsamente praticabile a causa del costo 25.
In medicina umana, sono stati descritti protocolli chemioterapici multipli per l'LCCT, ma non sono considerati superiori in base ai tassi di sopravvivenza 15. Nei cani con LCCT è stata sperimentata la chemioterapia combinata (con varie combinazioni di prednisolone, vincristina, ciclofosfamide e doxorubicina) ed è stata osservata una risposta moderata, con tempi di sopravvivenza variabili da 2 a 6 mesi 719. Protocolli COP (ciclofosfamide, vincristina e prednisolone) e CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisolone) sono stati utilizzati anche in una casistica limitata di LCCT canino e in un caso clinico di LECF felino, con moderato successo 471319.Filippo De Bellis
Le alternative terapeutiche per il linfoma cutaneo felino includono lisato placentare, escissione chirurgica delle lesioni singole e fibronectina (locale ed endovenosa) 36. La fibronectina è una glicoproteina con capacità antineoplastica di opsonizzare le cellule bersaglio affinché siano distrutte dall'azione macrofagica e monocitica 3. Nonostante la pubblicazione di varie modalità di trattamento, nessuna è stata confermata da una casistica adeguata con risposta al trattamento e tassi di sopravvivenza affidabili 6, quindi tutte queste modalità richiedono ulteriori ricerche sul campo.
L'approccio terapeutico multimodale non sembra migliorare i tassi di sopravvivenza nei pazienti umani con LCCT, sebbene aumenti i tassi di risposta completa. Tuttavia, la combinazione di modalità di trattamento con tossicità non sovrapposte (ad es. escissione della massa e chemioterapia adiuvante) è un protocollo razionale e dovrebbe essere adottato anche in pazienti veterinari selezionati. È importante sottolineare che, per ottimizzare la qualità di vita, specialmente nelle terapie palliative, il trattamento sintomatico (ad es. analgesia e antibiotici) andrebbe iniziato in parallelo con il trattamento convenzionale 19.
Poiché l'LNEC è meno comune nel cane, non esistono studi sufficienti per supportare una base di raccomandazione sul trattamento; quindi, non esiste uno standard per il trattamento dell'LNEC nel gatto. Nonostante ciò, esistono importanti pubblicazioni che contribuiscono a una decisione basata sull'evidenza sulle alternative terapeutiche. Due case report di gatti con LNEC descrivono in dettaglio l'approccio terapeutico e la risposta avuta: un gatto trattato con lomustina è andato in remissione completa per circa 4 mesi, mentre l'altro ha ricevuto un protocollo CHOP modificato, ottenendo una stabilizzazione per un totale di 4 settimane 514.
Uno studio retrospettivo su 23 gatti con LNEC tarsale ha segnalato che il trattamento con terapia combinata (radioterapia e chemioterapia) o con chirurgia (con o senza chemioterapia) ha determinato un tempo medio di sopravvivenza significativamente più lungo rispetto all'approccio con monoterapia (corticosteroidi o chemioterapia); 316 giorni contro 155 giorni, rispettivamente 6. Ovviamente, quando appropriato, i gatti in trattamento per l'LNEC dovrebbero ricevere anche un trattamento multimodale e sintomatico (come detto sopra).
Date le scarse informazioni disponibili per il linfoma cutaneo felino, è difficile dare indicazioni sulla prognosi. Nei pazienti umani, i tassi di sopravvivenza sono determinati dal tipo di LCCT diagnosticato; per esempio, la prognosi della sindrome di Sézary è peggiore rispetto alla micosi fungoide (33% contro 89-93% per il tasso di sopravvivenza a 5 anni) 3; tuttavia, in generale, la prognosi dell'LCCT nei pazienti umani è considerata buona 15. Cani con diagnosi di LCCT iniziale trattati in modo appropriato possono sopravvivere oltre i 12 mesi, mentre cani che hanno ricevuto una diagnosi di forma avanzata hanno un’aspettativa di vita di 6 mesi, a prescindere dalla risposta al trattamento 19. Nei gatti, il tempo di sopravvivenza mediano segnalato per l'LECF è di circa 10 mesi, mentre per l'LNEC la prognosi è peggiore, con un tempo di sopravvivenza mediano da 4 a 8 mesi 37.
Il linfoma cutaneo è una neoplasia rara nel gatto e ci sono poche pubblicazioni relative alla manifestazione, al trattamento e alla prognosi delle due forme. Tuttavia, quando si gestisce un caso di sospetto linfoma cutaneo felino, la diagnosi precoce è la chiave per migliorare la prognosi; quando possibile, si deve quindi effettuare la biopsia cutanea praticamente all'inizio dell'indagine diagnostica. Per quanto riguarda il trattamento, non è stato definito alcuno standard di cura, e sono dunque necessari più studi; tuttavia, le review riportano che i gatti sono generalmente trattati con la chemioterapia sistemica e, dove appropriato, si dovrebbe adottare un approccio multimodale per ottimizzare la risposta al trattamento. Inoltre, accanto alla terapia principale, si dovrebbe avviare un trattamento sintomatico per migliorare la qualità di vita, in particolare nelle terapie palliative.
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Hannah Lipscomb
Greater Manchester, Regno Unito Scopri di più
Filippo De Bellis
DVM, CertVD, Dip. ECVD, MRCVS, Davies Veterinary Specialists, Hertfordshire, Regno Unito Scopri di più
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