Anestesia del paziente geriatrico
Anestetizzare il paziente anziano è un’operazione quotidiana nella pratica veterinaria; in questo articolo, le autrici esaminano le conoscenze attuali e consigliano l’approccio più sicuro per questi animali.
Numero 33.3 altro: scientifici
Pubblicato il 22/03/2024
Disponibile anche in Français , Deutsch , Español e English
I Medici Veterinari sono bravi a identificare l‘osteoartrite nei cani? Abbiamo idee preconcette nei confronti di questa condizione? Questo articolo mette alla prova la nostra comprensione della malattia.
L‘osteoartrite (OA) è un problema molto comune nei nostri pet, ma non è una malattia limitata agli animali anziani.
I fattori di rischio per l‘OA canina sono ben documentati e includono la genetica, la sterilizzazione, il peso e la taglia del cane, oltre alle caratteristiche e alla conformazione specifiche della razza.
Il dolore è la manifestazione clinica più importante dell‘OA canina, e il suo grado dipende dall‘intera articolazione, comprese l‘innervazione e la vascolarizzazione.
Un approccio proattivo all‘OA da parte del Medico Veterinario può avere effetti benefici e di lunga portata sui nostri pazienti canini.
Questo articolo esamina l‘osteoartrite (OA) nei cani prendendo affermazioni da varie pagine Web e articoli di sintesi critica, ponendo domande sulla loro validità, e dando quindi risposte per fornire al lettore una comprensione completa delle attuali conoscenze sull‘OA canina e per evidenziare cosa aspettarsi quando si affronta questa condizione.
“L‘osteoartrite (OA) è un problema molto comune nei piccoli animali, e altrettanto vale nell‘uomo; è stato stimato che circa il 30-50% dei cani e dei gatti finisca per avere l‘OA in qualche momento della vita.”
Le stime vanno dal 6,6% (secondo una banca dati relativa all‘assistenza primaria con 3.884 cani nel Regno Unito 1) al 20% dei cani di età superiore a un anno 2,3). Tuttavia, l‘ultimo valore si basava sulla popolazione canina di riferimento del Nord America dal 1997 (e i dati dello studio non erano accessibili), ed è prevedibile che le popolazioni di riferimento abbiano una prevalenza della malattia apparentemente superiore 4. Recentemente, uno studio basato su un questionario rivolto a 504 proprietari in 9 ambulatori statunitensi ha fornito una prevalenza del 37,3% (confermata tramite visita veterinaria ± radiografie) 3. Questo dato è superiore a quanto segnalato in precedenza, ma le dimensioni del campione della popolazione erano basse e sensibili al bias. Infine, su una popolazione di 455.557 cani che frequentavano strutture sanitarie di base nel Regno Unito, è stata calcolata una prevalenza annua del 2,5% 4. Pertanto, sarebbe ragionevole suggerire che, in un paese come ad esempio il Canada, con circa 8 milioni di cani nel 2023, circa 200.000 cani siano affetti da OA ogni anno, con una prevalenza complessiva compresa tra il 10,0 e il 20,0%.
Cosa più importante, questi studi epidemiologici hanno segnalato un‘età media alla prima diagnosi di 10,5 anni 4, che differiva in modo significativa dall‘età media della popolazione complessiva affetta inserita nel denominatore e pari a 4,8 anni 1. Sono chiaramente evidenziati altri fattori di rischio, con il primo fra tutti costituito dal peso corporeo e dalla taglia del cane 4,5,6. Anche la sterilizzazione è associata a una frequenza maggiore di OA 7, ed è noto che gli ormoni gonadici proteggono dall‘OA e/o che la sterilizzazione causa indirettamente un incremento ponderale. Si suppone che la genetica sia un fattore di rischio influente 5, ed essa richiede ulteriori indagini laddove i difetti di conformazione (in particolare relativi alle dimensioni del corpo e delle zampe) e gli angoli articolari (come richiesto dagli standard di razza) siano una delle principali cause dell‘OA canina. Tuttavia, c‘è meno chiarezza per quanto riguarda l‘influenza della razza (non c‘è alcuna differenza significativa tra meticci e razze pure) 1,4 gli effetti della taglia (esiste una maggiore incidenza nelle razze di taglia medio/grande) e il sesso (i maschi possono essere leggermente più colpiti 4).
L‘autore ritiene che l‘OA venga diagnosticata più spesso intorno all‘età di 8 anni, e che i cani di età superiore ai 12 anni abbiano la massima probabilità di diagnosi di OA rispetto ad altri gruppi di età 4. Quindi, è una malattia dell‘invecchiamento nei cani, così come nell‘uomo 8? Dato che l‘OA è stata diagnosticata in cani giovani (1,5-2 anni), si sospetta che i segni vengano generalmente notati e/o indagati dai proprietari solo più avanti nel corso della vita, quando i segni sono più avanzati ed evidenti 4,5. La mancata identificazione dell‘OA in stadio iniziale potrebbe essere correlata all‘insufficiente consapevolezza del pubblico, compresi i proprietari di cani 9 e i Medici Veterinari, e/o all‘uso di metodi di rilevamento non convalidati, che causano una falsa associazione tra la malattia OA e l‘invecchiamento normale? Come segnalato 5, i riscontri correlati all‘età dovrebbero essere interpretati con cautela, e sono necessari studi longitudinali per esplorare in modo più approfondito la relazione tra età e sviluppo dell‘OA.
“L‘osteoartrite è un disturbo progressivo e degenerativo delle articolazioni sinoviali. È caratterizzato da dolore e infiammazione cronica di basso grado, con deterioramento strutturale e funzionale a lungo termine dell‘articolazione. La condizione coinvolge molti tessuti, tra cui la cartilagine, l‘osso subcondrale, la capsula articolare, e il fluido sinoviale.”
La definizione è parzialmente corretta, ma l‘OA danneggia anche i legamenti e i tendini dell‘articolazione colpita, come evidenziato di recente dagli studi di imaging con risonanza magnetica 10. Al contrario, un precedente di deterioramento articolare o perdita di massa muscolare, come ad esempio la sarcopenia negli animali geriatrici, potrebbe aumentare il rischio di sviluppare l‘OA 5. Sebbene l‘OA colpisca inizialmente la matrice cartilaginea, alla fine produce una degenerazione articolare totale che coinvolge l‘osso subcondrale, la capsula articolare, il fluido sinoviale, nonché i menischi, i legamenti, i tendini e i muscoli. Una volta che la cartilagine inizia ad assottigliarsi, tendini e legamenti vengono sottoposti a maggiore stress e alla fine si allungano in modo anomalo, contribuendo al versamento sinoviale e alla formazione di osteofiti. Le alterazioni strutturali contribuiscono al dolore articolare durante il movimento attraverso il rilascio di fattori infiammatori e catabolici. Tuttavia, come descritto nell‘uomo 11, l‘intensità del dolore non è necessariamente associata al danno anatomico osservato alla radiografia 12.
Il dolore è la manifestazione clinica più importante dell‘OA canina, e il suo grado è legato all‘intera articolazione, comprese l‘innervazione e la vascolarizzazione. Sebbene la cartilagine sia priva di innervazione, il periostio, l‘osso subcondrale, i tessuti molli (inclusa l‘inserzione dei legamenti), i menischi e la sinovia sono tutti innervati (Figura 1). I fattori infiammatori e neurotrofici rilasciati a livello dell‘articolazione (ad es. il fattore di crescita delle cellule nervose [NGF]) contribuiscono ad aumentare la reattività delle fibre dolorifiche. È stato dimostrato che i cani con OA e zoppia cronica hanno livelli elevati di NGF nel fluido sinoviale rispetto alle articolazioni sane 13. Potrebbe verificarsi una sensibilizzazione periferica, caratterizzata da ipersensibilità a livello dell‘articolazione interessata, e la neovascolarizzazione a livello della giunzione osteocondrale contribuisce alla diffusione dell‘infiammazione e della sensibilizzazione. La continuità del reclutamento e dell‘input ad alta frequenza dai nocicettori al cervello causa il fenomeno detto della “scarica continua” e, in ultima analisi, potrebbe indurre neuroplasticità, sensibilizzazione centrale, e compromissione della modulazione endogena del dolore 14. Il danno articolare strutturale rende i movimenti più difficili, provocando dolore, rigidità e zoppia. La mobilità ridotta aggrava la debolezza muscolare e legamentosa, contribuendo all‘ulteriore immobilizzazione e atrofia muscolare, che alimenta il circolo vizioso del dolore (Figura 2) 10. Questo è uno dei motivi per cui, nelle prime fasi dell‘OA canina, è raccomandato l‘esercizio fisico controllato 15.
L‘OA è quindi una malattia progressiva dell‘articolazione sinoviale, ma questa definizione semplicistica è fuorviante; una singola lesione strutturale causa spesso dolore nociplastico ipersensibilizzato e, infine, l‘espressione neurologica può comprendere dimensioni biologiche, psicologiche e sociali (Figura 3).
“A differenza dell‘uomo, dove l‘OA è solitamente correlata all‘invecchiamento e al “logorio” delle articolazioni, l‘OA nei cani ha solitamente una specifica causa sottostante e viene quindi spesso osservata presto nella vita. Le cause possono includere condizioni dello sviluppo (ad es. displasia del gomito o dell‘anca), rottura legamentosa e problemi traumatici (ad es. una frattura del condilo omerale in cui viene coinvolta l‘articolazione). Dieta, obesità, genetica, età, razza e ambiente sono fattori di rischio che possono influenzare lo sviluppo e la progressione dell‘OA.”
L'affermazione è corretta, ma contrariamente alla credenza popolare, l‘OA non è limitata alle popolazioni anziane, soprattutto negli animali da compagnia. L‘associazione tra normale invecchiamento e OA viene spesso fatta in modo errato, date le limitazioni dei metodi diagnostici (vedere di seguito), e non dovrebbe più essere automatica. I proprietari considerano spesso la comparsa dei segni dell’OA come “normale” per un cane anziano. Tale percezione è deleteria per il rilevamento dell‘OA, e i ritardi nella diagnosi limitano di molto le opzioni di trattamento, tanto che l‘eutanasia viene essere spesso proposta (e accettata dal cliente) 16. Questo effetto è alimentato dalla convinzione che l‘OA sia un processo degenerativo incurabile e progressivo, che richiederà al paziente un trattamento a vita.
Come evidenziato sopra, negli animali da compagnia il rischio di sviluppare OA con l‘età è significativo. Uno studio ha dimostrato che l‘incidenza dell‘OA in una coorte di cani Labrador (n=48) era del 15% a 2 anni, ma aumentava al 67% entro i 14 anni di età 17. Anche altri studi segnalano che tale prevalenza aumenta con l‘età; uno studio ha affermato che fino all‘80% dei cani di età superiore a 8 anni 5, presentava alterazioni istopatologiche coerenti con l‘OA della spalla a fine vita, mentre un altro studio (con una piccola coorte di 48 cani) ha riferito una percentuale del 91% 18.
Lo scheletro appendicolare, articolazioni dell‘anca, del ginocchio, del garretto, della spalla e del gomito, sono spesso affette nei cani, e i fattori di rischio per l‘OA sono ben documentati, come notato sopra. La letteratura illustra che l‘OA può svilupparsi a qualsiasi età e può essere dovuta a una causa indeterminata (OA primaria), oppure a una specifica causa sottostante (OA secondaria) 5. Quest‘ultima può essere rappresentata ad esempio dai postumi di una rottura del legamento crociato o del danneggiamento dei menischi (ad es. scivolando sul ghiaccio o facendo attività ripetitive come, ad esempio, l‘agility). D‘altro canto, alcuni studi longitudinali hanno dimostrato che non era solo possibile ritardare l‘esordio dell‘OA, ma anche prevenirla dando agli animali una dieta limitata 17,18. Ciò indica che un intervento dietetico precoce (in questo caso una riduzione del 25% dell‘apporto complessivo) può essere utile per la qualità di vita correlata alla salute (HRQoL), che comprende il benessere fisico, psicologico (mentale, emotivo) e sociale nel cane con OA (Figura 3).
Sebbene esista un rischio elevato di sviluppare l‘OA nei pet anziani, i proprietari non sono generalmente proattivi, e una volta che compaiono i segni è ormai troppo tardi per adattarsi in qualsiasi modo allo stile di vita dell‘animale. Gli interventi pratici preventivi comprendono un monitoraggio migliore da parte del proprietario, visite più regolari dal Medico Veterinario con monitoraggio approfondito, adattamento alla dieta e all‘attività fisica, e specifiche modifiche ambientali 15. Gli studi longitudinali (come evidenziato nei pazienti umani con dolore) sono la chiave per aiutare a identificare se un cane avrà una progressione dell‘OA lenta o rapida, e contribuiscono a prevedere l‘esordio del dolore persistente e deleterio 19. Questo dovrebbe aiutare a minimizzare i rischi di sensibilizzazione centrale, preservare l‘HRQoL dell‘animale, e mantenere il legame uomo-animale. Un problema, tuttavia, è dato dai limiti dei metodi di rilevamento. Nonostante la loro mancanza di sensibilità, la radiografia e la visita clinica rimangono i riferimenti diagnostici, cosa che rende difficile un consenso sull‘età di esordio dell‘OA e i benefici dell‘intervento precoce 20.
“I segni principali dell‘OA sono rigidità, zoppia e dolore. Rigidità e zoppia sono spesso particolarmente evidenti dopo un periodo di riposo, soprattutto se è stato effettuato un esercizio fisico precedente. Spesso, la rigidità cala dopo pochi minuti di “riscaldamento”. Il dolore articolare associato all‘OA può manifestarsi in diversi modi, tra cui vocalizzazioni, pattern del sonno anomali, e alterazioni comportamentali (inclusa l‘aggressività). La riluttanza ad arrampicarsi, saltare e fare esercizio fisico sono caratteristiche aggiuntive.”
Nei cani affetti sono frequenti le alterazioni ortopediche come ad esempio zoppia e rigidità, che sono facilmente riconoscibili, quando presenti, nei cani di taglia media e grande. Nello specifico, nei cani adulti giovani, i proprietari (e i Medici Veterinari) osservano anomalie nei comportamenti basati sul movimento nelle attività quotidiane 21. Nelle fasi iniziali, queste sono solitamente subdole, intermittenti e insidiose, prima di diventare permanenti nelle fasi successive 22. L‘osservazione di modifiche posturali protettive (flessione degli arti o del bacino, carico naturale sbilanciato) e di cambiamenti nell‘andatura (velocità, rigidità degli arti, gamma di movimenti) richiede un lavoro accurato. Con il tempo, alcune azioni (ad es. riluttanza o rifiuto a svolgere attività, corsa più esitante, difficoltà a salire su una sedia o entrare in macchina, a salire/scendere le scale) rendono l‘OA più facile da identificare. Anche la riduzione dello scodinzolamento e la posizione a orecchie e coda basse possono essere segni di dolore cronico nei cani 21. I cani possono anche mostrare qualche forma di alterazione psicologica, con depressione emotiva (Figura 3), ansia (acuta o manifestata da una reazione eccessiva, protezione aggressiva di una parte del corpo, o autolesionismo con leccatura eccessiva o mordicchiamento della coda) o prolungamento di tempo dedicato al sonno. Tali cambiamenti causano anche spesso modifiche sociali, come ad esempio cali nella socialità e nel gioco (con il proprietario o altri cani), o ritardi nell‘accogliere il proprietario che torna a casa 23. Uno studio condotto su 23 proprietari di cani con OA ha dimostrato che i segni più visibili erano riduzioni nella mobilità dopo l‘esercizio fisico e una capacità rallentata di cambiare postura dopo il riposo o al mattino 22.
In un‘altra nota da un recente studio qualitativo 9 su 10 proprietari di cani con OA, è emerso che, spesso, i proprietari hanno un atteggiamento del tipo “chi vivrà vedrà” nei confronti dei primi segni del problema. Le eccezioni riguardano quei casi in cui il cane esprime dolore acuto, il proprietario sente di avere un forte legame con il suo pet, è consapevole dei limiti delle proprie conoscenze oppure ha fiducia nel Medico Veterinario.
In sintesi, l‘OA canina è una malattia cronica degenerativa poco identificata e sottodiagnosticata 15, e si sa poco sui modi con cui i proprietari di cani ne riconoscono le prime manifestazioni 9. Dato che l‘OA ha un impatto diretto sulle modalità di interazione fra proprietari e cani, potrebbe essere interessante indagare le routine quotidiane svolte insieme e che potrebbero essere influenzate dall‘OA; questo può aiutare a identificare quegli aspetti che fanno capire ai proprietari il malessere del loro cane e li motiva a chiedere una consulenza veterinaria.
“Quando l‘OA esordisce in un‘articolazione, non può essere curata e affliggerà l‘animale per il resto della vita. Tuttavia, esistono sostanzialmente due forme; l‘OA cronica attiva che provoca dolore e zoppia, e l‘OA silente cronica (asintomatica) che può causare rigidità transitoria/occasionale ma non dolore o zoppia. È possibile che un cane abbia la forma silente dell‘OA per lunghi periodi con attacchi occasionali della forma attiva, i quali possono svilupparsi, ad esempio, a causa di eccessi nell‘esercizio fisico e di stress/distorsioni dell‘articolazione osteoartritica.”
Un‘articolazione con OA è caratterizzata dalla perdita progressiva e permanente dell‘integrità tissutale. L‘intera articolazione sarà quindi soggetta al cedimento cronico 5. Sono tuttavia necessari studi prospettici a lungo termine dell‘OA naturale per comprendere meglio la complessa interrelazione che prevale tra le alterazioni strutturali articolari e il deterioramento funzionale associato alla sensibilizzazione nocicettiva (Figura 2), e non sono ben stabiliti la velocità con cui un‘articolazione canina danneggiata progredisce nel tempo, e il modo in cui si evolve il danno. Tali incertezze sono aggravate dalla complessa eziopatogenesi della malattia, dall‘articolazione coinvolta, dall‘uso (talvolta eccessivo) dell‘articolazione, e da una moltitudine di fattori tissutali intrinseci. Come per altre malattie, la diagnosi precoce è della massima importanza per aiutare sia il proprietario che l‘animale ad affrontare meglio la condizione. Non è nemmeno noto se i segni clinicamente riconoscibili dell‘OA (principalmente dolore e zoppia) siano correlati allo spettro delle alterazioni nell‘articolazione 20. Appaiono all‘esordio delle alterazioni molecolari o quando si raggiunge una degradazione articolare evidente? Sono legati alla sensibilizzazione? Inoltre, non sappiamo quanto fortemente il danno rivelato all‘imaging rifletta l‘intensità dei segni clinici. In altre parole, le alterazioni radiografiche sono correlate al deficit funzionale? Queste debolezze nella conoscenza sono amplificate dalla necessità di sviluppare metodi sensibili per rilevare l‘espressione del dolore, il dolore articolare e valutare la qualità di vita. Si potrebbe anche sostenere che nessun sistema di valutazione a punti dell‘imaging è stato mai accettato come standard di cura per documentare l‘OA, una situazione che confonde ulteriormente la situazione.
Alcuni Medici Veterinari sostengono che il decorso clinico dell‘OA sia caratterizzato da un‘alternanza di miglioramenti e peggioramenti dei segni clinici. L‘idea che gli animali con OA possano avere “giorni buoni e giorni brutti” appare semplicistica e dovremmo essere prudenti con tale presupposto. Senza una buona evidenza proveniente da studi prospettici sull‘OA naturale e un metodo raffinato per valutare l‘espressione del dolore e il dolore articolare, l‘ambiguità rimane: qualsiasi miglioramento/peggioramento dei segni è autentico o è dovuto a variazioni intrinseche nella misurazione? Per i Medici Veterinari, questa incognita compromette la possibilità di capire accuratamente l‘efficacia terapeutica, poiché potrebbe far parte del decorso naturale della malattia.
Éric Troncy
“Le articolazioni artritiche sono spesso ispessite, con una ampiezza di movimento limitata, e i muscoli dell‘arto interessato sono invariabilmente atrofizzati. Rilevare il dolore durante la manipolazione delle articolazioni artritiche è una caratteristica importante che aiuta a distinguere le forme attive da quelle silenti della malattia. Le radiografie sono il metodo più comune per diagnosticare l‘OA ed escludere le altre possibili cause di dolore articolare e zoppia. Le caratteristiche radiografiche includono tipicamente la presenza di versamento (aumento del fluido sinoviale intra-articolare), fibrosi (aumento della profondità capsulare e sinoviale) e la formazione di osso anomalo (osteofiti, sclerosi) attorno all‘articolazione.”
Dolore, crepitio, versamento articolare, ispessimento articolare e gamma di movimenti anomala sono tutti segni distintivi dell‘OA canina 15, e possono essere utili per stimare la gravità della condizione. Tuttavia, in uno studio qualitativo condotto su 26 Medici Veterinari non specialisti, tutti i partecipanti ritenevano che questo sistema di classificazione fosse soggettivo e determinasse un‘elevata variabilità tra i Medici 9; la maggior parte dei partecipanti ha trovato difficile descrivere il modo in cui questi elementi erano stati utilizzati nel processo decisionale, e alcuni ne hanno contestato la significatività. In effetti, un esame ortopedico per rilevare la presenza di OA nei cani rimane una sfida; osservare l‘animale mentre cammina (analisi dell‘andatura) e sta in piedi (postura), insieme alla sua capacità di cambiare posizione, anche dopo un‘attività fisica intensa, non è un compito facile da svolgere in una clinica. Queste informazioni essenziali devono essere fornite dal proprietario e, sebbene richieda molto tempo, è utile raccogliere un‘anamnesi completa e accurata, per non parlare del segnalamento, concentrandosi in particolare sui fattori di rischio precedentemente descritti. La maggior parte dei Medici Veterinari diagnostica l‘OA dopo aver identificato un problema di conformazione articolare, lassità, ampiezza di movimento ridotta, atrofia muscolare, versamento, dolore e crepitio, ma nella maggior parte dei casi il sospetto resta e dovrà essere confermato con le radiografie.
La radiografia è lo standard di riferimento per la diagnosi clinica dell‘OA, ma non è abbastanza sensibile per rilevarne gli stadi iniziali 20, ed errori nel posizionamento dell‘animale e/o nel mezzo di contrasto possono influenzare l‘interpretazione radiografica. C‘è anche una scarsa correlazione tra i segni radiografici, la funzione degli arti 12,24 e la valutazione del dolore 25. Nello studio qualitativo già citato 9, la radiografia è stata utilizzata solo in alcuni casi (generalmente cani giovani con zoppia acuta, o cani anziani con rapido peggioramento del dolore). I Medici Veterinari hanno ammesso di fare affidamento sulle informazioni del proprietario e sulla visita clinica per ottenere la diagnosi, e hanno giustificato le loro scelte citando il tempo limitato per le visite, e affermando che la radiografia non avrebbe comunque mutato la loro opinione finale.
Anche lo stato assicurativo è un “fattore di rischio” significativo per la diagnosi di OA, poiché i cani assicurati hanno probabilità doppie di avere una diagnosi di OA rispetto ai soggetti non assicurati 4. È probabile che l‘imaging appropriato per la conferma dell‘OA, così come la natura a lungo termine della condizione e quindi i trattamenti e i costi previsti, spieghino gran parte dell‘aumento nel tasso di diagnosi. Ancora più importante potrebbe essere il fatto che i soggetti non assicurati (cioè la maggior parte dei proprietari) abbiano maggiori probabilità di ricevere una diagnosi incerta e/o nessun follow-up post-diagnosi, e nessun potenziale trattamento né raccomandazioni per la condizione, e questo potrebbe suggerire, a sua volta, la compromissione del benessere per questi cani affetti 4.
Le radiografie sono solitamente abbastanza sensibili per riconoscere alcune alterazioni strutturali dell‘OA, restano il primo passo nella diagnosi di un problema articolare 10,20, e la modalità è conveniente, facilmente disponibile e sicura. Dato che gli allevatori utilizzano lo screening radiografico come ausilio nel processo decisionale riproduttivo, non è appropriato considerare l‘imaging di routine nella mezza età per informare un proprietario sulla salute articolare del suo animale? Invece di utilizzarle principalmente per confermare una diagnosi provvisoria, le radiografie di routine in questo stadio vitale potrebbero e dovrebbero essere utilizzate come strumento di screening per l‘OA, e serviranno da base per monitorare la potenziale progressione dell‘OA. Sebbene tale modo di procedere possa essere costoso, non può essere considerato superfluo, data l‘elevata prevalenza dell‘evidenza radiografica dell‘OA nei cani adulti, e la difficoltà nel riconoscere i segni clinici della condizione5. In assenza di segni clinici di OA, questo approccio può indurre il proprietario ad adottare misure preventive proattive, invece di agire solo quando diventano evidenti il dolore, la zoppia e le altre drammatiche alterazioni biologiche, psicologiche o sociali.
È necessario un approccio positivo da parte della professione veterinaria all‘osteoartrite, al fine di combattere l‘attuale falsa convinzione che l‘OA sia un‘espressione normale dell‘invecchiamento. Con la diagnosi precoce, che comprende l‘evidenza radiografica e la classificazione dei disturbi funzionali del cane, si può fare di più per limitare lo sviluppo degli ulteriori segni clinici. L‘introduzione dell‘imaging di routine nei cani di mezza età consentirà ai Medici Veterinari di avere una base concreta per avviare una discussione sull‘OA e sul suo trattamento, e dovrebbe aiutare a migliorare la comprensione del proprietario su cosa fare per il proprio pet. A sua volta, questo alleggerisce il carico del proprietario e migliora il rapporto Medico Veterinario-cliente.
Ringraziamenti: Questo articolo, curato dal team GREPAQ, rappresenta un‘analisi descrittiva basata sulla loro esperienza trentennale nel campo dell‘osteoartrite. L‘attribuzione della paternità intellettuale include (in questo ordine) i seguenti studenti laureati: Aliénor Delsart, Laurie Martin, e Marilyn Frezier, tutti e tre canditati al PhD; e gli esperti di settore: Colombe Otis, PhD; Maxim Moreau, PhD; Aude Castel, DEV, MSc, dip. ACVIM in Neurologia; Bertrand Lussier, DMV, Master, Dip. ACVS; ed Éric Troncy, DEV, MSc, PhD, DUn in Farmacologia. |
O′Neill DG, Church DB, McGreevy PD, et al. Prevalence of disorders recorded in dogs attending primary-care veterinary practices in England. PLoS One 2014;9(3):p. e90501.
Johnston SA. Osteoarthritis; Joint anatomy, physiology, and pathobiology. Vet. Clin. North Am. Small Anim. Pract. 1997;27(4):699-723.
Wright A, Amodie D, Cernicchiaro N, et al. Identification of canine osteoarthritis using an owner-reported questionnaire and treatment monitoring using functional mobility tests. J. Small Anim. Pract. 2022;63(8):609-618.
Anderson KL, O’Neill DG, Brodbelt DC, et al. Prevalence, duration and risk factors for appendicular osteoarthritis in a UK dog population under primary veterinary care. Sci Rep. 2018;8(1):5641.
Anderson KL, Zulch H, O’Neill DG, et al. Risk factors for canine osteoarthritis and its predisposing arthropathies: A systematic review. Front. Vet. Sci. 2020;7:16.
Sanderson SL. The epidemic of canine obesity and its role in osteoarthritis. Isr. J. Vet. Med. 2012;67(4):195-202.
Hart BL, Hart LA, Thigpen AP, et al. Long-term health effects of neutering dogs: comparison of Labrador Retrievers with Golden Retrievers. PLoS One 2014;9(7):e102241.
Felson DT, Lawrence RC, Dieppe DA, et al. Osteoarthritis: new insights. Part 1: the disease and its risk factors. Ann. Intern. Med. 2000;133(8):635-46.
Belshaw Z, Dean R, Asher L. Could it be osteoarthritis? How dog owners and veterinary surgeons describe identifying canine osteoarthritis in a general practice setting. Prev. Vet. Med. 2020;185:105198.
Chung C-S, Tu Y-J, Lin L-S. Comparison of digital radiography, computed tomography, and magnetic resonance imaging features in canine spontaneous degenerative stifle joint osteoarthritis. Animals 2023;13(5):849
Hattori T, Shimo K, Niwa Y, et al. Association of chronic pain with radiologic severity and central sensitization in hip osteoarthritis patients. J. Pain Res. 2021;14:1153-1160.
Gordon WJ, Conzemius MG, Riedesel E, et al. The relationship between limb function and radiographic osteoarthrosis in dogs with stifle osteoarthrosis. Vet. Surg. 2003;32(5):451-454.
Isola M, Ferrari V, Miolo A, et al. Nerve growth factor concentrations in the synovial fluid from healthy dogs and dogs with secondary osteoarthritis. Vet. Comp. Orthop. Traumatol. 2011;24(4):279-284.
Knazovicky D, Helgeson ES, Case B, et al. Widespread somatosensory sensitivity in naturally occurring canine model of osteoarthritis. Pain 2016;157(6):1325-1332.
Mosley C, Edwards T, Romano L, et al. Proposed Canadian Consensus Guidelines on Osteoarthritis Treatment Based on OA-COAST Stages 1-4. Front. Vet. Sci. 2022;9:830098
Spitznagel MB, Patrick K, Gober MW, et al. Relationships among owner consideration of euthanasia, caregiver burden, and treatment satisfaction in canine osteoarthritis. Vet. J. 2022;286:105868.
Smith GK, Paster ER, Power MY, et al. Lifelong diet restriction and radiographic evidence of osteoarthritis of the hip joint in dogs. J. Am. Vet. Med. Assoc. 2006;229(5):690-693.
Runge JJ, Bierry DN, Lawler DF, et al. The effects of lifetime food restriction on the development of osteoarthritis in the canine shoulder. Vet. Surg. 2008;37(1):102-107.
Carlesso LC, Segal NA, Frey-Law L, et al. Pain susceptibility phenotypes in those free of knee pain with or at risk of knee osteoarthritis: The Multicenter Osteoarthritis Study. Arthritis Rheumatol. 2019;71(4):542-549.
Jones GMC, Pitsillides AA, Meeson RL. Moving beyond the limits of detection: The past, the present, and the future of diagnostic imaging in canine osteoarthritis. Front. Vet. Sci. 2022;9:789898.
Demirtas A, Atilgan D, Saral B, et al. Dog owners’ recognition of pain-related behavioral changes in their dogs. J. Vet. Behav. 2023;62:39-46.
Rialland P, Bichot S, Moreau M, et al. Clinical validity of outcome pain measures in naturally occurring canine osteoarthritis. BMC Vet. Res. 2012;8(162):12.
Belshaw Z, Yeates J. Assessment of quality of life and chronic pain in dogs. Vet. J. 2018;239:59-64.
Morgan JP, Voss K, Damur DM, et al. Correlation of radiographic changes after tibial tuberosity advancement in dogs with cranial cruciate-deficient stifles with functional outcome. Vet. Surg. 2010;39(4):425-432.
Hielm-Bjorkman AK, Kussela E, Liman A, et al. Evaluation of methods for assessment of pain associated with chronic osteoarthritis in dogs. J. Am. Vet. Med. Assoc. 2003; 222(11):1552-1558.
Éric Troncy
Éric Troncy è attualmente docente e Direttore del gruppo di ricerca GREPAQ all‘Université-de-Montréal Scopri di più
Anestetizzare il paziente anziano è un’operazione quotidiana nella pratica veterinaria; in questo articolo, le autrici esaminano le conoscenze attuali e consigliano l’approccio più sicuro per questi animali.
L’eutanasia è una delle procedure più comuni e importanti da svolgere in medicina veterinaria; in questo articolo, la Dr.ssa Cooney condivide i propri pensieri sui modi per fornire un’esperienza di fine vita compassionevole ed estremamente qualificata, sia per il paziente pet che per il proprietario.
Questo articolo esamina le diagnosi differenziali e le opzioni di gestione terapeutica per i cani con livelli elevati di calcio.
La “demenza” canina sta diventando più comune, in parallelo con l’invecchiamento della popolazione di pet; questo articolo esamina i segni, le diagnosi differenziali e il trattamento di questi casi