Enzimi epatici canini – Domande frequenti
Il prelievo di sangue per la valutazione dello stato epatico è all’ordine del giorno nella pratica, ma l’interpretazione dei risultati può essere più difficile di quanto possa sembrare a prima vista.
Un segno clinico manifesto di una potenziale malattia epatica è l’ittero, ma è importante sapere che un animale non itterico può avere un’epatopatia significativa.
Per indicare la capacità del fegato di partecipare efficacemente al metabolismo intermedio si possono valutare i livelli di albumina, glucosio, colesterolo e urea.
La misurazione della concentrazione sierica di ammoniaca può essere un test sensibile e specifico per la massa epatocellulare e l’apporto di sangue al fegato.
L’analisi delle urine deve rientrare in tutti gli accertamenti diagnostici di laboratorio per la ricerca di un’eventuale malattia epatica.
La valutazione di laboratorio del fegato richiede una banca dati minima che includa esame emocromocitometrico completo (CBC), profilo biochimico e analisi dell’urina. Il profilo biochimico contiene la maggior parte dei dati utili per indagare direttamente la salute e la funzione epatica, ma se usato da solo non può distinguere l’epatopatia primaria da quella secondaria. Questa distinzione si basa sulla sintesi di tutti i dati disponibili e potrebbe restare elusiva in alcuni casi: ad esempio, i cani con anemia emolitica immunomediata (IMHA) mostrano spesso un’evidenza biochimica di lesione epatocellulare e colestasi, dati gli effetti dell’ipossia e delle citochine infiammatorie sulla funzione epatica 1,2,3,4. Il CBC è essenziale per facilitare il riconoscimento di una malattia ematologica primaria, e supportare la conclusione che l’epatopatia è un processo secondario.
I biomarcatori sierici utilizzati clinicamente per valutare il fegato riflettono le sue principali funzioni. La sintesi proteica viene misurata in base alla concentrazione di albumina, i livelli di glucosio e colesterolo riflettono il ruolo del fegato nel metabolismo intermedio, e gli acidi biliari e il colesterolo sono indicatori della pervietà delle vie biliari e del ricircolo enteroepatico. Il fegato assorbe, coniuga, ed espelle la bilirubina prodotta attraverso la degradazione dell’emoglobina da parte dei fagociti. La detossificazione di tossine e farmaci da parte del fegato può essere biochimicamente silente o riflettersi in alterazioni di specifici enzimi sierici.
I dati di laboratorio derivanti dalla banca dati vengono raccolti e sintetizzati per facilitare la rilevazione di quattro principali processi patologici nel fegato, cioè lesione epatocellulare, colestasi, disfunzione/insufficienza epatocellulare e alterazioni nella circolazione portale epatica. Questi processi avvengono spesso allo stesso tempo, o come reciproca conseguenza a valle. Tuttavia, è anche possibile che condizioni patologiche multiple abbiano azioni opposte su specifici analiti, diminuendone la sensibilità diagnostica per l’epatopatia; ad es., il colesterolo può rientrare nell’intervallo di riferimento in un cane con cirrosi epatica grave a causa della colestasi strutturale che contrasta la sintesi ridotta del colesterolo secondaria a una riduzione della massa epatica (cioè, mancanza di epatociti sufficienti per eliminare gli acidi biliari). Un approccio processo-centrico facilita la selezione mirata dei test diagnostici e la generazione di una lista delle diagnosi differenziali più definita.
Erica Behling-Kelly
Lesione è un termine piuttosto vago ma spesso usato per riflettere un danno che finisce per tradursi nel danneggiamento della membrana epatocellulare, e presumibilmente in un certo grado di lisi e morte cellulare. Il fegato può essere lesionato direttamente, a causa di infiammazione del parenchima (epatite primaria), tossine (farmaci e piante), neoplasia (primaria o metastatica), o come conseguenza di una malattia sistemica che influisce sul flusso ematico, sull’apporto di ossigeno o su un’endocrinopatia. A prescindere dalla causa, abbiamo a disposizione solo pochi indicatori biochimici che per identificare questo tipo di lesione.
Gli enzimi sierici utilizzati per valutare il fegato sono divisi in due categorie principali. Il primo gruppo risiede nel citosol degli epatociti e prende il nome colloquiale di enzimi da fuoriuscita. Nei cani e nei gatti, questi enzimi includono l’alanina aminotransferasi (ALT) e l’aspartato aminotransferasi (AST). L’aumento dell’attività sierica di questi enzimi è specifico della lesione epatocellulare, ma solo se si escludono come fonti alternative l’emolisi e la lesione muscolare grave (poiché AST è localizzato più nel tessuto muscolare che nel fegato) 5,6. A causa dell’ampia riserva cellulare del fegato e della sua capacità di rigenerazione, l’entità degli aumenti di questi enzimi è proporzionale al numero di epatociti danneggiati, ma non riflette la reversibilità della lesione né fornisce alcuna indicazione sulla funzione di sintesi epatica 5,7. Il monitoraggio seriale è essenziale; ALT ha un’emivita di 2-3 giorni nel cane e di sole 3-4 ore nel gatto, mentre l’emivita di AST è meno di un giorno nel cane 5,8. Ogni profilo biochimico è una singola istantanea nel tempo, e occorre quindi considerare l’emivita enzimatica quando si soppesa il significato clinico dei cambiamenti con il passare del tempo. È importante ricordare che un fegato fibrotico e ipotrofico soggetto a malattia di lunga data può avere pochi epatociti vitali rimasti da cui si può avere una fuoriuscita; quindi, i livelli di attività sierica di ALT e AST potrebbero essere minimamente aumentati o addirittura rientrare negli intervalli di riferimento nonostante la condizione patologica avanzata. I disturbi infiammatori o necrotizzanti sono generalmente associati ai massimi aumenti degli enzimi da fuoriuscita.
L’infiammazione epatica può essere insidiosa. In uno studio su Labrador retriever che erano parenti di prima linea di cani con epatopatia rame-associata, il 64% (122/191) dei cani clinicamente sani mostrava un’evidenza istopatologica di infiltrati infiammatori. In questa popolazione, le attività enzimatiche sieriche erano relativamente insensibili per l’identificazione dell’epatite, sia acuta che cronica 9. In uno studio separato, la valutazione di 4559 biopsie epatiche canine ha rivelato un’evidenza di livelli di rame > 400 ppm sul peso (intervallo di riferimento 120-400) nel 50% delle biopsie, e il 19% aveva livelli di Cu > 1000 ppm. Nello stesso studio, la necroinfiammazione (cioè, la risposta immunitaria del fegato alla necrosi) era predittiva del livello di rame 10. L’accumulo epatico di rame nei gatti è meno caratterizzato, ma sta emergendo come causa di epatite in questa specie 11. L’ipertiroidismo felino è una causa riconosciuta di lievi aumenti di ALT, sebbene il meccanismo resti indefinito 12. La glutammato deidrogenasi (GLDH) e la sorbitolo deidrogenasi (SDH) sono enzimi da fuoriuscita epatocellulare utili in altre specie, ma ci sono pochi studi che ne valutano l’utilità diagnostica nei gatti rispetto ai cani.
Il secondo gruppo di enzimi utilizzati per la valutazione del fegato è quello degli enzimi inducibili; questi includono la fosfatasi alcalina (ALP) e la gamma-glutamiltransferasi (GGT). Gli epatociti aumentano le vie della sintesi proteica che producono questi enzimi secondariamente a quello che viene definito un evento induttivo, tipicamente l’esposizione a farmaci od ormoni 13. Anche gli acidi biliari possono indurre questi enzimi e anche solubilizzare le membrane cellulari, da cui la robusta associazione tra l’aumento di ALP e GGT e la colestasi 14. Le cellule dei canalicoli biliari rispondono alle maggiori pressioni andando incontro a iperplasia, aumentando così il numero di cellule che producono GGT 15. Ciò si riflette spesso in un aumento proporzionalmente maggiore di GGT quando sono in gioco processi colestasici ostruttivi. Aumenti sostenuti di GGT e ALP possono riflettere la guarigione e l’iperplasia delle vie biliari. Il monitoraggio seriale è altrettanto essenziale quanto la valutazione degli enzimi da fuoriuscita. L’osso può essere una fonte ulteriore di ALP, sia nei cani che nei gatti, e i corticosteroidi inducono questo enzima nel cane; pertanto, nella valutazione di laboratorio del fegato è necessario considerare le malattie associate alla crescita ossea (e all’età dell’animale) e l’esposizione ai corticosteroidi endogeni o esogeni (solo nel cane) 16. Aumenti di ALP sono riconosciuti anche nel contesto dell’ipertiroidismo felino 17, mentre il trattamento con fenobarbitale può causare aumenti di ALT, ALP e GGT nel cane 18. Se i risultati di laboratorio sono confusi, è possibile usare il levamisolo per sopprimere l’isoenzima indotto dai corticosteroidi e aiutare a formulare una diagnosi, ma questo è raramente necessario.
Gli enzimi inducibili possono essere rilasciati dagli epatociti intatti, ma anche la lisi degli epatociti causa il rilascio di questi enzimi. In questi casi, in genere, ci si aspetta un aumento maggiore degli enzimi da fuoriuscita. Naturalmente, un evento induttivo precedente a un evento litico produce un quadro degli enzimi sierici che può essere alquanto nebuloso.
Erica Behling-Kelly
Per colestasi si intende l’arresto o la soppressione del flusso biliare. Può essere causata da una diminuzione nella secrezione dell’epatocita o da un conflitto strutturale in qualsiasi punto delle vie biliari, dai piccoli canalicoli alla cistifellea. L’escrezione della bile dall’epatocita, attraverso le cellule epiteliali biliari e infine nel tratto intestinale, dipende fortemente dall’energia, richiede molti trasportatori attivi, ed è funzione del gradiente osmotico. Pertanto, questo processo ha molti potenziali errori che possono provocare colestasi 14. Le condizioni patologiche comuni che possono causare colestasi includono gonfiore epatocellulare (ad es. lipidosi epatica), processi neoplastici, infiammazione cronica (fibrosi), calcoli biliari, parassiti, pancreatite, mucoceli della cistifellea, oltre a cause di colestasi funzionale come, ad esempio, ipossia e soppressione dell’escrezione mediata dalle citochine. In varie parti del fegato possono verificarsi lesioni compressive (ad es. lipidosi epatica in un gatto, con conseguente rigonfiamento cellulare che comprime i canalicoli biliari), oppure può crearsi una lesione simile a una massa che coinvolge la cistifellea o i dotti biliari più grandi. Le lesioni compressive tendono a causare l’accumulo di altre sostanze la cui escrezione richiede un sistema biliare pervio. Pertanto, molte lesioni colestasiche strutturali sono caratterizzate da ipercolesterolemia e iperbilirubinemia.
Un segno clinico manifesto di una possibile malattia epatica è l’ittero, l’ingiallimento visibile della cute, delle mucose e della sclera dovuto all’accumulo di bilirubina (Figura 1). Ciò è dovuto all’iperbilirubinemia (Figura 2), generalmente superiore a 2-3 mg/dL (34-51 μmol/L). È importante sapere che un animale non itterico può avere un’epatopatia significativa. La bilirubina viene prodotta dalla degradazione e dal riciclo dei componenti degli eritrociti (RBC) senescenti, e questo avviene in due fasi principali. In primo luogo, gli RBC vengono fagocitati da un macrofago e digeriti, quindi la molecola di emoglobina viene convertita enzimaticamente in bilirubina. Questo passaggio avviene generalmente nei macrofagi splenici e, in misura minore, nelle cellule di Kupffer (i macrofagi che risiedono nel fegato). In secondo luogo, la bilirubina non coniugata prodotta dai macrofagi viene legata in modo non covalente all’albumina e trasportata al fegato dove viene assorbita dagli epatociti, e coniugata enzimaticamente per facilitare l’escrezione nella bile. L’iperbilirubinemia può emergere quando è presente un processo emolitico, ovvero nell’ittero “pre-epatico”. L’emolisi accelera il turnover degli RBC e la degradazione dell’emoglobina. In questi casi, il fegato è semplicemente sopraffatto e la bilirubina non coniugata inizia ad accumularsi nel sangue 19. L’ipossia epatica secondaria all’anemia acuta riduce l’energia cellulare negli epatociti e rallenta l’escrezione della bilirubina. Anche le citochine infiammatorie sopprimono l’escrezione della bilirubina. Pertanto, in un animale con anemia emolitica (ittero pre-epatico) esiste una componente epatica secondaria dovuta a lesioni biochimiche.
I casi “epatici” o “post-epatici” di ittero sono lesioni biochimiche intracellulari oppure lesioni strutturali che inibiscono fisicamente l’escrezione della bilirubina nella bile (ad es. colestasi). Spesso, le cause dell’ittero epatico e di quello post-epatico si sovrappongono. In termini di generazione di una diagnosi differenziale, una volta escluso l’ittero pre-epatico, la questione diventa davvero determinare se esiste una lesione biochimica negli epatociti e/o nelle cellule epiteliali biliari, oppure un conflitto strutturale (che si affida in genere alla diagnostica per immagini e non ai dati di laboratorio).
Il fegato produce numerose proteine, di cui la più abbondante è l’albumina, ma anche proteine di fase acuta e molti fattori della coagulazione. Oltre a ciò, il fegato è la sede principale della gluconeogenesi e della sintesi del colesterolo, oltre a ospitare gli enzimi del ciclo dell’urea. Quindi, per indicare la capacità del fegato di partecipare efficacemente al metabolismo intermedio si determinano i livelli di albumina, glucosio, colesterolo e urea. Se un cane o un gatto non ha un numero sufficiente di epatociti funzionanti a causa di lesioni o atrofia, è possibile che questi quattro analiti siano tutti ridotti. Tuttavia, questi analiti sono influenzati anche da altri processi. L’albumina è una proteina di fase acuta negativa e può essere persa dall’organismo attraverso molte vie, comprese le vie urinarie o gastrointestinali, oppure secondariamente a emorragia o essudazione. CBC e analisi dell’urina possono aiutare a includere/escludere queste eziologie alternative. La sintesi del colesterolo è diminuita nelle malattie da malassorbimento, nell’ipoadrenocorticismo e in alcuni tipi di cancro; quindi, se si deve considerare l’insufficienza della sintesi epatica come diagnosi differenziale principale occorre escludere questi processi 20,21,22. La diagnostica per immagini può essere utile per valutare le dimensioni epatiche complessive e cercare un’evidenza della possibile fibrosi.
Se si sospettano alterazioni nel flusso ematico, e la conseguente riduzione della clearance epatica, è possibile misurare gli acidi biliari per rilevare tali alterazioni. L’aumento degli acidi biliari sierici può indicare una diminuzione della massa epatocellulare e/o uno shunt portosistemico (con gli acidi biliari che restano nella circolazione sistemica a causa del sangue che bypassa il fegato). È probabile che gli acidi biliari aumentino se vi è un’evidenza biochimica di colestasi, e diventa quindi difficile utilizzare questo test per valutare la massa epatica e il flusso ematico. Se è presente un’ileite concomitante, l’assorbimento degli acidi biliari secreti nel tratto gastrointestinale è compromesso. Quindi, negli animali con malattia epatica significativa e malassorbimento ileale, gli acidi biliari possono rientrare nel range. Il test dinamico (misurazione pre- e post-prandiale) aumenta la sensibilità degli acidi biliari, anche se il 15-20% dei cani avrà un livello maggiore nel campione a digiuno, forse a causa dello svuotamento gastrico ritardato o della contrazione spontanea della cistifellea. In questi casi, l’interpretazione richiede l’uso del valore più alto tra i due 23.
Anche l’ammoniaca, generata come sottoprodotto del metabolismo delle proteine, viene eliminata dal circolo dal fegato. A differenza degli acidi biliari, non c’è alcuna componente enteroepatica in questa clearance, e quindi la concentrazione plasmatica di ammoniaca non è influenzata dalla colestasi. Questo test può essere sensibile e specifico per la massa epatocellulare e il trasporto di sangue al fegato, ma richiede attenzione speciale nel prelievo e nella manipolazione dei campioni (Riquadro 1), oltre a non essere eseguito da tutti i laboratori, motivo per cui il Medico veterinario deve contattare il laboratorio prima dell’invio. Nei gatti, l’ammoniaca è più specifica degli acidi biliari nel rilevare lo shunt o la riduzione della massa epatica, ma è meno sensibile 24. Anche i difetti del ciclo dell’urea possono causare iperammoniemia, ma in questi animali manca tipicamente l’evidenza biochimica di un’epatopatia.
Riquadro 1. Note sui test per misurare i livelli di ammoniaca.
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Il rene canino ha una soglia renale bassa per la bilirubina coniugata; quindi, negli animali colestasici, la bilirubinuria può spesso precedere l’iperbilirubinemia. Nelle malattie colestasiche di lunga durata, la bilirubina coniugata può legarsi in modo covalente all’albumina, formando la delta-bilirubina. Questo trattiene la bilirubina nel sangue, e quindi la mancanza di bilirubinuria in un animale, assieme a un’altra evidenza di colestasi, non può essere usata per scartare un processo colestasico. I cani maschi possono coniugare parte della bilirubina nei tubuli renali, e quindi una piccola quantità di bilirubina nell’urina di un cane maschio può essere clinicamente irrilevante. Se la sintesi epatica dell’urea diminuisce, ciò può avere un impatto secondario sui reni, poiché l’urea è essenziale per la capacità del rene di concentrare l’urina. Molti animali con malattia epatica hanno un’urina scarsamente concentrata e potrebbero essere poliurici (Figura 3). La bilirubinuria in un gatto giustifica sempre ulteriori indagini. Il travaso dell’ammoniaca nell’urina può provocare la formazione di cristalli di ammonio biurato.
La morfologia degli RBC può essere influenzata dalle alterazioni delle lipoproteine sieriche associate alla malattia epatica. Ciò si riflette nella poichilocitosi spesso osservata nei gatti con lipidosi epatica (Figura 4). Gli animali con shunt portosistemico possono mostrare microcitosi con o senza anemia. Gli acantociti sono associati in modo approssimativo alle condizioni patologiche epatiche.
Il fegato non produce solo fattori della coagulazione, ma anche molte proteine che inibiscono la coagulazione, tra cui la proteina C e la proteina S. Gli animali con riduzione della funzione di sintesi epatica possono presentare una tendenza al sanguinamento o alla trombosi. Le malattie gastrointestinali che riducono il livello di vitamina K impediscono agli epatociti di carbossilare i fattori succitati e questo può rendere inefficace la coagulazione. Il fattore VII ha l’emivita più breve di tutti, e quindi il tempo di protrombina può essere prolungato prima del tempo parziale di tromboplastina attivata.
La proteina C e la proteina C-reattiva (CRP) sono entrambe prodotte nel fegato e tutte e due possono essere misurate accuratamente negli animali da compagnia. Tuttavia, la sfortunata somiglianza nella nomenclatura può provocare errori occasionali nella selezione dei test. La proteina C è un biomarcatore comprovato della funzione di sintesi epatica e della perfusione epatoportale; come componente di un’importante via anticoagulante, le sue concentrazioni sieriche hanno mostrato di essere utili nel differenziare gli shunt portosistemici dalla displasia microvascolare (poiché sono costantemente ridotte nei cani con shunt). La presenza di concentrazioni crescenti di proteina C può essere utile anche per monitorare lo shunt portosistemico. La proteina C viene misurata mediante dosaggio dell’attività, utilizzando un campione con plasma citrato; la proteina di fase acuta CRP può essere misurata nel siero o nel plasma, a seconda del dosaggio in uso 25.
L’ipoalbuminemia può contribuire alla diminuzione della pressione oncotica, mentre le alterazioni fibrosiche nel fegato possono aumentare la pressione nella vascolarizzazione e nei sinusoidi del fegato. Pertanto, un animale con epatopatia significativa può mostrare un versamento peritoneale (Figura 5), che è quasi sempre un versamento trasudativo.
Quando si considera una possibile malattia epatica negli animali da compagnia è importante ricordare che i processi sistemici possono causare un’epatopatia secondaria; quindi, il clinico deve considerare separatamente l’evidenza di una lesione o della colestasi e cercare il pattern predominante. Questo è utile per cercare qualsiasi evidenza di alterazione della funzione di sintesi, verificando i livelli di glucosio, urea, colesterolo e albumina, mentre CBC ed analisi dell’urina devono sempre rientrare negli accertamenti diagnostici. Ma soprattutto, dato che il profilo biochimico è un’istantanea del funzionamento del corpo al momento del prelievo, è quasi sempre fondamentale il monitoraggio temporale.
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Erica Behling-Kelly
La Dr.ssa Behling-Kelly ha conseguito il DVM nel 2002 all’University of Georgia Scopri di più
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