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Veterinary Focus

Numero 26.2 Risorse umane

Sondaggio sul carico di lavoro e sul benessere

Pubblicato il 11/07/2023

Scritto da Gerdinique C. Maessen e Luc T. Theunisse

Disponibile anche in Français , Deutsch , Español e English

Il burnout e la cattiva salute mentale possono essere fattori chiave legati all’attuale carenza di Medici Veterinari; questo documento presenta i risultati di un recente sondaggio che tenta di valutare l’entità dei problemi.

I dati sono stati raccolti durante i congressi EVDC ed ECVIM attraverso interviste faccia a faccia

Punti chiave

Nel sondaggio, il personale veterinario è risultato a rischio significativo di burnout, e i tassi più alti sono stati osservati nelle strutture aziendali e negli ambienti di lavoro universitari.


La maggior parte degli ambienti di lavoro veterinari (e soprattutto le strutture private) ha in atto iniziative che tentano di migliorare il benessere lavorativo.


Nel 50% degli ambienti di lavoro sono emerse di recente difficoltà nell’assunzione dei dipendenti, e la ragione principale era la carenza di Medici Veterinari e infermieri/tecnici.


Il modello Job Demands-Resources (richieste e risorse lavorative) definisce il benessere lavorativo come il risultato delle interazioni e dell’equilibrio tra le domande e le risorse di un lavoro, e potrebbe essere uno strumento utile per valutare e sviluppare gli interventi.


Salute mentale e benessere in veterinaria

Negli ultimi anni, la salute mentale e il benessere dei Medici Veterinari sono diventati un tema di discussione sensibile in tutto il mondo. Molti articoli hanno riferito che gli operatori del settore corrono un rischio maggiore di burnout (Riquadro 1), depressione e persino suicidio rispetto ad altri gruppi professionali 1. In uno studio recente, il 35% dei Medici Veterinari a tempo pieno negli USA è stato classificato come caratterizzato da un basso livello di soddisfazione compassionevole*, il 50% aveva punteggi elevati di burnout, e il 59% aveva punteggi elevati di stress traumatico secondario** 2. Questi numeri da soli sembrerebbero già sufficienti a giustificare la necessità di azioni per migliorare il benessere nel settore veterinario e, sebbene negli ultimi anni siano state avviate varie iniziative per affrontare questi problemi, resta ancora molto lavoro da fare. Questo articolo considera i risultati di un sondaggio svolto in due recenti congressi, dove i Medici Veterinari hanno dovuto esprimere il proprio parere sull’importanza del benessere, sulle difficoltà legate all’assunzione del personale, e sulla loro esperienza con gli interventi intrapresi per affrontare le richieste lavorative.

* La soddisfazione compassionevole può essere definita come il piacere o i sentimenti positivi derivanti dalla capacità di aiutare gli altri.
** Lo stress traumatico secondario può essere definito come lo stress derivante da un’esperienza indiretta di un evento traumatico, cioè un evento che è stato vissuto da altri.

Riquadro 1. Cos’è il burnout veterinario?

Il burnout, definito dall’OMS come “una sindrome concettualizzata risultante dallo stress cronico nell’ambiente di lavoro che non è stato gestito correttamente” 3, è ben riconosciuto in tutte le sfere della vita, ed è chiaro che nella professione veterinaria influisce non solo sulla salute psicologica ed emotiva degli individui 4, ma anche sulla salute economica di specifiche strutture e dell’intero settore 5. Una revisione sistematica delle conseguenze generali del burnout ha segnalato che è un fattore predittivo significativo di molteplici condizioni fisiche, tra cui malattia cardiovascolare, dolore muscoloscheletrico, e depressione 4. Inoltre, e più specificamente per le professioni veterinarie e altre professioni sanitarie, il burnout è associato positivamente a ridotta qualità dell’assistenza, errori clinici percepiti, ed elevata probabilità di abbandono del posto 6,7. da parte di infermieri/tecnici veterinari e professionisti della medicina umana. Nell’ambito della professione veterinaria, gli studi dimostrano che lo stress nell’ambiente di lavoro è legato a livelli elevati di turnover del personale e assenteismo 7, il che comporta costi più elevati 5. È quindi estremamente importante cercare misure e soluzioni di prevenzione efficaci per combattere questi problemi.

 

Il modello Job Demands-Resources

Dato che il burnout è un fenomeno occupazionale, la gestione dello stress nell’ambiente di lavoro è tutta una questione di equilibrio: il benessere lavorativo comprende sia fattori positivi che fattori negativi. Ciò è spiegato nel modello Job Demands-Resources (JD-R), che abbiamo utilizzato come quadro teorico per questo studio 8 (Figura 1). Il modello considera lo stress e il benessere correlati al lavoro come il risultato di interazioni tra richieste lavorative e risorse lavorative. Le richieste sono “aspetti fisici, sociali od organizzativi del lavoro, che richiedono uno sforzo fisico o mentale sostenuto e sono quindi associate a costi psico-fisiologici” 8. Esse includono, tra l’altro, carico di lavoro e lavoro a turni, interferenze lavoro-casa e fattori di stress ambientali. Le risorse possono essere definite come “aspetti fisici, sociali od organizzativi del lavoro, che possono essere funzionali per raggiungere gli obiettivi lavorativi, ridurre le richieste lavorative, o stimolare la crescita e lo sviluppo personali” 8. Queste possono includere ricompense, controllo personale sulle attività assegnate, e feedback e supporto positivi. Secondo il modello JD-R, le richieste lavorative possono evocare un processo di deplezione delle energie, che potrebbe portare all’esaurimento e infine al burnout, mentre le risorse lavorative possono indurre un processo motivazionale, che può promuovere l’impegno nel lavoro 9. La mancanza di risorse complica la capacità di un individuo di soddisfare le richieste lavorative, cosa che può causare l’abbandono del lavoro, e svolge anche un ruolo nello sviluppo del burnout.

Il modello del benessere Job Demands-Resources
Figura 1. Il modello del benessere Job Demands-Resources.
© Ridisegnata da Sandrine Fontègne

Metodologia e dati demografici

Per raccogliere informazioni sull’assunzione del personale e sul benessere, Royal Canin ha ideato un sondaggio composto da sette domande (Tabella 1). Il sondaggio è stato suddiviso in due sezioni: assunzione del personale e benessere. Se gli intervistati affermavano di non aver incontrato difficoltà nell’assunzione del personale (D.1), la prima sezione si concludeva a questo punto; analogamente, se gli intervistati ritenevano che il benessere sul lavoro non fosse importante (D.5), la seconda sezione veniva conclusa in questa fase. Il sondaggio è stato condotto all’European Congress of Veterinary Internal Medicine for Companion Animals (ECVIM-CA) del 2022 a Göteborg, e all’European Veterinary Dermatology Congress (EVDC) del 2022 a Porto (Figura 2). Royal Canin ha scelto esclusivamente studenti di veterinaria per condurre il sondaggio, data la propria affinità per l’argomento e la sua empatia con gli intervistati. Inoltre, è stato deciso di avere più conduttori del sondaggio (4 all’ECVIM, 6 all’EVDC) per triangolare i dati, ed è stato nominato un responsabile dello studio per sovrintendere alla raccolta dei dati e ottimizzare la coerenza e la credibilità dei sondaggi in entrambi i congressi. Per creare una comprensione condivisa del progetto e minimizzare le differenze tra i conduttori del sondaggio, è stata intrapresa una discussione pre-sondaggio tra questi e il responsabile dello studio.

Domande del sondaggio utilizzate nell’intervista faccia a faccia per raccogliere i dati
Tabella 1. Domande del sondaggio utilizzate nell’intervista faccia a faccia per raccogliere i dati.

Tutti i sondaggi sono stati quindi raccolti e utilizzati dal responsabile dello studio per creare una banca dati. L’analisi ha mostrato che gli esiti principali sono le difficoltà nell’assunzione del personale per le cliniche veterinarie, l’importanza del benessere, le azioni intraprese per il benessere, e i livelli di burnout nell’ambiente di lavoro. Questi dati erano sia quantitativi che qualitativi, e i dati qualitativi sono stati classificati in base al modello JD-R. Il “segnalamento” degli intervistati ha incluso l’ambiente di lavoro (struttura privata/struttura aziendale/università/altro), il paese in cui si assume il personale, e il genere. Gli esiti sono stati analizzati confrontando i gruppi con i test di indipendenza del chi quadro o esatto di Fisher, secondo le esigenze. Tutte le analisi sono state eseguite utilizzando il software SPSS (Statistical Package for the Social Sciences, pacchetto di statistica per le scienze sociali), con valore p a due code <0,05 che denota una significatività statistica.

I dati sono stati raccolti durante i congressi EVDC ed ECVIM attraverso interviste faccia a faccia, al fine di garantire che le domande ricevessero le risposte più accurate possibili.
Figura 2. I dati sono stati raccolti durante i congressi EVDC ed ECVIM attraverso interviste faccia a faccia, al fine di garantire che le domande ricevessero le risposte più accurate possibili.
© Philippe Marniquet

I partecipanti al congresso (tutti Medici Veterinari qualificati) sono stati intervistati in modo randomizzato, dando un risultato di 222 intervistati (89 all’ECVIM e 133 all’EVDC) provenienti da 33 Paesi diversi. In totale, 187 intervistati (85%) vivono e lavorano in Europa, 11 in Sud America, 9 in Nord America, 8 in Oceania, 4 in Asia e 1 in Africa, e ci sono state 2 risposte in cui non era disponibile il Paese di lavoro (N/D). Il gruppo intervistato includeva 66 uomini (32%) e 143 donne (68%) (13 N/D). 114 (55%) lavoravano in cliniche di proprietà indipendenti, 50 (24%) in cliniche di proprietà aziendali, 38 (18%) in cliniche universitarie e 6 (3%) hanno classificato il proprio ambiente di lavoro come “altro” (14 N/D). Nota: per ogni ambiente di lavoro è stata intervistata una sola persona.

Risultati del sondaggio

Benessere nell’ambiente di lavoro veterinario

La maggior parte dei Medici Veterinari considera importante il proprio benessere (e quello dei colleghi): dei 213 che hanno risposto, il 94% ha fornito una risposta positiva. Con un numero di risposte negative così basso, non è stato possibile analizzare questa coorte per differenze significative in termini di genere, ambiente di lavoro, o Paese.

L’80% di tutti gli ambienti di lavoro ha adottato azioni per migliorare il benessere di dipendenti, Medici Veterinari e/o infermieri/tecnici. Seguendo l’idea che il benessere lavorativo sia il risultato dell’equilibrio tra richieste lavorative e risorse lavorative (Figura 1), abbiamo deciso di classificare le varie azioni. Le misure che affrontano le richieste lavorative sono quelle che hanno un effetto positivo sull’interferenza casa-lavoro, sul carico di lavoro o sul lavoro a turni, e includono turni flessibili, giorni liberi o una settimana lavorativa di 4 giorni. Le misure che si aggiungono positivamente alle risorse lavorative sono le ricompense o gli incentivi per la crescita personale o lo sviluppo professionale. Dei 164 ambienti di lavoro in cui sono state adottate misure per il benessere, 26 hanno agito in base alle richieste lavorative, 109 in base alle risorse lavorative, e 29 ambienti hanno adottato azioni che influenzavano sia le richieste lavorative che le risorse lavorative (Figura 3).

Percentuali di ambienti di lavoro che adottano azioni per il benessere dei dipendenti
Figura 3. Percentuali di ambienti di lavoro che adottano azioni per il benessere dei dipendenti.
© Ridisegnata da Sandrine Fontègne

Seguendo le definizioni delle risorse lavorative (come descritto in precedenza), abbiamo definito tre sottocategorie. Abbiamo scoperto che 39 azioni erano principalmente fisiche, agendo su questioni tangibili, 59 azioni erano eventi sociali (Figura 4), e 91 erano azioni organizzative, che puntavano all’operatività o allo sviluppo del dipendente nell’ambiente di lavoro (Figura 5). La Tabella 2 fornisce esempi delle risorse menzionate e delle loro modalità di classificazione.

Gli eventi sociali, come ad esempio attività all’aperto, possono essere una risorsa lavorativa positiva
Figura 4. Gli eventi sociali, come ad esempio attività all’aperto, possono essere una risorsa lavorativa positiva.
© Shutterstock

Tabella 2. Esempi di risorse lavorative.

FisicheSocialiOrganizzative
  • Paga migliore
  • Vacanze pagate
  • Fuoripasto/bevande gratuiti
  • Colazione gratuita
  • Asilo nido
  • Distributori automatici di cibo gratuiti
  • Training del personale
  • Abbonamento gratuito alla palestra
  • Massaggi gratuiti
  • Sala comune/area di ristoro adeguata
  • Giardino
  • Cucina in comune
  • Attività di team-building
  • Feste/pranzi fuori
  • Vacanze di gruppo
  • Feste di compleanno
  • Pranzi di gruppo
  • Complimenti per il lavoro svolto
  • Yoga
  • Attività all’aperto
  • Counseling
  • Coaching/mentorato per la salute mentale
  • Riunioni di gruppo
  • Gruppi sul benessere/corsi di mindfulness
  • Training antistress
  • Sondaggi sui sentimenti
  • Atmosfera aperta
  • Partecipazione ai congressi
  • Opzioni formative
  • Buona comunicazione
  • Buoni rapporti di lavoro

 

Relativamente poche cliniche (private o aziendali) non intraprendono azioni per promuovere il benessere (rispettivamente il 16% e il 15%), mentre negli istituti universitari questa percentuale saliva al 35%. Abbiamo inoltre scoperto che le azioni che influenzano sia le richieste lavorative che le risorse lavorative (invece di una sola di esse) sono state intraprese principalmente dalle cliniche private. La differenza nelle azioni per il benessere tra gli ambienti di lavoro era significativa, considerando il test di indipendenza esatto di Fisher (p=0,042), e questo significa che nelle cliniche private sono state intraprese molte più azioni rispetto ad altri tipi di ambienti di lavoro.

Più del 50% delle azioni intraprese nell’ambiente di lavoro erano incentrate sulle risorse lavorative
Figura 5. Più del 50% delle azioni intraprese nell’ambiente di lavoro erano incentrate sulle risorse lavorative, e di queste la maggior parte era di natura organizzativa (vedere Tabella 2).
© Ridisegnata da Sandrine Fontègne

Burnout

Il 70% di tutti gli intervistati ha indicato che negli ultimi 12 mesi si era verificato almeno un caso di burnout nell’ambiente di lavoro (accaduto a loro stessi o un collega Medico Veterinario/infermiere/studente in residency) (Tabella 3). Di questi, il 54% erano Medici Veterinari, il 12% infermieri, il 32% coinvolgeva sia Medici Veterinari che infermieri, e il 2% erano studenti. Gli intervistati che segnalavano casi di burnout tra i Medici Veterinari titolari o dipendenti operanti in una clinica privata erano meno frequenti (61%) rispetto a quelli che operavano nelle cliniche aziendali (80%) o nelle università (83%). Questa differenza è significativa con il test del chi quadro di Pearson (p=0,009). Tuttavia, non c’era alcuna differenza significativa nel burnout segnalato tra gli intervistati che operavano in strutture che avevano adottato o non adottato misure per il benessere dei propri dipendenti, rispettivamente il 68% e il 73%.

Tabella 3. Il burnout è significativamente maggiore nelle strutture aziendali e in quelle universitarie, rispetto alle cliniche indipendenti (p=0,009 tra * e **).

Ambiente di lavoroNumeroAmbienti di lavoro con uno o più burnoutPercentuale di ambienti di lavoro con uno o più burnout
Clinica privata 114 67 60,9*
Clinica aziendale 50 39 79,6**
Università 38 30 83,3**

20 intervistati non hanno risposto.

 

Difficoltà nell’assunzione del personale

Quando si è trattato di assunzione di nuovi dipendenti nell’ultimo anno, abbiamo ricevuto 183 risposte (Figura 6); altri intervistati hanno affermato di non aver assunto personale o di non sapere nulla delle procedure di assunzione del personale, e quindi non sono stati considerati per questa sezione. Delle 183 persone che hanno risposto, 97 Medici Veterinari (53%) hanno affermato di aver avuto personalmente (o riscontrato nell’ambiente di lavoro) molte difficoltà ad assumere personale, 55 (30%) hanno avuto poche difficoltà, e 31 degli intervistati (17%) hanno riferito di avere incontrato difficoltà limitatissime o nulle. Generalmente, erano state riscontrate difficoltà nell’assumere sia Medici Veterinari che infermieri; dove solo una categoria era stata identificata come problematica, erano i Medici Veterinari quelli più difficili da assumere.

Le persone hanno inoltre affermato che le difficoltà di assunzione avevano influito sulla scelta di un nuovo dipendente. 195 intervistati lavoravano in una struttura in cui era stato assunto un nuovo Medico Veterinario; di questi, il 41% ha affermato che il candidato non era poi risultato adatto, ma che non c’erano altre opzioni e la persona era stata assunta lo stesso invece di attendere oltre. La situazione per i posti vacanti per infermieri è simile: il 45% dei 199 intervistati che avevano assunto un nuovo infermiere si è reso conto in un secondo momento che la persona assunta non era adatta.

Sono stati segnalati vari motivi per le difficoltà di assunzione, e alcuni intervistati hanno offerto più di un motivo. Il motivo citato più spesso (96) era la carenza generale di Medici Veterinari e infermieri disponibili. Altri motivi importanti erano la bassa retribuzione (52) e il carico di lavoro/i e turni faticosi (46). Meno spesso citate sono state l’ubicazione rurale della clinica (14), la pandemia da COVID (7), e altri motivi.

Esperienze degli intervistati con difficoltà nell’assunzione dei dipendenti
Figura 6. Esperienze degli intervistati con difficoltà nell’assunzione dei dipendenti.
© Ridisegnata da Sandrine Fontègne

Discussione

Abbiamo scoperto che la maggior parte dei Medici Veterinari è consapevole dell’importanza del proprio benessere, e che la maggior parte degli ambienti di lavoro sta adottando misure per migliorare il benessere del personale. Tuttavia, il tasso di burnout è ancora alto, soprattutto tra i Medici Veterinari. Sebbene la minima frequenza del burnout abbia riguardato il settore privato, il 60,9% di queste strutture aveva avuto almeno un caso recente. Questo dato era significativamente inferiore al numero di burnout nelle strutture aziendali (80%) e in quelle universitarie (83%), un riscontro in linea con uno studio precedente condotto in Finlandia, secondo cui i Medici Veterinari di una struttura privata sono meno colpiti dal burnout 10. (È interessante notare che un sondaggio AVMA del 2021 aveva rilevato che il burnout è più diffuso tra gli associati di una struttura privata rispetto ai proprietari delle strutture11, ma il nostro sondaggio non ha fatto distinzioni tra dipendenti e titolari delle strutture private). Uno dei motivi della minor prevalenza del burnout in una struttura privata potrebbe essere la migliore capacità di adottare misure preventive proattive; infatti, abbiamo scoperto che in questo settore sono state intraprese molte più azioni per il benessere rispetto alle strutture aziendali o universitarie, e che le azioni adottate hanno affrontato sia le richieste lavorative che le risorse lavorative invece di concentrarsi su una sola di queste. Tuttavia, va notato che l’indagine non ha tentato di raccogliere dettagli sugli ambienti di lavoro, ad es. le dimensioni/il numero di dipendenti, quindi non possiamo escludere che non siano coinvolti altri fattori.

Luc T. Theunisse

Il 70% di tutti gli intervistati ha indicato che negli ultimi 12 mesi si era verificato almeno un caso di burnout nell’ambiente di lavoro.

Luc T. Theunisse

Le richieste lavorative e le risorse lavorative determinano insieme il benessere lavorativo, come mostrato nel modello JD-R. Sebbene la differenza nel segnalare il burnout nelle strutture in cui sono state intraprese azioni (68%) rispetto a quelle che non hanno adottato misure (73%) fosse non significativa nel nostro studio, un recente ampio studio australiano ha segnalato che le risorse lavorative sono inversamente correlate al burnout, e che alcune richieste lavorative sono positivamente correlate al burnout 7. Le azioni che affrontano sia le richieste lavorative che le risorse lavorative possono essere più efficaci, poiché l’evidenza ha dimostrato che gli interventi combinati sono quelli più utili per affrontare il burnout 12. Non è chiaro perché le strutture non aziendali abbiano intrapreso più azioni rispetto ad altri ambienti di lavoro; si potrebbe ipotizzare che i Medici Veterinari titolari che sono anche datori di lavoro sono più in contatto con i dipendenti e sono quindi più consapevoli della necessità di tener conto del loro benessere.

Inoltre, abbiamo riscontrato che molti istituti veterinari hanno difficoltà ad assumere nuovi colleghi; quasi la metà degli intervistati ha riscontrato problemi notevoli. Poiché la “carenza di Medici Veterinari” viene spesso citata come causa (96 volte), abbiamo esaminato se ci fosse un’evidenza associata e quanto fosse ampio il problema. Una carenza di personale veterinario dovrebbe significare una mancanza di Medici Veterinari (offerta) in relazione agli animali che richiedono cure (domanda) in un’area; ciò può derivare da un numero sempre più limitato di Medici Veterinari disponibili, o dalla domanda crescente di assistenza sanitaria per cani e gatti, o da entrambe le cose. I dati indicano sicuramente un aumento della domanda; tra il 2010 e il 2017 l’Europa ha visto un aumento complessivo nel numero di animali da compagnia (e una popolazione stabile del bestiame) 13. Inoltre, i dati mostrano che il numero medio di visite cliniche nelle strutture veterinarie negli USA è aumentato del 6,5% dal 2020 al 2021 14. Dal lato dell’offerta, il rapporto Medici Veterinari pro capite non è cambiato tra il 2015 e il 2018, con una media di 0,38 di queste figure ogni 1.000 persone 15. Tuttavia, è possibile che la disponibilità sia calata, non in termini di numero totale di Medici Veterinari ma nel numero di ore lavorate, nonché della produttività pro capite. Nel nostro studio, nove Medici Veterinari hanno identificato che il lavoro part-time (a differenza del tempo pieno) è un motivo importante per la carenza, e un sondaggio del 2021 condotto a livello mondiale ha rivelato che un intervistato su quattro intendeva ridurre le proprie ore passando al part-time o facendo sostituzioni 16, mentre un’altra indagine di AVMA ha rilevato che il 30% dei Medici Veterinari per animali da compagnia aveva dichiarato di voler lavorare meno ore, rispetto al 23-24% nel 2017-19 14. Inoltre, quando i dati del 2020 sono stati confrontati con il 2019, è emerso che i Medici Veterinari negli USA vedevano meno pazienti all’ora, e la produttività media era diminuita di quasi il 25% 14. Nel complesso, si può affermare che esiste una crisi della forza lavoro veterinaria, almeno in alcune aree. La Federation of Veterinarians of Europe (FVE) ha rilevato che il 78,5% degli intervistati in un sondaggio del 2020 ha riscontrato una carenza di Medici Veterinari in tutti i 28 paesi europei esaminati 15, che è in linea con i nostri riscontri. La FVE afferma che questa carenza è un problema specifico nelle aree rurali e remote, e che non è collegata a una carenza complessiva a livello nazionale, ma nel nostro studio l’ubicazione delle cliniche rurali è stata segnalata come uno dei motivi minori delle difficoltà di assunzione. Anche i dati di VetsSurvey identificano l’assunzione di personale idoneo come una delle maggiori sfide che la professione deve affrontare attualmente, e ritiene che questa sia una delle cause per l’aumento del numero di dipendenti infelici nel settore 16.

Gerdinique C. Maessen

Nel nostro studio condotto tra 213 specialisti, il 94% ritiene che il proprio benessere (e quello dei propri colleghi) sia importante.

Gerdinique C. Maessen

La domanda è quindi se la carenza sia la causa del declino percepito nei livelli di soddisfazione sul lavoro e nell’aumento del burnout 16, o il risultato. Crediamo che valgano entrambe le cose, e che si influenzino a vicenda creando un circolo vizioso. La carenza svolge sicuramente un ruolo nel benessere del personale veterinario, poiché spesso gli altri Medici devono lavorare più ore per soddisfare la domanda elevata da parte dei proprietari di animali. Uno studio tedesco ha dimostrato che il numero di ore lavorate era proporzionale allo stress avvertito dal personale 17. Inoltre, deve essere significativo il fatto che le strutture impiegano spesso Medici Veterinari e infermieri non adatti alle loro mansioni. I nostri risultati mostrano che, nel 41% dei casi, un Medico Veterinario assunto di recente non era particolarmente adatto (secondo gli altri dipendenti), e questo è dannoso, poiché un team affiatato è uno dei fattori più importanti per il benessere lavorativo (Figura 7). D’altra parte, i burnout tendono a produrre problemi di mantenimento della forza lavoro; il 40% dei Medici Veterinari sta considerando l’idea di abbandonare la professione, e i due principali motivi citati sono l’equilibrio tra lavoro e vita privata e problemi di salute mentale 14,17. Il burnout è un fattore predittivo significativo, sia dell’intenzione di lasciare il proprio ruolo attuale, sia per il completo abbandono della professione 7. Ciò è legato al tasso elevato di turnover nella medicina veterinaria, soprattutto se confrontato con altre professioni sanitarie. Il turnover medio dei Medici Veterinari è doppio rispetto a quello dei medici nella pratica medica; in pratica, un medico occupa mediamente il proprio posto per il doppio del tempo rispetto al Medico Veterinario 5,15. Ed è così che il circolo vizioso continua ad alimentarsi; maggior carenza della forza lavoro a causa del burnout, e più burnout a causa del carico di lavoro aumentato.

Mantenere un team affiatato è un fattore chiave sia per gestire una struttura veterinaria di successo
Figura 7. Mantenere un team affiatato è un fattore chiave sia per gestire una struttura veterinaria di successo, sia per sostenere il benessere dei membri del personale; mettere la persona sbagliata in un certo posto può avere conseguenze deleterie di vasta portata.
© Shutterstock

È importante sottolineare che il sondaggio era piuttosto elementare e non ha cercato di esplorare tutti i fattori coinvolti nel benessere e nel mantenimento del posto nell’ambiente di lavoro veterinario. Si è concentrato inoltre su specialisti e interni in due congressi, ed è quindi possibile che i campi della dermatologia e della medicina interna non siano un campione rappresentativo del “benessere lavorativo” dell’intera professione veterinaria; tuttavia, esso offre un’istantanea della situazione attuale. Occorre comunque notare che avevamo riconosciuto come improbabile che i Medici Veterinari affetti burnout potessero partecipare al congresso (o che potessero ammettere precedenti burnout); per questo motivo abbiamo chiesto informazioni sugli eventi nella struttura al fine di spersonalizzarne gli aspetti, cosa che potrebbe spiegare il tasso elevato di burnout (70%) che abbiamo riscontrato rispetto ad altri studi. Le indagini future potrebbero esaminare altre aree nel settore veterinario per accertare se emergono gli stessi pattern, e tentare di identificare l’età media all’esordio del burnout. Inoltre, dato che gli specialisti nelle strutture aziendali e nelle università sembrano essere più a rischio di sperimentare burnout, sarebbe utile che qualsiasi indagine successiva indagasse i potenziali fattori di confondimento (come ad esempio età, genere, dimensioni della clinica, e orario di lavoro).

 

Vorremmo ringraziare gli studenti di veterinaria che hanno raccolto i dati per questo studio: Ricardo Azevedo, Lara Couto-Soares, Marta Gonçalves, Ines Preza Carvalho, Soraia Rodrigues, Luc Theunisse, Kathelijn van Heusden, Fraukje van Terwisga, e Hannah Younge.

 

Conclusione

Secondo questo sondaggio, il personale delle cliniche veterinarie è ad alto rischio di burnout, un fenomeno lavorativo associato a molteplici conseguenze avverse, con i tassi più elevati osservati nelle strutture aziendali e universitarie. Insieme alla carenza di Medici Veterinari, che crea difficoltà nell’assunzione del personale, ciò costituisce una minaccia per la professione. Nella lotta contro il burnout, c’è consapevolezza dell’importanza del benessere lavorativo, e molti ambienti di lavoro hanno oggi in atto azioni per migliorarlo. Tuttavia, le valutazioni di queste iniziative sono limitate, e non rientrava nell’ambito del sondaggio determinare quali risorse potessero avere la massima efficacia. Per migliorare ulteriormente il benessere lavorativo, è urgentemente necessaria un’analisi robusta dei possibili interventi, e il modello JD-R potrebbe essere uno strumento utile per facilitare lo sviluppo e la valutazione delle varie risorse.

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  17. Pohl R, Botscharow J, Böckelmann I, et al. Stress and strain among veterinarians: a scoping review. Ir. Vet. J. 2022;75 (15). DOI 10.1186/s13620-022-00220-x.
Gerdinique C. Maessen

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Gerdinique Maessen si è iscritta alla Facoltà di Medicina nel 2016 per conseguire il primo BSc Scopri di più

Luc T. Theunisse

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Luc Theunisse è diventato Student Ambassador di Royal Canin a Utrecht nel 2020 Scopri di più

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