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Veterinary Focus

Numero altro: scientifici

Gestire la compassion fatigue

Pubblicato il 16/04/2020

Scritto da Kimberly-Ann Therrien e Dana Novara

Disponibile anche in Français , Deutsch , Español e English

Animali sani richiedono veterinari sani, ma una professione di cura può pagare un pesante tributo a chi le cure le fornisce; in questo articolo, le autrici condividono le proprie esperienze con la compassion fatigue e forniscono suggerimenti per prendersi cura di se stessi.

Gestire la compassion fatigue

Punti Chiave

La compassione fa parte del nostro mestiere, quindi non possiamo curare la compassion fatigue, ma possiamo gestirla.


Non siete soli: studi condotti negli Stati Uniti suggeriscono che 1 veterinario su 3 soffre d'ansia e 1 su 6 ha considerato il suicidio.


Create un piano sostenibile per voi stessi, che includa la cura del corpo e della mente, della carriera, della comunità e delle finanze.


Usate strumenti adatti sul momento, che vi aiutino a far fronte alle avversità quando iniziate a sentirvi sopraffatti.


Introduzione 

I chirurgi veterinari affrontano quotidianamente numerosi dilemmi etici e situazioni difficili; trattare un animale malato terminale o fare l'eutanasia ad un paziente di lunga data, consolando al tempo stesso il proprietario sconvolto, può essere emotivamente pesante.
Figura 1. I chirurgi veterinari affrontano quotidianamente numerosi dilemmi etici e situazioni difficili; trattare un animale malato terminale o fare l'eutanasia ad un paziente di lunga data, consolando al tempo stesso il proprietario sconvolto, può essere emotivamente pesante.© Shutterstock

Come veterinari, non sempre ci rendiamo conto che, data la complessità del nostro lavoro, siamo ad alto rischio di compassion fatigue1. Ci si sente su delle “montagne russe emotive” quando si pratica l'eutanasia ad un paziente di lunga data, per poi festeggiare l'introduzione del nuovo cucciolo in una famiglia, quindi gestire un caso di crudeltà verso gli animali o problemi medici complessi. Tutto questo crea alti e bassi di grande impatto emotivo, che si susseguono a volte anche in un solo giorno (Figura 1). Uno studio riporta che, nel proprio lavoro, il 57% dei veterinari affronta uno o due dilemmi etici alla settimana 1, mentre un altro studio ha stimato come il 40% dei veterinari soffra di depressione o sia borderline per questa condizione 2. Per questo motivo, continuano a essere condotte ricerche relative alle cause del burnout, della compassion fatigue, e del perché i tassi di problemi relativi all’igiene mentale siano superiori alla media fra i Medici Veterinari 1.

1 La compassion fatigue è una condizione caratterizzata da esaurimento emotivo e fisico che riduce la capacità di empatizzare o provare compassione per il prossimo, e viene spesso indicata come il prezzo negativo pagato da chi offre assistenza sanitaria (Wikipedia).

Uno studio condotto dal CDC (Centers for Disease Control and Prevention2) ha rivelato che circa 1 veterinario su 3 soffre d'ansia e 1 su 6 ha considerato il suicidio, con un tasso di suicidi almeno tre volte superiore rispetto alla popolazione generale (Figura 2) 2. Questi riscontri sono allarmanti, e significano che molto probabilmente lavorate con qualcuno che sta lottando contro questa condizione e/o che voi stessi ne state soffrendo. Anche se queste statistiche confermano il fatto che i problemi di salute mentale sono tanto gravi quanto comuni nella nostra professione, la maggior parte dei Medici Veterinari si sente stigmatizzato se cerca aiuto e pensa che questo potrebbe danneggiarne la carriera (Figura 3) 1.

https://www.cdc.gov

La compassion fatigue può contribuire alle immense pressioni subite dai veterinari ed è un fattore associabile ad alcune di queste scioccanti statistiche.
Figura 2. La compassion fatigue può contribuire alle immense pressioni subite dai veterinari ed è un fattore associabile ad alcune di queste scioccanti statistiche.© Sandrine Fontègne

Nello scrivere questo articolo, speriamo di aiutare ad aprire il dialogo su questo tema, condividendo le nostre storie, i nostri insegnamenti e fornendo alcuni strumenti utili per aiutare ad abbattere le barriere per ottenere aiuto. Sappiamo entrambe come ci si sente a lottare e non ce l'avremmo fatta senza il sostegno degli altri. Nel condividere ciò che abbiamo appreso, speriamo di aiutare gli altri nel loro desiderio di proseguire, con piacere, una professione che molti hanno sognato di fare fin da piccoli.

Definire e riconoscere il problema è il primo passo. La compassion fatigue è stata definita dal Dr. Charles Figley, Professore di salute mentale alla Tulane University, Louisiana, come "uno stato estremo di tensione e preoccupazione verso la sofferenza di coloro che vengono assistiti, al punto da creare uno stress traumatico secondario in chi fornisce assistenza." La Dr.ssa Elizabeth Strand, Direttrice di Veterinary Social Work presso l'Università del Tennessee, la descrive invece come "Il risultato del prendere molto a cuore il prossimo e lavorare molto duramente... senza riconoscere e prendersi cura dei propri bisogni."

La compassion fatigue

La compassion fatigue può manifestarsi in molti modi. Burnout, distacco dal lavoro e dalle altre relazioni significative, disturbi del sonno, aumento dell'assunzione di alcol, introspezione o tendenza a rimuginare, depressione e disturbi psicosomatici possono essere tutti indicatori di compassion fatigue (Figura 4). Qualcosa vi suona familiare? È probabile che almeno uno di questi indicatori vi suoni familiare, per questo desideriamo condividere alcuni processi che possono aiutarvi con questi sintomi.

I veterinari sono inclini alla depressione, ma molti temono di essere stigmatizzati aprendosi sui problemi di igiene mentale e credono spesso che la loro carriera sarà danneggiata se lo fanno.
Figura 3. I veterinari sono inclini alla depressione, ma molti temono di essere stigmatizzati aprendosi sui problemi di igiene mentale e credono spesso che la loro carriera sarà danneggiata se lo fanno.© Sandrine Fontègne
La compassion fatigue può manifestarsi in diversi modi, tra cui burnout, disturbi del sonno, aumento dell'assunzione di alcol, introspezione, depressione, e disturbi psicosomatici.
Figura 4. La compassion fatigue può manifestarsi in diversi modi, tra cui burnout, disturbi del sonno, aumento dell'assunzione di alcol, introspezione, depressione, e disturbi psicosomatici.© Sandrine Fontègne

Oltre a prendervi cura di voi stessi, è importante che iniziate a parlare con i vostri colleghi quando riconoscete i sintomi in loro. Potrebbero non avere gli strumenti adatti per farvi fronte, per questo è importante aiutarsi a vicenda. Come comunità, dobbiamo migliorare nel riconoscere, rimuovere lo stigma e cercare assistenza su questo importante argomento: potrebbe letteralmente salvare una vita. Più sospendiamo il giudizio e partecipiamo a queste conversazioni, più la nostra professione diventerà sana.

È anche importante capire che il rischio di compassion fatigue non è qualcosa che possiamo rimuovere completamente dalle nostre vite, essendo intrinseco nel lavoro che facciamo. Come veterinari, il nostro scopo è trattare e curare i nostri pazienti, ma la compassion fatigue non si può curare; tuttavia, possiamo gestirla. Quindi dobbiamo imparare come fare il nostro lavoro e prenderci cura di noi stessi allo stesso tempo. Questo richiede pianificazione e pratica.

Riconoscere il disagio emotivo

Una volta messe le cose nero su bianco, iniziamo a capire perché le statistiche sopra riportate siano così rilevanti per la nostra professione. Quindi, come possiamo riconoscere il disagio emotivo in noi stessi e negli altri?

Dana Novara

È importante riconoscere che il rischio di compassion fatigue non è qualcosa che possiamo rimuovere del tutto dalla nostra vita, essendo intrinseco nel lavoro che facciamo.

Dana Novara

La storia di Dana:

Avevo finito da due anni il corso di laurea e lavoravo come medico responsabile in una struttura per piccoli animali con un buon giro d’affari gestita da quattro veterinari. Come direttrice, ritenevo che fosse mia responsabilità non solo prendermi cura dei miei pazienti e clienti, ma anche del mio team. Quello che non capivo è che stavo cercando di proteggerli dalle emozioni negative facendomene carico io.

Trovavo spesso i miei giorni pieni di appuntamenti per eutanasie, e sentivo i miei colleghi dire cose come: "Fissale alla Dott.ssa Novara, tanto a lei non importa." Alla fine, hanno iniziato a chiamarmi "Dr.ssa Morte." Mi sono detta che era un complimento, che apprezzavano il fatto che potessi gestire le eutanasie al posto loro, perché forse non mi pesava quanto a loro. Sfortunatamente, ho imparato a mie spese che non ero sincera con me stessa. Un giorno mi sono ritrovata con cinque eutanasie da fare. L'ultima della giornata era con un mio adorato paziente di lunga data. Non solo è stata difficile da superare, ma ho anche dovuto trattenermi oltre l'orario di lavoro, cosa che mi ha impedito di tornare a casa per una riunione tra amici. Sono uscita dalla sala da visita e mi sono detta "non fargli vedere che sto piangendo".

Ero così scossa che tornando a casa sono quasi uscita di strada; ho telefonato a mio marito e mi sono messa ad urlare, ricordo di aver sentito dire a me stessa dire "Vorrei essere uscita di strada". Ancora oggi credo che non lo volessi realmente, ma non avrei dovuto permettere a me stessa di toccare il fondo prima di fermarmi ad ascoltarmi. Attraverso l'amore e il sostegno di mio marito, sono riuscita a capire che la mia mente stava cercando di dirmi che non stavo bene e che le cose dovevano cambiare. Insieme, abbiamo elaborato un piano per parlare con il mio gruppo e mettere dei paletti al lavoro.

La compassion fatigue può assumere molte forme e presentarsi in modi diversi, a seconda della persona e della situazione, come dimostra la storia di Kimberly.

La storia di Kimberly:

Come perfezionista di "tipo A" (un individuo perfezionista, fortemente motivato e molto autocritico), che ha lavorato a tempo pieno per tutta la durata degli studi e che ha poi trovato il lavoro dei suoi sogni in una struttura privata con numerosi clienti, non ho mai fatto altro che lavorare dalla mattina alla sera, mettendomi costantemente alla prova per imparare e fare di più. Col passare del tempo, lavorare è diventata la mia unica ragione di vita. Quando non avrei dovuto essere in clinica, stavo comunque lavorando, in modo che altri potessero andare in vacanza o prendersi una giornata di malattia. Sono arrivata al punto in cui non c'era più felicità o gioia nella mia vita perché il lavoro consumava ogni minuto di ogni giorno.

A essere del tutto franchi, ne ero completamente inconsapevole finché, un giorno, mio marito mi ha aiutata a vedere come era diventata sbilanciata la mia vita. Più lavoravo, più avevo bisogno di lavorare per dimostrare a me stessa di essere "abbastanza brava", ma mi stava costando la salute fisica e mentale, oltre che le mie relazioni. Mi sono resa conto che soffrivo di mancanza di fiducia in me stessa, una condizione spesso definita "sindrome dell'impostore", e questa si stava rapidamente trasformando in compassion fatigue, sotto forma di burnout. Mi è apparso chiaro che, se avessi continuato in quel modo, non sarei sopravvissuta in questa professione.

Così ho preso decisioni che mi avrebbero permesso di ritrovare un equilibrio, e ho definito nettamente i fattori scatenanti che avrebbero potuto farmi ricadere nelle vecchie abitudini. Sono diventata molto chiara sui miei obiettivi e propositi, e continuo a fare verifiche su me stessa per accertarmi di sentirmi in equilibrio. Conosco i segni e li discuto apertamente con le persone che mi circondano, in modo che possano aiutarmi a identificarli precocemente.

Creare un piano e prendervi cura di voi

Per contribuire a prevenire lo stress emotivo, valutate la creazione di un piano con l'obiettivo di prendervi cura di tutto il vostro "io" e migliorare la vostra resilienza nelle circostanze difficili. Un piano efficace ci consente di liberare le emozioni bloccate che ci portiamo dentro durante il giorno. Dovrebbe essere diversificato, continuamente mutevole e in costante evoluzione, parte del lavoro quotidiano della nostra vita.

Detto questo, iniziamo dicendo che il nostro stato generale è fortemente influenzato dai cinque elementi chiave della salute e del benessere: Corpo Sano, Mente Sana, Carriera Sana, Comunità Sana e Finanze Sane. Se scomponiamo ognuna di queste categorie e ci prendiamo il tempo necessario per pensare all'importanza di ognuna di esse, riusciamo a settare un piano che possa aiutarci ad affrontare la compassion fatigue (Figura 5).

Elaborare un piano che comprenda i cinque elementi chiave della salute e del benessere può aiutare a sviluppare la resilienza per far fronte alle circostanze difficili.
Figura 5. Elaborare un piano che comprenda i cinque elementi chiave della salute e del benessere può aiutare a sviluppare la resilienza per far fronte alle circostanze difficili.© Sandrine Fontègne

Il concetto di Corpo Sano non significa solo esercizio fisico. Include anche quantità e qualità adeguate del sonno, abitudini alimentari corrette e possibilità di accesso all'assistenza sanitaria per prevenire e curare eventuali disturbi. Questo si lega strettamente al concetto di Mente Sana: avere consapevolezza e accettare i propri sentimenti è un aspetto fondamentale nella gestione della propria salute. Crearsi una routine per l'esercizio fisico, l'alimentazione e il sonno è importante per il corpo, ma come crearsi una routine per la mente? È qui che entra in gioco la mindfulness. Concettualmente potrebbe essere paragonata ad insegnare a se stessi ad essere il direttore dei propri pensieri; in altre parole, allenare il cervello a concentrarsi sul presente, prestando attenzione alla mente, al corpo, e all'ambiente qui ed ora, invece di fare ciò che fa generalmente la maggior parte di noi, cioè vagare con la mente attraverso pensieri che si concentrano su preoccupazioni, messaggi negativi o critici, al "cosa succederebbe se" e ai fallimenti passati. Proprio come nell'esercizio fisico, allenare il cervello alla mindfulness richiede pratica.

Quando si parla di carriera sana, la fortuna della nostra professione è che è già ampiamente guidata da passione e da uno scopo: facciamo un lavoro che è importante per noi. È altrettanto importante però svolgere un lavoro che sia sostenibile: dedicate tempo a delineare come volete che sia la vostra carriera e cosa conta di più per voi sul lavoro.

È altrettanto importante restare in contatto con persone al di fuori del lavoro, che forniscano supporto, empatia ed un impegno comune. Chi è la vostra famiglia, compagnia di amici o il vostro gruppo sociale? Lo sviluppo e il mantenimento di una comunità sana è fondamentale, perché il nostro lavoro, sebbene guidato da uno scopo, non può essere sostenuto senza supporto. Sentirsi connessi, tramite social network, progetti di volontariato o hobby al di fuori del lavoro, può consentirvi di indirizzare i vostri pensieri verso qualcosa di positivo, e aiuta a creare relazioni con gli altri che possano supportarvi nei momenti difficili.

L'ultima componente nel prendersi cura di tutto il vostro "io" include il concetto di Finanze Sane. Gli obblighi finanziari verso la famiglia, l'abitazione e la tassazione pesano su di noi ogni giorno. Il primo passo verso il benessere finanziario è sapere a che livello vi trovate, in modo da poter elaborare un piano realistico rispetto ai vostri obiettivi. Un piano realistico e attuabile aumenta quindi di molto le probabilità di soddisfare determinati obiettivi finanziari, fornendovi una base stabile per continuare nella giusta direzione. Dovete conoscere a che livello vi trovate ora e non mentirvi, per formulare il giusto piano a lungo termine per il vostro benessere finanziario. Cercare assistenza e supporto da un consulente finanziario è un modo utile per mettersi sulla strada giusta.

Durare (LAST) nella professione veterinaria

Nei momenti di necessità possono essere impiegati vari strumenti per far fronte alle avversità; il metodo LAST (Listen, Accept, Seek, Test – Ascoltare, accettare, cercare, testare) può essere estremamente utile in tali situazioni.
Figura 6. Nei momenti di necessità possono essere impiegati vari strumenti per far fronte alle avversità; il metodo LAST (Listen, Accept, Seek, Test – Ascoltare, accettare, cercare, testare) può essere estremamente utile in tali situazioni.© Shutterstock

Avere un piano è un ottimo strumento a lungo termine per aiutarvi a mantenere la salute e il benessere. Ma dato che non possiamo correre il rischio di soffrire di compassion fatigue a causa del lavoro, è anche importante disporre di strumenti e risorse che ci aiutino nei momenti di bisogno (Figura 6). Uno di questi strumenti, sviluppato negli ospedali Banfied, si basa sull'acronimo L.A.S.T. che sta per Listen, Accept, Seek, Test (ascoltare, accettare, cercare, testare). Ricordatelo pensando: "Se voglio resistere in questa professione, ho bisogno di durare (to last in inglese). Seguire i passaggi descritti di seguito può aiutarvi a sbloccare le vostre emozioni rapidamente.

Dopo una visita emozionalmente intensa, aver gestito un cliente arrabbiato, o un’eutanasia, il vostro primo istinto potrebbe essere quello di compartimentalizzare le vostre emozioni per arrivare a fine giornata. Sebbene la nostra professione richieda una certa competenza in termini di compartimentalizzazione, non sarete immuni dal pagare un tributo per il vostro benessere. La prossima volta che succede, provate a fare una piccola pausa e ascoltate il vostro corpo. Forse vi fa male la schiena, oppure siete affamati, tristi, o frustrati. Tutte queste cose sono reali e devono essere affrontate.

Dopo aver "ascoltato", è tempo di "accettare". Può sembrare un concetto astratto, tuttavia, spesso ci giudichiamo severamente dicendoci cose come: "Sono il Medico, non dovrei piangere" oppure "Ho troppo da fare per fermarmi a pranzare" o ancora "Mi fa male la schiena ma posso farcela." Spesso è difficile, nelle nostre giornate piene di incombenze, permettere a noi stessi di accettare come stiamo realmente, ma è fondamentale fare pratica ad accettare senza giudizio.

Da qui, occorre cercare un piano. Invece di giudicare voi stessi per come vi sentite, pensate a una possibile soluzione. Forse dovete andare da qualche parte per piangere, o chiedere supporto a un collega, oppure fare una pausa più lunga per mangiare qualcosa, o ancora cinque minuti di meditazione o stretching. L'importante non è che risolviate subito ciò che sentite, ma che stiate tentando di farlo. Qualunque cosa stiate sentendo, che giudichiate voi stessi o meno, è qualcosa di reale. Quando ignorate questo fatto e non fate nulla, le vostre emozioni e lesioni fisiche possono iniziare ad accumularsi.

Kimberly-Ann Therrien

Per contribuire a prevenire il distress emotivo, createvi un piano con l'obiettivo di prendervi cura di tutto il vostro "io”, migliorando la vostra resilienza nelle circostanze difficili.

Kimberly-Ann Therrien

Infine, cercate una soluzione e testatela. Se ciò che avete tentato non sembra aiutarvi, provate qualcosa di diverso la prossima volta. La compassion fatigue non è una condizione statica, quindi altrettanto vale per la soluzione.

Vediamo un esempio reale dell'uso dell'acronimo LAST:

Ho appena fatto la quarta eutanasia del giorno, ed è la Vigilia di Natale. Salgo in macchina per tornare a casa due ore dopo il previsto. Sento un peso e faccio fatica a concentrarmi sulla guida. Decido che sarebbe meglio per me fermarmi un momento: proviamo ad applicare il metodo LAST.

Ascoltare (L): mi rendo conto che stavo trattenendo il respiro, sento un peso sul petto quando respiro. Ho la vista appannata e sto digrignando i denti. Ho una profonda tristezza che non riesco a scacciare, ma so che sono in ritardo per festeggiare, cosa che mi fa anche sentire in colpa e tanto sola.

Accettare (A): mi rendo conto che, pur essendo conosciuta come quella che "gestisce" bene l'eutanasia, stavo solo nascondendo la tristezza che provo ogni volta. Mi sento sopraffatta, triste e colpevole. Ho bisogno di urlare, piangere, o entrambe le cose.

Cercare (S): dal momento che ho voglia di urlare o piangere, forse quello è il modo migliore per iniziare. Parto dalle urla, perché è più facile. Sono imbarazzata: ma sola nella mia auto, cercando di sospendere il giudizio su me stessa, ho urlato sempre più forte e poi ho pianto. Comincio a sentirmi meglio, infatti riesco a smettere di piangere.

Testare (T): ora sento di poter respirare di nuovo facilmente. Mi sento meno sopraffatta, ora che ho espresso i miei sentimenti riguardo la mia giornata. Penso che il prossimo passo sia asciugarmi gli occhi e tornare a casa, dove potrò parlare della giornata con il mio partner, e non mi sentirò più sola.

Questi passaggi ci aiutano ad evidenziare come questo metodo possa esservi utile sul momento per scaricare le emozioni bloccate. Tuttavia, l'acronimo LAST non serve solo in questi casi; piccoli momenti ed emozioni si accumulano nel tempo, e meglio metterete in pratica la mindfulness e sbloccherete le più piccole emozioni non appena si presentano, maggiori saranno le possibilità di proseguire con questa meravigliosa professione. Al termine di questo articolo sono elencate alcune risorse che possono essere utili, inclusi libri, siti Web e app.

Risorse addizionali

Siti Web

App

  • CALM: meditazioni consapevoli e aiuto per addormentarsi
  • Headspace: meditazione consapevole
  • SAM: gestione dell'ansia in auto-aiuto
  • Happify: attività e giochi basati sull'evidenza per ridurre lo stress e le emozioni negative

Mentre continuiamo a fare ricerca per comprendere la compassion fatigue nell'ambito della professione veterinaria, dobbiamo iniziare ad elaborare modalità per affrontarla. Definire la compassion fatigue e imparare a riconoscerla in noi stessi e negli altri è il primo passo. Cercate di discutere con i colleghi quando ne osservate i sintomi, anche se può essere difficile parlarne. Create un piano sostenibile per prendervi cura di voi stessi e aiutatevi a prevenirne gli effetti. Inoltre, e soprattutto, assicuratevi di agire immediatamente quando siete più stressati magari applicando il metodo LAST. Aiutiamo gli animali e le famiglie a vivere, ma non possiamo continuare ad aiutare gli altri senza prima aiutare noi stessi. Le persone chiamate a svolgere questa professione dovrebbero non solo essere in grado di sopravvivere, ma anche di stare bene.

Riferimenti

  1. Bartram DJ, Baldwin DS. Veterinary surgeons and suicide: a structured review of possible influences on increased risk. Vet Rec 2010;166(13);388-397.
  2. Nett RJ, Witte TK, Holzbauer SM, et al. Notes from the field: Prevalence of risk factors for suicide among veterinarians — United States, 2014. Centers for Disease Control and Prevention. Morb Mortal Wkly Rep 2015;64(05);131-132.

Ulteriori Letture

  1. Kabat-Zinn J. Full Catastrophe Living; Coping with stress, pain and illness, using mindfulness meditation. London, Piatkus, 2013.

  2. Fisher R, Ury W, Patton B. Getting to Yes Without Giving In. Bicester UK; Baker and Taylor, 2011.

  3. Kabat-Zinn J. Wherever You Go, There You Are. London, Piatkus, 2004.

  4. Figley C, Roop R. Compassion Fatigue in the Animal Care Community. Washington DC, Humane Society Press, 2006.

  5. Dana D. Conflict Resolution New York, MacGraw-Hill, 2001.

  6. Marshall Rosenberg Non-Violent Communication Encinitas, CA; PuddleDancer Press, 2015.

Kimberly-Ann Therrien

Kimberly-Ann Therrien

Laureata all'Università di Montreal, la Dr.ssa Therrien è entrata a far parte del Banfield Pet Hospital nel 2006 come veterinario associato e ha ricoperto Scopri di più

Dana Novara

Dana Novara

Dopo essersi laureata all'Università del Minnesota nel 2008, la Dr.ssa Novara ha lavorato per qualche tempo in una struttura per piccoli animali prima di Scopri di più

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