Valutazione del dolore nel cane: la Glasgow Pain Scale
Il dolore è un’esperienza emotiva personale sgradevole. Ha 3 caratteristiche : Sensoriale o discriminante (posizione, intensità, qualità, durata)...
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Numero 25.3 altro: scientifici
Pubblicato il 14/04/2021
Disponibile anche in Français , Deutsch , Español e English
La capacità di riconoscere i segni clinici compatibili con uno stato neurologico declinante è fondamentale nella gestione dei gatti che hanno subito un trauma cranico. Qualsiasi trauma abbastanza significativo, in grado di causare una lesione cerebrale avrà effetti sistemici che possono essere pericolosi per la vita.
In qualsiasi gatto che sia stato coinvolto in un evento traumatico, prima di concentrarsi sul sistema nervoso è essenziale una valutazione sistemica approfondita.
L’esame neurologico del gatto con lesione cranica può essere condensato valutando lo stato mentale, la funzione degli arti e i riflessi pupillari.
La diagnostica per immagini del cervello nel gatto con trauma cranico può contribuire a identificare le cause della disfunzione neurologica ma porta raramente a un trattamento chirurgico.
La fluidoterapia è essenziale per tutti i gatti che hanno subito una lesione cranica e deve concentrarsi sul ripristino della pressione arteriosa sistemica.
L’ossigenoterapia a flusso libero è raccomandata come trattamento di prima linea per i gatti con lesione cerebrale traumatica.
Parametro | Obiettivo suggerito | Trattamento suggerito |
---|---|---|
Esame neurologico Modified | Glasgow Coma Scale (MGCS) >15 |
Garantire il sollevamento della testa (30º)
Accertarsi di affrontare tutti i punti seguenti Considerare il mannitolo (vedere sotto) Considerare la chirurgia (vedere testo) |
Pressione arteriosa | MPA 80-120 mmHg |
Regolare la fluidoterapia
Supporto pressorio (dopamina 2-10 μg/kg/minuto) |
Gas ematici |
PaO2 ≥ 90 mmHg
PaCO2 < 35-40 mmHg
|
Integrazione di ossigeno
Considerare la ventilazione attiva |
Pulsossimetria | SPO2 ≥ 95% |
Integrazione di ossigeno
Considerare la ventilazione attiva |
Frequenza e ritmo cardiaci |
Evitare tachicardie e bradicardie
Evitare le aritmie |
Regolare la fluidoterapia
Trattare il dolore Affrontare la PIC Trattare specificamente le aritmie |
Pressione venosa centrale | 5-12 cm H2O | Regolare la fluidoterapia |
Frequenza e ritmo respiratori | 10-25/minuto | Ventilare, se necessario |
Temperatura corporea | 37-38.5 °C | Riscaldamento o raffreddamento passivo |
Elettroliti | (Vedere i singoli valori di laboratorio normali) | Regolare la fluidoterapia |
Glucosio ematico | 4-6 mmol/L (67-168 mg/dL) |
Regolare la fluidoterapia
Considerare la somministrazione di destrosio |
Pressione intracranica | 5-12 mmHg | Come per le anomalie della MGCS (vedere piano d’azione in Figura 4) |
L’accertamento iniziale deve coinvolgere la valutazione del sistema respiratorio e cardiovascolare del paziente. È necessario stabilire e mantenere la pervietà delle vie aeree, se necessario tramite intubazione endotracheale. I ritmi respiratori possono essere influenzati dal trauma toracico ma possono anche essere secondari alla lesione cerebrale. L’auscultazione del torace può rilevare una patologia polmonare o aritmie cardiache. Il sistema cardiovascolare deve essere valutato monitorando la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa e l’elettrocardiografia. Un elettrocardiogramma può dimostrare aritmie cardiache secondarie a miocardite traumatica, shock sistemico o lesione cerebrale. L’analisi del sangue arterioso e le concentrazioni di lattato possono fornire ulteriori informazioni sulla perfusione sistemica e la funzione respiratoria 1 2 3 4.
Una volta che il paziente è stabile, sono raccomandate radiografie del torace e dell’addome per valutare eventuali contusioni polmonari, pneumotorace e lesioni addominali. Le contusioni polmonari sono comuni dopo un trauma ed è possibile che non abbiano ancora raggiunto la massima gravità fino a 24 ore dopo la lesione. Il trauma può anche provocare lesioni agli organi addominali, per cui si raccomanda di valutare l’addome tramite radiografia e ecografia alla ricerca di fluido libero, come ad esempio sangue o urina, che potrebbe richiedere un’ulteriore terapia. Si dovrebbe inoltre valutare l’esecuzione di radiografie delle vertebre cervicali, poiché spesso il trauma cranico può essere accompagnato da fratture e lussazioni di queste ossa.
Tutti i pazienti con trauma cranico devono ricevere una valutazione neurologica 1 2 3 4 5. Inizialmente, la valutazione dello stato neurologico deve essere effettuata ogni 30-60 minuti; la valutazione frequente consente di monitorare l’efficacia del trattamento e riconoscere precocemente l’eventuale stato di deterioramento.
Nei pazienti veterinari è stata sviluppata una scala, la Modified Glasgow Coma Scale (MGCS), per fornire una valutazione obiettiva e consentire decisioni diagnostiche e terapeutiche razionali. La scala valuta tre parametri: attività motoria, riflessi del tronco cerebrale e livello di coscienza, che consentono il monitoraggio iniziale e seriale dei pazienti nel periodo che segue la lesione (Tabella 2). Ogni parametro viene valutato con criteri oggettivi e prevede valori da 1 a 6, dove i punteggi più bassi sono assegnati ai segni clinici più gravi. Il punteggio di ogni parametro viene sommato agli altri per determinare il Coma Score del paziente, che varia da 3 a 18 e può essere usato per guidare le decisioni di trattamento e la prognosi 5.
Attività motoria | Punteggio | Riflessi del tronco cerebrale | Punteggio | Livello di coscienza | Punteggio |
---|---|---|---|---|---|
Andatura normale, riflessi spinali normali | 6 | Riflessi pupillari e oculocefalici normali | 6 | Periodi di vigilanza e risposta all'ambiente saltuari | 6 |
Emiparesi, tetraparesi o attività da decerebrazione | 5 | Riflessi pupillari rallentati e riflessi oculocefalici normali o ridotti | 5 | Depressione o delirio, capacità di risposta ma possibilità di risposta inappropriata | 5 |
Decubito, rigidità estensoria intermittente | 4 | Miosi bilaterale non reattiva con riflessi oculocefalici normali o ridotti | 4 | Semicomatoso, reattivo agli stimoli visivi | 4 |
Decubito, rigidità estensoria costante | 3 | Pupille puntiformi con riflessi oculocefalici ridotti o assenti | 3 | Semicomatoso, reattivo agli stimoli uditivi | 3 |
Decubito, rigidità estensoria costante con opistotono | 2 | Midriasi unilaterale non reattiva con riflessi oculocefalici ridotti o assenti | 2 | Semicomatoso, reattivo solo a stimoli nocivi ripetuti | 2 |
Decubito, ipotonia muscolare, riflessi spinali depressi o assenti | 1 | Midriasi bilaterale non reattiva con riflessi oculocefalici ridotti o assenti | 1 | Semicomatoso, non reattivo a stimoli nocivi ripetuti | 1 |
Il primo parametro descrive l’attività motoria del paziente, il tono degli arti e la postura. L’attività motoria volontaria è classificata come normale, paretica o in decubito. I pazienti mantengono tipicamente un certo grado di attività motoria volontaria, persino in caso di stati alterati della coscienza, purché non comatosi. Le anomalie della funzione motoria riflettono solitamente lesioni del tronco cerebrale o del midollo spinale, con le ultime che possono complicare la valutazione del trauma cranico 5.
La postura dell’animale dopo un trauma cranico può inoltre fornire informazioni sulla posizione e il grado della lesione cerebrale. La rigidità da decerebrazione (Figura 1) può essere secondaria al trauma cerebrale e suggerisce una lesione cerebrale grave; questa postura comporta una prognosi sfavorevole, poiché riflette la perdita di comunicazione tra il cervello e il tronco cerebrale. Gli animali con rigidità da decerebrazione hanno opistotono con iperestensione di tutti e quattro gli arti e sono stuporosi o comatosi, con reazioni anomale del riflesso pupillare. Questa condizione va differenziata dalla rigidità da decerebellazione, che suggerisce un danno cerebellare acuto e può causare flessione o estensione degli arti pelvici; tuttavia, la coscienza può essere normale.
Il livello di coscienza del paziente fornisce informazioni sulla funzione della corteccia cerebrale e sul sistema di attivazione reticolare ascendente del tronco cerebrale. La coscienza può essere descritta come normale, depressa od obnubilata, stuporosa o comatosa. Un animale è in stupor se è parzialmente o completamente incosciente ma risponde agli stimoli nocivi. Un paziente in coma è incosciente e non può essere svegliato dagli stimoli nocivi. Il coma indica tipicamente una lesione grave del cervello o del tronco cerebrale e comporta una prognosi riservata.
La diagnosi di lesione cerebrale traumatica si basa principalmente su un’anamnesi compatibile, accompagnata da segni clinici di disfunzione neurologica intracranica. Tuttavia, possono essere utilizzati ulteriori test per confermare la posizione e l’estensione della lesione. È importante sottolineare che la diagnostica per immagini avanzata del cervello, cioè tomografia computerizzata (TC) e risonanza magnetica (RM), va riservata ai pazienti che non rispondono al trattamento iniziale o a quelli che peggiorano, nonostante la terapia aggressiva. Entrambe le modalità di diagnostica per immagini richiedono l’anestesia, che può destabilizzare il paziente con trauma cranico, a meno che non sia comatoso alla presentazione.
La radiografia del cranio può rivelare le fratture calvariali ma non fornisce informazioni relative al parenchima cerebrale. Le radiografie possono essere difficili da interpretare data l’irregolarità delle ossa del cranio ed è necessaria l’anestesia per un posizionamento preciso, che può essere controindicato nel paziente con lesioni acute. Tuttavia, dopo un trauma cranico, la radiografia non va limitata al cranio ma includere la colonna vertebrale, il torace e l’addome alla ricerca di un’evidenza di altre lesioni.
La TC permette una valutazione superiore delle strutture ossee ed è preferibile alla radiografia convenzionale, soprattutto considerando le capacità di ricostruzione 3-D 6. Inoltre, la TC può essere utilizzata per diagnosticare condizioni come emorragia intracranica, alterazioni nelle dimensioni o nella forma dei ventricoli, deviazione della linea mediana ed edema. Non fornisce un valido dettaglio dei tessuti molli del parenchima cerebrale ma grazie alla velocità di acquisizione delle immagini è spesso la modalità preferita per valutare il paziente umano con trauma cranico che deve essere operato.
La RM consente un dettaglio superiore dei tessuti molli e viene preferita nella valutazione del cervello, in particolare la fossa caudale che non è visualizzata adeguatamente con la TC. La RM permette di rilevare alterazioni parenchimali subdole che possono sfuggire alla TC e può fornire informazioni sulla prognosi. Ematomi o emorragia, contusioni parenchimali ed edema sono facilmente evidenti sulle immagini RM (Figura 3). Un recente studio ha correlato i riscontri della RM con la prognosi in pazienti veterinari con trauma cranico e il suo uso può quindi essere di ulteriore beneficio 7. In particolare, l’identificazione dell’effetto massa e della compressione ventricolare a opera della lesione parenchimale può essere un indicatore prognostico sfavorevole, che richiede di considerare un intervento di decompressione.
L’obiettivo della fluidoterapia per il paziente con trauma cranico è ripristinare uno stato normovolemico; è deleterio disidratare un animale nel tentativo di ridurre l’edema cerebrale. Per garantire la normovolemia e mantenere un’adeguata pressione di perfusione centrale sono necessari fluidoterapia aggressiva e monitoraggio sistemico 1 2 3 4 8.
Allo stesso tempo, vanno somministrati fluidi ipertonici, con cristalloidi e con colloidi per contribuire a ripristinare e mantenere il volume ematico post-traumatico. Solitamente, i cristalloidi sono indicati inizialmente per il trattamento dello shock sistemico. La dose per lo shock delle soluzioni elettrolitiche bilanciate è di 60 ml/kg 1 2 3 4 8 ae si raccomanda di fornire la dose calcolata in frazioni, somministrando inizialmente il 25-33% del volume totale, quindi rivalutando spesso il paziente per vedere se tornano alla norma la pressione arteriosa, lo stato mentale e la pressione venosa centrale (se monitorata), fornendo frazioni supplementari a effetto.
La fluidoterapia ipertonica e con colloidi può ripristinare rapidamente il volume ematico utilizzando la rianimazione con basso volume di fluidi; inoltre, i fluidi con colloidi restano nella vascolarizzazione più a lungo dei fluidi con cristalloidi. Questi fluidi vanno usati con cautela, perché senza la concomitante somministrazione di soluzioni di cristalloidi può svilupparsi disidratazione. Altri vantaggi dei fluidi ipertonici includono la capacità di migliorare la gittata cardiaca, ripristinare la normovolemia e ridurre l’infiammazione post-traumatica. La soluzione salina ipertonica può essere la preferita nei pazienti ipovolemici e ipotesi con pressione intracranica (PIC) aumentata poiché migliora rapidamente la pressione di perfusione cerebrale e il flusso ematico grazie al ripristino del volume ematico intravascolare. Inoltre, il contenuto elevato di sodio estrae il fluido dagli spazi interstiziali e intracellulari, riducendo la pressione intracranica. La soluzione salina ipertonica è controindicata in presenza di disidratazione sistemica e ipersodiemia. La soluzione salina ipertonica resta nella vascolarizzazione solo per circa un’ora; pertanto deve essere seguita dai colloidi per massimizzarne gli effetti. Nei gatti, somministrare una dose di 2-4 ml/kg di NaCl al 7,5% nel giro di 5-10 minuti 1 2 3.
I colloidi (vale a dire, hetastarch, Destrano-70) permettono la rianimazione con basso volume di fluidi, soprattutto se le concentrazioni proteiche totali sono inferiori a 50 g/l oppure 5 g/dl. Anche i colloidi estraggono fluido dagli spazi interstiziali e intracellulari, ma hanno l’ulteriore vantaggio di rimanere all’interno dello spazio intravascolare più a lungo dei cristalloidi. Hetastarch viene tipicamente fornito a 2-4 ml/kg nel giro di 5-10 minuti, con frequente rivalutazione del paziente; è possibile somministrare una dose totale di 20 ml/kg/die. Oltre alla rianimazione di volume, occorre considerare la capacità di trasporto dell’ossigeno, soprattutto se l’ematocrito (volume della componente corpuscolare) è < 30%.
I pazienti con trauma cranico devono essere posizionati in modo da massimizzare la circolazione arteriosa verso il cervello e migliorare il drenaggio venoso; ciò si ottieneal meglio sollevando la testa dell’animale con un angolo di 30°. È importante garantire che le vene giugulari non siano occluse e che non vengano collocati collari che stringono intorno al collo, poiché alzerebbero la pressione intracranica (PIC).
L’obiettivo dell’ossigenoterapia e della gestione della ventilazione è mantenere la PaO2 almeno pari a 90 mmHg e la PaCO2 inferiore a 35-40 mmHg. Se il paziente è in grado di ventilare spontaneamente e in modo efficace, l’ossigeno supplementare deve essere somministrato a “flusso libero”, tenendo tuttavia presente che il confinamento all’interno di una gabbia a ossigeno impedisce il monitoraggio frequente. Se possibile, vanno evitati maschere e cateteri nasali, perché l’eventuale ansia associata può contribuire all’aumento della PIC (Figura 5).
I gatti con lesione cranica grave richiedono la ventilazione meccanica per mantenere le concentrazioni di gas nel sangue arterioso ai livelli ottimali. Le indicazioni assolute per la ventilazione meccanica includono perdita di coscienza, salita della PaCO2 sopra 50 mmHg e caduta della saturazione dell’ossigeno capillare periferico (SpO2) 1 2 3 4 8, nonostante un trattamento adeguato.
L’aumento della PIC può essere affrontato aggressivamente con la somministrazione di diuretici osmotici, come ad esempio il mannitolo ma questi non vanno somministrati al paziente senza la certezza che nell’animale sia stata ristabilita la volemia. In caso contrario, il loro uso può far precipitare l’insufficienza renale acuta e per questo sono riservati come terapie di 2a linea. Dopo la somministrazione, il mannitolo espande il volume plasmatico e riduce la viscosità ematica. Questo migliora il flusso ematico cerebrale e l’erogazione di ossigeno al cervello, abbassando di conseguenza la PIC grazie alla riduzione dell’edema. La vasocostrizione è una sequela dell’aumento della PaO2, che contribuisce a diminuire la PIC. Inoltre, l’effetto osmotico del mannitolo riduce il volume di fluido extracellulare nel cervello 1 2 3 4 8 e contribuisce a eliminare i radicali liberi che favoriscono i processi lesionali secondari 9.
Il mannitolo deve essere somministrato come bolo (0,5-2 g/kg) nel giro di 15 minuti al fine di ottimizzare l’effetto di espansione del plasma; le infusioni continue aumentano la permeabilità della barriera ematoencefalica, aggravando l’edema. Basse dosi di mannitolo sono efficaci nella riduzione della PIC tanto quanto le dosi maggiori ma non durano altrettanto a lungo. Il mannitolo riduce l’edema cerebrale circa 15-30 minuti dopo la somministrazione e il suo effetto dura circa da due a cinque ore. La somministrazione ripetuta può causare diuresi determinando volume plasmatico ridotto, osmolarità aumentata, disidratazione intracellulare, ipotensione e ischemia, per cui è fondamentale un’adeguata terapia isotonica con cristalloidi e colloidi per mantenere l’idratazione.
La somministrazione di furosemide (0,7 mg/kg) prima del mannitolo ha un effetto sinergico nel ridurre la PIC. L’uso del mannitolo va riservato ai pazienti critici (MGCS < 8), al paziente che sta peggiorando o quello che non risponde ad altro trattamento; non esiste attualmente alcuna evidenza per sostenere l’idea che il mannitolo sia controindicato nell’emorragia intracranica.
Simon Platt
Simon Platt, College of Veterinary Medicine, University of Georgia, Athens, Georgia, Stati Uniti Scopri di più
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