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Veterinary Focus

Numero 26.1 Apparato gastrointestinale

Parvovirus canino

Pubblicato il 24/03/2021

Scritto da Nicola Decaro

Disponibile anche in Français , Deutsch , Español e English

Il parvovirus canino (CPV) è un piccolo virus sprovvisto di involucro esterno costituito da un capside sferico (composto da tre proteine VP1, VP2 e VP3) che contiene una molecola di DNA lineare, a singolo filamento, che codifica per due proteine non strutturali (NS1 e NS2) e due proteine strutturali (VP1 e VP2). 

Immagine in microscopia elettronica di particelle del parvovirus con colorazione negativa (ingrandimento 25.000 x).

Key points

Il parvovirus canino è il principale agente di gastroenterite acuta nei cuccioli e ha diffusione mondiale.


Tre varianti antigeniche hanno completamente sostituito il ceppo originale, con una distribuzione variabile a seconda dell’area geografica.


I segni clinici tipici comprendono vomito, diarrea emorragica, e leucopenia; i tassi di mortalità possono raggiungere il 60-70% nei canili e rifugi infetti.


I dosaggi rapidi per la diagnosi sono poco sensibili, e questo può richiedere altri test con metodi basati sulla PCR.


Il trattamento è costituito principalmente da una terapia di supporto, anche se sono stati testati parecchi agenti antivirali.


La vaccinazione dei cuccioli è ancora la strategia più efficace per controllare l’infezione, nonostante la possibile interferenza degli anticorpi di origine materna e la sospetta mancata corrispondenza tra ceppi dei virus vaccinali e ceppi di campo.


Introduzione

Il parvovirus canino (CPV) è un piccolo virus sprovvisto di involucro esterno (Figura 1) costituito da un capside sferico (composto da tre proteine VP1, VP2 e VP3) che contiene una molecola di DNA lineare, a singolo filamento, che codifica per due proteine non strutturali (NS1 e NS2) e due proteine strutturali (VP1 e VP2). VP2 è la principale proteina del capside ed è responsabile per l’antigenicità del virus 1 2. La nomenclatura della famiglia Parvoviridae è stata recentemente rivista, per cui CPV viene incluso nella specie unica dei Protoparvovirus 1 dei carnivori insieme al virus della panleucopenia felina (FPLV) e ad altri parvovirus correlati dei carnivori 3.
 

Figura 1. Immagine in microscopia elettronica di particelle del parvovirus con colorazione negativa (ingrandimento 25.000 x). © Nicola Decaro

 

Il CPV è il principale agente di gastroenterite acuta nei cuccioli d’età compresa fra uno e sei mesi. Anche se riconosciuto fin dalla fine degli anni ‘70, il virus continua a rappresentare una grave minaccia per i cani giovani, causa la gravità dei segni clinici e l’interferenza con l’immunizzazione attiva fornita dagli anticorpi di origine materna che possono compromettere il programma vaccinale 1 2. Un altro inconveniente per il controllo della malattia è la circolazione delle varianti di campo (CPV-2a, CPV-2b, CPV-2c) che sono antigenicamente distinte dal ceppo CPV-2 originale, che è ancora contenuto nella maggior parte dei vaccini commerciali. Esistono solo poche variazioni aminoacidiche tra CPV-2 e le sue varianti antigeniche, ma è stato suggerito che la vaccinazione possa offrire una protezione appena parziale, che potrebbe esporre i cani vaccinati all’infezione portata dai ceppi di campo, e talvolta all’esordio della malattia conclamata 4 5 6. La frequenza aumentata della malattia nei cani adulti 4 5 e la capacità delle varianti antigeniche di infettare i gatti, inducendo segni clinici identici a quelli della panleucopenia felina 7 8, sono questioni emergenti che devono essere affrontate. Questa rassegna si concentrerà sugli aspetti clinici, patologici e diagnostici dell’infezione da CPV, con una breve panoramica sulla situazione epidemiologica corrente in diversi paesi e sui protocolli vaccinali raccomandati.

Epidemiologia

Il ceppo CPV-2 originale è emerso alla fine degli anni ‘70, probabilmente come variante intra-ospite di FPLV attraverso il precedente adattamento in una specie carnivora selvatica sconosciuta. Nei primi anni ‘80, il virus originale venne improvvisamente sostituito da due varianti antigeniche, CPV-2a e CPV-2b, attraverso 5 o 6 sostituzioni aminoacidiche nella proteina del capside VP2, mentre una terza variante, CPV-2c, è stata segnalata in Italia nel 2000 9.

Attualmente, il ceppo CPV-2 originale, che è ancora presente nella maggior parte delle formulazioni del vaccino, non è più in circolazione nel campo, mentre le tre varianti antigeniche sono variamente distribuite in tutto il mondo. Nell’Europa continentale le varianti sembrano circolare insieme, con una prevalenza dei tipi 2a e 2b in Portogallo, Francia e Belgio, dei tipi 2a e 2c in Italia, del tipo 2a in Europa orientale, e del tipo 2c nella penisola iberica, mentre in Germania le tre varianti sono equamente distribuite. America del Nord e America del Sud mostrano un’alta frequenza rispettivamente di CPV-2b/2c e CPV2a/2c; in Asia e alcune isole come Regno Unito, Australia e Giappone, predominano i tipi 2a e 2b 1 2. Le poche segnalazioni dall’Africa indicano una circolazione contemporanea dei tre ceppi nella parte nord del continente e un’elevata frequenza di CPV-2a e CPV-2b nella parte sud 10.

CPV è in grado di infettare cani domestici, lupi e altri carnivori selvatici, da cui sono stati spesso isolati virus intermedi tra CPV-2 e CPV-2a 11. Il ceppo CPV-2 originale potrebbe infettare le cellule feline in vitro, ma non in vivo; al contrario, le nuove varianti antigeniche possono infettare i gatti, inducendo una malattia indistinguibile dalla panleucopenia felina 7 8. Teoricamente, non esiste sensibilità di razza per l’infezione da CPV. Le razze di grossa taglia, come Pastore Tedesco, Labrador Retriever, Rottweiler, Alaskan Malamute e Dobermann, sembrano essere a rischio aumentato ma questo potrebbe essere dovuto al fatto che gli anticorpi di origine materna calano più rapidamente nei cuccioli delle razze di grossa taglia a crescita accelerata rispetto ai cani di taglia inferiore 1 2. Inoltre, anche se l’infezione e la malattia da CPV colpiscono soprattutto cuccioli d’età inferiore ai 6 mesi, nei cani adulti sono stati segnalati sempre più spesso segni clinici gravi, spesso associati all’infezione da CPV-2c 5 6.

Le feci dei cuccioli infetti sono la principale fonte virale nell’ambiente; il virus è eccezionalmente stabile e può rimanere contagioso per diverse settimane o addirittura mesi. I cuccioli privi di una risposta immunitaria specifica sono infettati attraverso la via oronasale per contatto diretto o indiretto 1 2.

Patogenesi

I tessuti bersaglio per la replicazione virale sono le cripte intestinali e gli organi linfoidi, sebbene il virus possa diffondersi a tutti i tessuti. Dopo la penetrazione nell’animale, CPV si replica principalmente nel tessuto linfoide associato a orofaringe, timo, linfonodi mesenterici e placche di Peyer, causando necrosi estesa prima di diffondersi al flusso ematico principalmente per mezzo dei linfociti infetti. La viremia è duratura (il virus può essere rilevato per un massimo di 60 giorni tramite PCR real time) e porta alla colonizzazione delle cripte dell’intestino tenue, dove la replicazione virale attiva induce la rapida lisi delle cellule staminali. La conseguenza diretta è che viene compromesso il ricambio dell’epitelio nelle punte dei villi e ciò causa diarrea. La diffusione del virus attraverso le feci inizia 2-3 giorni dopo l’infezione e dura fino a 45-50 giorni, ma i titoli elevati sono identificabili solo nei primi 7-10 giorni. Nei cuccioli neonati (fino a 2-3 settimane di età), CPV è in grado di riprodursi nelle cellule miocardiche in rapida replicazione causando miocardite grave, anche se attualmente questa situazione viene osservata sporadicamente 1 2. A confronto con il tipo 2 originale, le varianti antigeniche mostrano maggiore patogenicità, un periodo di incubazione più breve (meno di 4-5 giorni), segni clinici più gravi, maggiore estensione e durata della diffusione virale, e minori quantità di virus necessarie per infettare i cani 12. Le infezioni concomitanti con il coronavirus canino (CCoV) possono esacerbare i segni clinici, con CPV e CCoV che infettano l’epitelio delle cripte intestinali e le punte dei villi, rispettivamente 1 2.


Segni clinici e patologia

Come notato sopra, il periodo di incubazione per il ceppo CPV-2 originale arrivava a 7 giorni, mentre le nuove varianti richiedono generalmente appena 3-4 giorni prima della comparsa dei segni clinici. A seconda dell’età e dello stato immunitario del cane infetto, l’infezione da CPV può causare diverse forme cliniche, che vanno dalle infezioni subcliniche alla gastroenterite acuta e, molto raramente, alla miocardite.

Infezioni subcliniche

Le infezioni subcliniche colpiscono in genere cuccioli con livelli intermedi di anticorpi di origine materna (titoli degli anticorpi inibenti l’emoagglutinazione compresi tra 1:20 e 1:80), che proteggono contro la malattia conclamata, ma non contro l’infezione. I differenti livelli negli anticorpi di origine materna tra cuccioli della stessa cucciolata possono spiegare perché alcuni animali possono mostrare forme cliniche gravi mentre altri mostrano segni limitati o nulli. Anche i cani adulti possono essere infettati e mostrare segni clinici ridotti o nulli, data la maggiore maturità della mucosa intestinale. A volte si possono osservare solo segni vaghi come letargia e perdita di appetito per 2-3 giorni, insieme a una leucopenia moderata transitoria. Le infezioni subcliniche assumono particolare importanza nei canili e rifugi per animali, dove la presenza di animali sani ma infetti può favorire la diffusione del virus ad altri cuccioli 1 2 12.

Forma gastroenterica

Questa è la forma indotta dall’infezione da CPV più spesso osservata nei cuccioli tra uno e sei mesi di età, anche se esiste un numero crescente di segnalazioni nei cani adulti. Dopo 3-4 giorni di incubazione, i cuccioli sviluppano anoressia, depressione e vomito, seguiti da diarrea, con conseguente disidratazione grave. La diarrea è spesso, ma non sempre, emorragica, con le feci che appaiono striate o scure a causa del sangue. Può essere presente la febbre (40-41 °C), ma non sempre. Al contrario, la leucopenia è un riscontro frequente, con conte leucocitarie che cadono sotto 2000-3000 cellule/μl. È opportuno notare tuttavia, che le conte leucocitarie totali possono essere normali, con la linfopenia di origine virale opposta a una neutrofilia concomitante dovuta alle infezioni batteriche opportunistiche. Questi batteri aggravano spesso il decorso clinico della malattia, inducendo segni aggiuntivi come il distress respiratorio, che portano alla morte. Il grado di leucopenia è riconosciuto come fattore prognostico; è stato segnalato che i cuccioli con conte leucocitarie inferiori a 1000 cellule/μl hanno poche probabilità di sopravvivere. La morte può verificarsi già due giorni dopo l’esordio dei segni clinici come conseguenza della diffusione batterica o della coagulazione intravascolare disseminata. I tassi di mortalità possono variare notevolmente a seconda dell’età e dello stato immunologico degli animali; i cani adulti mostrano generalmente mortalità inferiori all’1% 1 2.

I cuccioli che muoiono di enterite da CPV sono estremamente disidratati. L’autopsia mostra lesioni macroscopiche evidenti nel tratto gastroenterico, che coinvolgono principalmente il duodeno e, successivamente, il digiuno. Il reperto più comune è la gastroenterite emorragica (Figura 2); la parete intestinale è generalmente ispessita e settorialmente scolorita, mentre la superficie sierosa può essere di colore rosso scuro o viola e coperta di fibrina. L’intestino può essere completamente vuoto o contenere materiale scuro (spesso ematico) o fluido emorragico. I linfonodi mesenterici e le placche di Peyer mostrano ipertrofia e congestione, spesso con emorragie disseminate attraverso la corticale e la superficie di taglio (Figura 3). Dal punto di vista istopatologico, l’intestino tenue è affetto da necrosi multifocale delle cripte e corpi inclusi intranucleari, mentre si osserva estesa deplezione dei linfociti a livello di placche di Peyer, linfonodi, milza e timo. L’edema polmonare e l’alveolite sono possibili riscontri in presenza di complicanze batteriche 1 2.
 

Figura 2. Anse congeste dell’intestino tenue in un cucciolo morto per enterite da CPV. © Nicola Decaro

 

Figura 3. Linfonodo mesenterico di un cucciolo morto per enterite da CPV: si noti la linfoadenite emorragica.© Nicola Decaro

Forma miocardica

La miocardite acuta era un riscontro comune nelle prime epizoozie di CPV in tutto il mondo quando l’infezione coinvolgeva una popolazione canina priva di una risposta immunitaria specifica ma oggi questa forma viene osservata solo sporadicamente in campo. Infatti, la miocardite CPV-indotta può colpire solo cuccioli di età inferiore alle 3-4 settimane, quando il sincizio miocardico si sta attivamente replicando ed è sensibile alla replicazione virale. Oggi, tuttavia, dato che la maggior parte delle cagne è stata vaccinata (o esposta al virus) e ha sviluppato una solida risposta immunitaria, quasi tutti i cuccioli ricevono dalle loro madri anticorpi di origine materna che li proteggono dall’infezione da parvovirus nelle prime settimane di vita.

La miocardite da CPV è caratterizzata dalla morte improvvisa dei cuccioli infetti; in alcune circostanze, la morte è preceduta da segni gastroenterici e un breve episodio di dispnea, guaiti e conati di vomito. Alcuni animali possono essere clinicamente sani, con la patologia cardiaca evidente solo all’elettrocardiografia; in questa situazione, il virus predispone i cani a una cardiopatia degenerativa, e l’insufficienza cardiaca si può sviluppare settimane o mesi più tardi. I cuccioli che si riprendono dopo una miocardite da CPV sviluppano fibrosi miocardica. I cani che muoiono a causa della forma miocardica sono spesso in buone condizioni e talvolta l’unico reperto macroscopico post-mortem è l’edema polmonare. In altri casi, il cuore colpito presenta pareti flaccide e camere dilatate, con aree necrotiche pallide sulla superficie (Figura 4). Dal punto di vista istopatologico, le lesioni miocardiche includono miocardite non suppurativa, infiltrazione multifocale di linfociti e plasmacellule, e presenza di corpi inclusi intranucleari 1 2.

 

Figura 4. Cuore di un cucciolo morto per miocardite da CPV: si noti l’area infartuata. © Nicola Decaro

Approccio diagnostico

La diagnosi di infezione da CPV si basa spesso sulla semplice presenza di una diarrea maleodorante e sanguinolenta, ma va sottolineato che altri patogeni possono indurre riscontri simili, e che l’enterite CPV-correlata è spesso non emorragica. Pertanto, è sempre necessaria una diagnosi di laboratorio per confermare o escludere l’infezione da CPV 1 2.

Diagnosi clinica

La presenza di vomito e diarrea emorragica, in presenza di leucopenia acuta, è fortemente suggestiva di un’infezione da CPV. Tuttavia, le diagnosi differenziali includono cimurro canino, epatite infettiva canina, parassitosi intestinali e altri disturbi alimentari. Il CCoV provoca generalmente un’enterite non emorragica, ma in determinate circostanze questo patogeno può causare una diarrea emorragica, mentre i ceppi ipervirulenti (CCoV pantropico) sono stati associati a malattia sistemica e leucopenia 13.

Diagnosi virologica
 
La rilevazione diretta del virus può essere effettuata sulle feci dei cani malati o su tessuti post-mortem (intestino, milza, linfonodi). Nelle fasi successive dell’infezione, il sangue è il campione più affidabile, data la viremia a lungo termine. Livelli elevati del virus sono stati trovati in tutti i tessuti, compreso il cervello, anche se i titoli massimi vengono raggiunti nei tessuti linfoidi 14.
Esistono diversi dosaggi commerciali rapidi per il rilevamento del CPV nelle feci. Questi test rilevano (con pari efficacia) le tre varianti antigeniche e persino il virus FPLV correlato. Tuttavia, essi sono scarsamente sensibili, non riuscendo a identificare fino al 50-60% dei campioni CPV-positivi, soprattutto nelle fasi successive dell’infezione, quando la quantità di virus disseminata nelle feci è bassa e/o gli elevati titoli anticorpali anti-CPV nel lume intestinale sopprimono la produzione di virus vitale 15 16. I test di emoagglutinazione (HA) e l’isolamento virale possono essere eseguiti solo in laboratori specializzati, e non presentano una sensibilità significativamente superiore rispetto ai test rapidi 17. Al contrario, i metodi basati sulla PCR che rilevano il DNA virale sono molto sensibili e vanno impiegati almeno quando esiste un forte sospetto per il parvovirus, ma il cucciolo è negativo ai test rapidi 18. Inoltre, i dosaggi PCR sono stati sviluppati per discriminare le varianti di CPV 19, così come per distinguere i virus vaccinali dai virus di campo 20 21 22, cosa che può essere utile in caso di controversie tra proprietari di cani, veterinari e aziende produttrici di vaccini qualora si sviluppi una diarrea entro pochi giorni dalla vaccinazione contro il CPV. In realtà, i vaccini disponibili in commercio contengono virus vivi modificati che si replicano nell’epitelio intestinale dei cani vaccinati; il virus viene eliminato nelle feci (sebbene a bassi titoli e per un periodo più breve rispetto ai ceppi di campo 23) e questo può comportare il rilevamento del CPV nelle feci dei cani vaccinati con la conseguenza di emettere una diagnosi errata, quando i segni clinici sono prodotti in realtà da altri patogeni enterici. Inoltre, i dosaggi PCR sono utili per escludere l’ipotesi che un virus vaccinale sia ridiventato virulento se un animale sviluppa una gastroenterite acuta a poco dopo la vaccinazione.
 
Diagnosi sierologica
 
Nonostante l’esistenza di numerosi dosaggi, i test sierologici non hanno alcun valore diagnostico. In realtà, gli anticorpi sierici specifici possono essere estranei all’infezione da CPV attiva se il cane è stato vaccinato o ha avuto una precedente esposizione al virus. Tuttavia, i dosaggi sierologici sono utili per valutare lo stato immunologico di un cane per quanto riguarda il CPV, prima e dopo la vaccinazione; inoltre, identificando il declino degli anticorpi di origine materna, il dosaggio può contribuire a calcolare quando il cucciolo può essere vaccinato senza interferenze da parte degli anticorpi di origine materna. I test sierologici sono inoltre essenziali per valutare se un cane abbia risposto alla vaccinazione o meno. Il test sierologico usato più spesso è il test di inibizione dell’emoagglutinazione (HI), che richiede personale specializzato e substrati specifici; tuttavia, solo i test di sieroneutralizzazione virale riescono a rilevare gli anticorpi protettivi, e questi ultimi test sono stati ampiamente utilizzati per valutare la neutralizzazione crociata tra virus vaccinali e virus di campo 1 12.

Approccio terapeutico

Anche se di supporto e non specifico, il trattamento è spesso utile nel ridurre la mortalità associata all’infezione da CPV. L’obiettivo primario della terapia per l’enterite CPV-indotta è ripristinare l’equilibrio fluidico ed elettrolitico e prevenire l’infezione concomitante da batteri opportunisti. Una fluidoterapia endovenosa con soluzione di Ringer, integrata con glucosio e potassio, contrasta l’ipoglicemia e l’ipopotassiemia. Se non è possibile monitorare di routine gli elettroliti e la concentrazione sierica del glucosio ematico, è appropriata l’integrazione empirica di fluidi e.v. con cloruro di potassio (20-40 mEq/l) e destrosio (2,5%-5%). I farmaci antiemetici parenterali (ad esempio, clorpromazina, acepromazina, proclorperazina, metoclopramide, ondansetron, dolasetron e maropitant) possono contribuire a ridurre la perdita di fluidi e il disagio del paziente, facilitando così la nutrizione enterale. Tuttavia, gli antagonisti a-adrenergici possono esacerbare l’ipotensione nei cuccioli ipovolemici, mentre i procinetici possono aumentare il rischio di intussuscezione. Possono essere utili anche i gastroprotettori e gli H2-bloccanti (cimetidina, ranitidina). Per prevenire o curare le infezioni secondarie si devono somministrare antimicrobici ad ampio spettro. Una combinazione di penicillina e antibiotici aminoglicosidici rappresenta l’approccio migliore per controllare le infezioni batteriche aerobiche e anaerobiche Gram-negative che complicano spesso la parvovirosi canina. Le cefalosporine di terza generazione sono preferite rispetto agli aminoglicosidi nefrotossici nei pazienti nefropatici, mentre i chinoloni devono essere evitati nei cani in accrescimento. Se il vomito è cessato da 12-24 ore, si raccomanda di non tenere i cuccioli affetti a digiuno di cibo e acqua, poiché esiste un’evidenza che il recupero è più rapido quando gli animali vengono nutriti con cibo commerciale o preparato in casa facilmente digeribile 24. I cuccioli con anoressia vanno alimentati con una dieta adeguata attraverso tubi nasoesofagei o nasogastrici. Una trasfusione di sangue intero o di plasma può contribuire a correggere le perdite ematiche e proteiche derivanti dall’enterite grave 1 12. Nessun farmaco specifico ha dimostrato di essere veramente efficace contro l’infezione da CPV.

La somministrazione di plasma iperimmune o di immunoglobuline purificate può essere utile come misura profilattica nei cuccioli a contatto con animali infetti, ma non esiste alcuna evidenza della sua efficacia nei cuccioli malati. In realtà, dal momento in cui appaiono i segni clinici, il virus ha colonizzato i tessuti bersaglio e i livelli anticorpali sono già elevati. È stato talvolta segnalato che le molecole che stimolano la produzione di leucociti, come ad esempio il fattore stimolante le colonie di granulociti umano o canino ricombinante, riducono la durata del ricovero e aumentano i tassi di sopravvivenza, ma sono necessari ulteriori studi per confermare la loro efficacia. Negli ultimi anni, è stata testata l’efficacia di alcuni farmaci antivirali contro l’infezione da CPV; il farmaco antinfluenzale oseltamivir potrebbe essere utile, ma sono necessari ulteriori studi. La ricerca ha mostrato che l’interferone-ω felino ricombinante riduce i segni clinici e la mortalità solo se il trattamento inizia molto presto dopo l’infezione (1), una circostanza non riproducibile in condizioni reali.

Gestione

Nonostante la diffusione fecale a lungo termine dimostrata da alcuni test 23, è improbabile che la diffusione del virus infettivo duri più di 7-10 giorni. Tuttavia, l’eccezionale resistenza del virus dovuta all’assenza dell’involucro ne rende difficile l’eradicazione dall’ambiente; per questa ragione può persistere per diverse settimane o mesi, con conseguente ulteriore diffusione dell’infezione. È quindi obbligatorio l’isolamento rigoroso dei cuccioli colpiti accompagnato da un’estesa disinfezione. Il materiale fecale deve essere rimosso il più presto possibile, essendo la fonte principale di contaminazione ambientale. I disinfettanti più comuni non riescono a inattivare il CPV, ma le soluzioni di ipoclorito di sodio al 5-10% si sono dimostrate efficaci. Tutte le superfici resistenti devono essere esposte per almeno 10 minuti alla candeggina diluita, in particolare box dei canili e gabbie delle cliniche che sono pesantemente contaminati dalle feci. Le superfici non resistenti alla candeggina devono essere pulite a vapore 1.

Interferenza con la vaccinazione da parte degli anticorpi di origine materna

Il problema principale nella vaccinazione contro il CPV è che gli anticorpi di origine materna proteggono i cuccioli dall’infezione causata dai ceppi di campo, ma interferiscono con l’immunizzazione attiva. I titoli degli anticorpi di origine materna dipendono dal livello di anticorpi sierici della madre e dalla quantità di colostro ingerito dai cuccioli. Di conseguenza, i cuccioli di una stessa cagna possono avere livelli diversi di anticorpi di origine materna, ed essere quindi suscettibili all’infezione da CPV (e all’immunizzazione attiva) in età diverse. La vaccinazione dei cuccioli con alti livelli di anticorpi di origine materna (titoli HI >1:20) può provocare mancanza di sieroconversione a causa della distruzione del virus vaccinale a opera degli anticorpi colostrali. Dal momento che solo titoli HI ≥1:80 sono considerati protettivi contro l’infezione causata dai ceppi di campo, esiste un periodo chiamato “finestra di sensibilità” della durata tipica di 2-3 settimane, nel quale i cuccioli non possono essere vaccinati, ma possono essere infettati e sviluppare la malattia.

Per evitare interferenze con l’immunizzazione attiva, i vaccini devono essere somministrati ai cuccioli solo dopo la sparizione degli anticorpi di origine materna 1 2. Per superare le interferenze dovute agli anticorpi di origine materna sono state raccomandate diverse strategie, compresi i vaccini ad alto titolo e la vaccinazione intranasale 25. Le somministrazioni intranasali ripetute di vaccini monovalenti per il CPV sono risultate efficaci nell’eradicazione del virus dai canili infetti (osservazione personale).

Le linee guida della World Small Animal Veterinary Association 26 raccomandano che il primo ciclo di vaccinazione contro il CPV non sia portato a termine prima di 14-16 settimane di età, al fine di garantire la protezione anche nei cuccioli con anticorpi di origine materna di lunga durata; il protocollo raccomandato prevede tre somministrazioni del vaccino contro il CPV nel primo anno di età, quindi una richiamo dopo un anno, seguito da vaccinazioni di richiamo ogni tre anni 1.

Vaccini per CPV-2 e protezione crociata con le varianti antigeniche
 
Anche se la finestra di sensibilità è la causa principale per la circolazione attiva del CPV tra gli animali vaccinati, esistono anche dubbi sull’efficacia globale dei vaccini basati sul tipo 2 contro le recenti varianti antigeniche 4 5 6. I vaccini commercialmente disponibili sono quasi tutti preparati con il vecchio ceppo CPV-2 che non circola più nel campo, e gli studi hanno dimostrato la mancata neutralizzazione completa dei ceppi di campo di CPV a opera degli anticorpi evocati contro il virus vaccinale. Esistono pochi vaccini autorizzati contenenti la variante CPV-2b e sarebbe opportuno disporre di formulazioni preparate con la nuova variante 2c, anche se le tre varianti sono in grado di generare un’efficace neutralizzazione crociata reciproca 4.

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Nicola Decaro

Nicola Decaro

Nicola Decaro, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università di Bari, Valenzano, Italia Scopri di più

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