Trapianto di microbiota fecale per i disturbi GI
Il trapianto di microbiota fecale sta iniziando a essere considerato un’opzione praticabile per il trattamento di vari problemi gastrointestinali acuti e cronici nei cani, come spiega Linda Toresson.
Pubblicato il 19/04/2023
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Le diete prive di glutine sono attualmente popolari, sia nell’uomo che nei cani, ma quanto sono realmente comuni i disturbi correlati al glutine? Questo documento confronta e contrappone ciò che sappiamo sull’argomento in entrambe le specie.
Il glutine è il termine collettivo utilizzato per alcune proteine vegetali presenti nei chicchi di cereali e che contribuiscono alla sensazione gustativa pastosa ed elastica dei prodotti da forno.
Le diete prive di glutine possono essere appropriate per alcuni disturbi canini, in particolare le enteropatie dei Setter irlandesi e la discinesia parossistica dei Border terrier.
Una dieta terapeutica veterinaria formulata con un numero limitato di ingredienti privi di glutine può essere un’opzione per una prova con dieta di eliminazione nei casi di sospetta correlazione al glutine.
Una dieta priva di glutine è anche indicata nei cani sani che convivono con persone affette da un disturbo correlato al glutine.
Glutine è il termine usato per descrivere le proteine vegetali presenti nell’endosperma dei chicchi di cereali e che supportano i fabbisogni nutrizionali associati alla germinazione e alla crescita. Gli scienziati s’interessano da tempo al glutine, conducendo analisi per caratterizzarne la composizione; oggi, le proteine dei vari chicchi di cereali sono classificate in quattro categorie, cioè albumina, globulina, prolamina, e glutelina 1. L’albumina e la globulina sono idrosolubili, mentre la prolamina può essere ottenuta attraverso un processo alcolico, e la glutelina può essere estratta con un solvente alcalino. La prolamina prende il nome dal proprio contenuto elevato di prolina e glutamina, ed è anche conosciuta come gliadina, ordeina, segalina, avenina, e zeina se presente nei chicchi di frumento, orzo, segale, avena, e granturco, rispettivamente. La glutelina rappresenta le proteine che incorporano gli enzimi e le pareti cellulari, ed è nota come glutenina se presente nei chicchi di cereali derivati dal frumento. Alcuni autori sostengono che il termine “glutine” dovrebbe essere riservato esclusivamente alla gliadina e alla glutenina, le proteine non idrosolubili del chicco di frumento.
Oltre al suo ruolo nel sostenere la crescita del germe dei cereali, il glutine è importante anche nel campo dell’ingegneria alimentare. I legami disolfuro tra gli aminoacidi del glutine sono responsabili delle proprietà viscoelastiche e adesive degli impasti lievitati, e contribuiscono alla struttura interna e all’impasto di una pagnotta; inoltre, l’aggiunta di glutine extra agli impasti è un approccio efficiente ed economico per migliorare la consistenza e la sensazione gustativa dei prodotti da forno. Tuttavia, il glutine contribuisce anche allo sviluppo di vari disturbi, come ad esempio la malattia celiaca nell’uomo. È ben noto che il consumo di chicchi di cereali da piante appartenenti alla famiglia delle Triticeae, tra cui frumento, orzo e segale, può indurre segni clinici nei soggetti predisposti. Segni simili possono essere scatenati anche da alcuni cultivar di avena e chicchi di avena quando lavorati in mulini utilizzati anche per frumento, orzo e segale 2. Sebbene il termine “glutine” venga spesso usato per indicare le proteine di tutti cereali, il glutine derivato da granturco e riso non è associato ai disturbi correlati al glutine nell’uomo; questo articolo utilizza quindi il termine esclusivamente per descrivere le proteine derivate da orzo, segale, avena e frumento.
“Disturbi correlati al glutine” è un termine collettivo utilizzato per descrivere i segni clinici associati all’esposizione al glutine. Secondo le diversità in termini di patogenesi ed eziologia, questi disturbi possono essere classificati nei seguenti tre gruppi 3.
Le reazioni allergiche al glutine possono essere da ipersensibilità di tipo I o di tipo IV, e nei soggetti suscettibili possono essere ritardate o mostrare un esordio immediato dopo l’esposizione. Quando è coinvolta l’immunoglobulina E (IgE), il legame crociato tra IgE e glutine innesca cascate cellulari nei mastociti e nei basofili che provocano la degranulazione e il rilascio di citochine e mediatori infiammatori, come ad esempio l’istamina. Questi inducono segni clinici che sono variabili a seconda della sede corporea della reazione, e che includono vomito, diarrea, prurito, atopia, asma e rinite. I disturbi correlati al glutine e caratterizzati dal coinvolgimento delle reazioni allergiche sono noti collettivamente come allergia al frumento, una delle allergie alimentari più comuni in tutto il mondo 3.
L’esempio classico in questa categoria è la malattia celiaca. Quando un soggetto suscettibile consuma prodotti contenenti frumento, la presenza di gliadina nel tratto gastrointestinale (GI) mina l’integrità delle giunzioni cellulari strette dell’enterocita e altera la permeabilità intestinale 4. La fuoriuscita di gliadina stimola le risposte immunitarie sistemiche ed esita nella produzione di anticorpi anti-gliadina (AG). Insieme all’aumento della permeabilità intestinale, l’assimilazione del glutine contribuisce anche allo sviluppo di reazioni autoimmuni alla transglutaminasi tissutale (tTG) 5. Quest’ultima è un enzima multifunzionale presente ubiquitariamente nel corpo umano, ed è responsabile della deamidazione e transamidazione della glutamina nel tratto GI. Dato il contenuto elevato di glutamina nella gliadina, la tTG forma legami crociati stretti con la gliadina, generando quindi nuovi epitopi antigenici, con conseguente sviluppo di autoanticorpi anti-tTG. Oltre all’effetto diretto del glutine, è noto che la predisposizione genetica nei pazienti celiaci contribuisce alla loro vulnerabilità; la maggior parte dei pazienti celiaci porta varianti specifiche dei geni dell’antigene leucocitario umano (HLA), che aggravano la reazione immunitaria attraverso l’iperattivazione dei linfociti 3. Il coinvolgimento multisistemico e la presenza di autoanticorpi differenziano la reazione autoimmune al glutine. Nel complesso, i pazienti celiaci soffrono di malassorbimento e altri segni GI a causa del danneggiamento degli enterociti e dell’atrofia dei villi che si sviluppano dopo l’esposizione al glutine (Figura 1).
Si ritiene che gli anticorpi anti-tTG contribuiscano allo sviluppo della dermatite erpetiforme (Figura 2) e dell’atassia da glutine, le altre due forme di reazioni autoimmuni correlate al glutine 6. È interessante notare che, sebbene i segni di questi processi patologici possano sovrapporsi, il segno clinico predominante è solitamente guidato dall’organo o dal tessuto principalmente coinvolto. Ad esempio, dato il coinvolgimento delle cellule di Purkinje e del cervelletto, i pazienti con atassia da glutine presentano di solito disturbi motori, tra cui atassia, tremore, e mioclono 6. L’analisi degli anticorpi sierici anti-tTG e anti-AG è quindi uno strumento prezioso per facilitare la diagnosi nei casi sospetti di reazioni autoimmuni al glutine.
Alcuni soggetti sviluppano reazioni successive al consumo di glutine, in cui non è possibile identificare meccanismi allergici e neppure autoimmuni. I segni clinici sono simili a quelli segnalati con le reazioni allergiche o autoimmuni al glutine, ma l’esame istopatologico delle biopsie intestinali è solitamente non significativo e, sebbene si osservino talvolta aumenti degli anticorpi sierici anti-AG, non sono evidenti anticorpi sierici anti-tTG 3. Date le somiglianze nei segni clinici, la diagnosi di “reazione non allergica e non autoimmune” può essere raggiunta solo per esclusione, motivo per cui questa categoria è nota anche come sensibilità al glutine non celiaca 3.
Nonostante questa classificazione ben consolidata, rimane poco chiara la prevalenza reale dei disturbi correlati al glutine nell’uomo, perché quasi tutte le persone che manifestano segni clinici pertinenti tentano generalmente di modificare la dieta in autonomia, senza consultare un medico. Nei casi sospetti, l’indagine viene facilitata da strumenti diagnostici come ad esempio il profilo anticorpale sierico, la tipizzazione genetica, e le biopsie intestinali. Sebbene non sia solitamente facile stabilire una relazione causale tra una componente alimentare e una malattia, per collegare l’esposizione al glutine ai segni clinici può essere utile una prova con dieta a eliminazione seguita da test di provocazione con glutine puro o con alimenti contenenti glutine. È degno di nota che, l’eliminazione del glutine alimentare nei pazienti celiaci può causare test falsi negativi, inclusi profili anticorpali sierici non significativi, e che le alterazioni istopatologiche appaiono risolte nelle biopsie intestinali 6.
Negli ultimi decenni sono stati segnalati segni clinici associati al glutine alimentare in alcune razze canine. Il legame tra il glutine e un’enteropatia osservata nei Setter irlandesi è stato studiato sin dalla fine del XX secolo, con uno studio che ha tentato di caratterizzare la condizione e valutare la differenza tra questa e la malattia celiaca umana 7. In questo studio sono stati valutati Setter irlandesi di cui era stata segnalata la difficoltà nel mantenere il peso corporeo (Figura 3). I cani partecipanti avevano valori non significativi in termini di esami fecali, concentrazioni di cobalamina sierica, e funzione pancreatica esocrina, ma l’istopatologia delle biopsie dell’intestino tenue aveva rivelato un’atrofia dei villi di varia gravità che potrebbe aver causato malassorbimento e quindi difficoltà nel mantenere il peso. Tuttavia, lo studio non ha valutato in modo approfondito l’anamnesi alimentare di questi cani, e non è stato possibile stabilire una relazione causale definitiva tra il glutine e l’enteropatia.
Un altro studio ha segnalato il miglioramento o la risoluzione dei segni clinici (come, ad esempio la diarrea) e delle anomalie istopatologiche della mucosa intestinale dopo l’introduzione di una dieta priva di cereali in Setter irlandesi suscettibili allevati con una dieta contenente frumento 8. Questi cani hanno quindi ricevuto test di carico con glutine puro e hanno manifestato la ricomparsa dei segni clinici e dei danni dei villi. Tuttavia, in questi cani, lo studio non ha segnalato un profilo sierologico tale da supportare la diagnosi di malattia celiaca.
Nonostante la possibile relazione causale suggerita in questi rapporti, uno studio non è riuscito a trovare differenze significative nella concentrazione sierica di anticorpi anti-AG tra Setter irlandesi suscettibili allevati con diete contenenti frumento o diete prive di cereali, e le concentrazioni di autoanticorpi sierici e altre immunoglobuline non erano significativamente diverse tra i due gruppi 9. Data la mancanza di coinvolgimento sistemico e autoimmune, l’enteropatia segnalata in questa razza sembra essere diversa dalla malattia celiaca come viene classicamente definita; inoltre, sebbene rimangano da determinare la patogenesi e la predisposizione genetica dell’enteropatia del Setter irlandese, questi cani sembrano trarre beneficio dalle diete prive di glutine. Questi riscontri, insieme alle recenti tendenze nella nutrizione umana, hanno reso il glutine alimentare un frequente argomento di discussione tra clienti e Medici Veterinari.
Recentemente è stato inoltre segnalato che il glutine è associato alla discinesia parossistica (PD) nei Border terrier (Figura 4). Discinesia parossistica è il termine dato a un gruppo di condizioni caratterizzate da disturbi motori episodici, tra cui distonia e tremore, che possono essere scatenati da stimoli come ad esempio eccitazione, esercizio fisico, o stress 10. Questi episodi vengono osservati nei cani giovani e di mezza età di alcune razze, tra cui Border terrier, Cavalier King Charles spaniel, Chinook, Norwich terrier e Soft Coated Wheaten terrier 10. Nonostante i movimenti involontari anomali, che possono durare minuti oppure ore, i pazienti sembrano rimanere coscienti durante questi episodi e (a differenza di alcuni deficit neurologici spesso osservati dopo una crisi epilettica prolungata) il recupero da tali episodi autolimitanti è tranquillo, con i cani che si comportano normalmente tra un episodio e l’altro 10.
Sebbene la patogenesi non sia del tutto compresa, è stata oggetto di dibattito l’eventuale responsabilità delle mutazioni genetiche nella comparsa della PD nei cani. Uno studio ha segnalato una microdelezione del gene BCAN nei Cavalier King Charles spaniel 11. Questo gene codifica per il brevicano, un proteoglicano che costituisce la matrice extracellulare nel cervello ed è responsabile del mantenimento della stabilità sinaptica, e la mutazione BCAN è fortemente associata alla sindrome della caduta episodica, un disturbo motorio parossistico osservato nei Cavalier King Charles spaniel 11.
D’altra parte, i componenti della dieta sembrano svolgere un ruolo importante nella PD (precedentemente nota come sindrome dei crampi epilettoidi del cane, o malattia di Spike) nei Border terrier. Uno studio ha tentato di determinare il fenotipo della PD nella razza e ha incluso i cani idonei in base all’osservazione del proprietario, alla registrazione video, e alle cartelle cliniche 12. È interessante notare che lo studio ha segnalato segni dermatologici (incluso prurito frequente), e segni GI lievi (ad es. vomito e diarrea) nel 50% dei cani valutati. Inoltre, molti cani che avevano subito una modifica dietetica (verso una dieta “ipoallergenica” o una singola fonte di proteine e carboidrati) hanno avuto una riduzione nella frequenza di PD, che era indicativa di un’allergia o un’intolleranza alimentare sottostante. Il rapporto ha inoltre rilevato che gli allevatori e i proprietari di Border terrier colpiti avevano segnalato aneddoticamente un numero inferiore di disturbi motori dopo aver passato i cani affetti ad una dieta priva di glutine.
Un altro piccolo studio ha arruolato 6 cani Border terrier idonei con PD ed eseguito una rigorosa prova con dieta a eliminazione della durata di 9 mesi utilizzando una dieta terapeutica veterinaria formulata con un numero limitato di idrolizzati che risultava essere priva di glutine. Questa dieta ha comportato una frequenza significativamente ridotta di episodi di PD nei cani dei proprietari che avevano aderito alla prescrizione; inoltre, in questi cani risultavano anche ridotte le concentrazioni di anticorpi sierici anti-AG e anti-tTG 13. Nonostante la dimensione limitata del campione, lo studio ha dimostrato una risposta positiva a una dieta priva di glutine nei cani colpiti.
In uno studio di follow-up, i ricercatori hanno classificato i Border terrier partecipanti in quattro gruppi in base alla diagnosi clinica, nel tentativo di caratterizzare il profilo sierologico dei cani con PD 14. A parte i gruppi di cani sani, i cani con presunta PD, e i cani con presunta epilessia idiopatica, gli altri cani partecipanti sono stati classificati nel quarto gruppo (soggetti con diagnosi clinica ambigua o condizioni non neurologiche). Nessuno dei cani inclusi ha ricevuto diete prive di glutine. Gli autori hanno scoperto che in tutti i Border terrier con presunta PD non sono emerse concentrazioni elevate di marcatori sierologici, in particolare anticorpi anti-tTG e anti-AG. Inoltre, le concentrazioni elevate dei marcatori sierologici non erano uniche per i cani con segni clinici compatibili con la PD. Come per i pazienti umani con disturbi correlati al glutine, i Border terrier con alte concentrazioni di marcatori sierologici sembravano presentare uno spettro di segni clinici. Tuttavia, in questa razza, tali test sierologici sembrano avere un’elevata specificità per la diagnosi di discinesia parossistica sensibile al glutine 14. Sebbene il valore diagnostico dei marcatori sierologici possa diminuire facendo passare i cani affetti ad una dieta priva di glutine, la combinazione di test dei marcatori sierologici, anamnesi alimentare completa, e strumenti diagnostici per escludere le cause extracraniche e intracraniche può essere utile per indagare la PD nei Border terrier.
Chih-Fan Chiang
Attualmente, devono ancora essere stabiliti i dati epidemiologici sui disturbi correlati al glutine nella popolazione canina generale. Inoltre, sono necessarie ulteriori indagini per comprendere meglio la fenotipizzazione e la patogenesi di tali disturbi. Nonostante queste lacune nelle conoscenze, i cani di determinate razze che hanno segni clinici e anamnesi alimentare compatibili con i disturbi correlati al glutine possono ancora trarre vantaggio dagli interventi dietetici in base ai dati disponibili.
Laddove si sospetti un disturbo correlato al glutine, l’obiettivo è offrire una dieta completa e bilanciata formulata con ingredienti privi di glutine che sia appropriata per lo stadio vitale del cane, allevi i segni clinici, e fornisca un apporto calorico adeguato per stimolare o mantenere condizioni fisiche ideali. Negli USA, la Food & Drug Administration (FDA) detta i requisiti per l’etichettatura degli alimenti “privi di glutine”, consentendo ai pazienti umani con disturbi correlati al glutine di mantenere una dieta sana attraverso un’attenta selezione dei prodotti 15. Nonostante la facilità d’uso, è degno di nota che l’esclusione intenzionale di alcuni componenti dietetici può causare talvolta carenze nutrizionali, tra cui fibra alimentare e zinco, per cui si raccomanda il ricorso a un professionista qualificato per garantire una dieta completa e bilanciata 16. In medicina veterinaria, l’inadeguatezza nutrizionale viene segnalata anche per i piani dietetici casalinghi formulati da non professionisti 17. Sebbene sia possibile far preparare da un nutrizionista veterinario specialista certificato una dieta personalizzata, completa, bilanciata, e priva di glutine da preparare in casa, non è sempre praticabile fornirla dato il lavoro e le risorse coinvolti nella sua preparazione 18. Fortunatamente, oggi esistono molti alimenti commerciali per cani formulati per soddisfare i fabbisogni nutrizionali dei vari stadi vitali, stili di vita, e processi patologici, e i proprietari possono esplorare la dieta più appropriata per il proprio cane sotto la guida del Medico Veterinario. (Figura 5). Si può considerare qualsiasi dieta priva di glutine prodotta da un’azienda rispettabile, e la lista di controllo WSAVA aiuta inoltre a valutare gli alimenti per cani e gatti e le aziende che li producono 19.
Poiché le normative facilmente disponibili relative ai claim delle diete prive glutine non sono state stabilite dall’organismo competente, ad es. dall’Association of American Feed Control Officials (AAFCO), determinare se un prodotto alimentare per animali domestici disponibile in commercio sia privo di glutine richiede una valutazione approfondita dell’elenco degli ingredienti riportato sulla confezione, che talvolta costituisce l’ipotesi più probabile, perché il controllo di qualità delle aziende di petfood è variabile 20. Uno studio ha segnalato che alcune diete commerciali da banco “a contenuto limitato di ingredienti” contenevano proteine animali non dichiarate sull’etichetta della confezione 21. Sebbene esistano limitazioni in questo studio, tra cui la variabilità del lotto e i falsi positivi tipici dei test così sensibili, questi riscontri hanno implicato una possibile contaminazione crociata avvenuta durante il processo di fabbricazione, cosa che può rendere le diete commerciali da banco a contenuto limitato di ingredienti tutt’altro che ideali quando serve una prova con dieta a eliminazione. Secondo l’autore, una dieta terapeutica veterinaria formulata con un numero limitato di ingredienti privi di glutine, e prodotta da un produttore esperto che adotta un controllo di qualità eccellente, rappresenta una buona scelta quando si esegue tale prova. Le possibili opzioni includono molte delle diete formulate per il trattamento delle reazioni avverse al cibo, o le diete ipoallergeniche progettate per le allergie alimentari dermatologiche.
Le diete commerciali variano in modo significativo in molti modi, incluse le modalità di fabbricazione e il profilo nutrizionale; quindi, per evitare malintesi, quando si raccomanda una dieta al cliente occorre fornire il nome specifico del produttore e del prodotto, il tipo (secco o umido), e la quantità da somministrare giornalmente. A seconda dei segni clinici, del sistema corporeo coinvolto, e della risposta del paziente, una prova con dieta a eliminazione può durare 1-2 settimane per i segni gastrointestinali, e fino a 12 settimane per quelli dermatologici. Idealmente, la prova andrebbe seguita da test di provocazione per valutare la risposta del paziente ai prodotti alimentari per cui si sospetta un’associazione con i segni clinici. Tali test aiutano a confermare la diagnosi di disturbo correlato al glutine, e indicano la necessità di avviare un monitoraggio e una dieta priva di glutine a vita per i cani affetti.
Infine, mentre i segni clinici dei disturbi correlati al glutine sono stati finora documentati solo in Border terrier e Setter irlandesi, i clienti chiedono talvolta una dieta priva di glutine a causa della loro reazione avversa al glutine, una situazione potenzialmente letale nei pazienti suscettibili. In tali circostanze, la richiesta deve essere affrontata seriamente, identificando in maniera estremamente precisa un piano dietetico adeguato per il cane.
I disturbi correlati al glutine sono stati segnalati sia nell’uomo che nel cane, ma possono essere gestiti con un’attenta esclusione del glutine alimentare. Sebbene restino da chiarire la prevalenza e la patogenesi dei disturbi correlati al glutine nei cani, la risposta positiva osservata negli animali affetti giustifica un intervento dietetico tempestivo, quando appropriato. Poiché il glutine è un argomento importante, sia nella nutrizione umana che in quella canina, una solida base di conoscenze consente al Medico Veterinario di consigliare al meglio i proprietari di pet indicando se e quando sia necessario modificare la dieta del loro cane.
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Chih-Fan Chiang
Chih-Fan Chiang ha conseguito la laurea in Medicina Veterinaria presso “The School of Veterinary Medicine della National University” di Taiwan Scopri di più
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