Nematodi polmonari e filarie cardiopolmonari nei gatti
I nematodi polmonari e le filarie cardiopolmonari sono una minaccia sottovalutata ma potenzialmente grave per molti gatti, come rivela questo articolo.
Numero 32.2 altro: scientifici
Pubblicato il 16/11/2022
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Come descrive James Elliott, il linfoma è una delle neoplasie più comuni dei gatti, e la forma mediastinica può essere una diagnosi differenziale di primaria importanza nel gatto con segni respiratori.
Il linfoma è una delle neoplasie feline più comuni, e dovrebbe essere in testa alla lista delle diagnosi differenziali per quasi tutti i gatti che hanno una massa.
Il linfoma mediastinico può coinvolgere il timo e i linfonodi regionali, e la maggior parte dei gatti colpiti presenta segni di malattia toracica, incluso un certo grado di dispnea.
La gestione iniziale ruota attorno alla stabilizzazione e alla gestione di emergenza del paziente, seguite dai test diagnostici e dalla chemioterapia appropriata.
Le alternative terapeutiche mediche per il linfoma mediastinico sono generalmente molto efficaci, e i segni clinici si risolvono di solito molto rapidamente, con una prognosi di sopravvivenza superiore a un anno con una chemioterapia adeguata.
La FeLV era storicamente la causa principale del linfoma felino, e la maggior parte dei casi era associata all’infezione attiva. Ciò riguardava spesso i gatti giovani, con un’età media di circa 3 anni. Inoltre, c’erano alcuni sottotipi anatomici fortemente associati all’infezione da FeLV, inclusa la forma mediastinica. Tuttavia, data la scarsità odierna di FeLV, c’è stato un grande mutamento nei casi di linfoma, e oggi questa malattia colpisce gatti significativamente più anziani, con una predominanza in alcune sedi anatomiche, come ad esempio il linfoma gastrointestinale.
Nel tempo, un cambiamento significativo nelle caratteristiche epidemiologiche e cliniche del linfoma nei gatti ha coinciso con l’integrazione di test e programmi di eliminazione del virus della leucemia felina (FeLV) avvenuta al termine degli anni ‘70 e ‘80, e questo aspetto è stato ulteriormente modificato dalla comparsa dei vaccini anti-FeLV alla fine degli anni ‘80. Il declino del linfoma associato a FeLV rispecchia l’incidenza ridotta dell’infezione da FeLV. È interessante notare che, nonostante tutto questo, la prevalenza complessiva del linfoma felino è in aumento; ciò sembra essere dovuto principalmente alla maggiore frequenza della forma gastrointestinale di linfoma, così come del linfoma che interessa altre sedi anatomiche 1.
La reale incidenza del linfoma felino è sconosciuta. Non esiste un segnalamento tipico per i gatti con linfoma, perché varia ampiamente in base alla sede anatomica e allo stato FeLV. È stato suggerito che i gatti di razza Siamese siano maggiormente a rischio di linfoma, e possano persino sviluppare sottotipi distintivi della malattia con un comportamento biologico unico 2.
La FeLV era storicamente la causa principale del linfoma felino, e la maggior parte dei casi era associata all’infezione attiva. Ciò riguardava spesso i gatti giovani, con un’età media di circa 3 anni. Inoltre, c’erano alcuni sottotipi anatomici fortemente associati all’infezione da FeLV, inclusa la forma mediastinica. Tuttavia, data la scarsità odierna di FeLV, c’è stato un grande mutamento nei casi di linfoma, e oggi questa malattia colpisce gatti significativamente più anziani, con una predominanza in alcune sedi anatomiche, come ad esempio il linfoma gastrointestinale.
La FeLV è direttamente coinvolto nel linfomagenesi, poiché s’inserisce nel genoma del gatto, esitando in proliferazione cellulare e alterazione dell’espressione genica 1. L’infezione da virus dell’immunodeficienza felina (FIV) può aumentare il rischio di linfoma nei gatti; tuttavia, in questo caso, l’evidenza suggerisce un ruolo indiretto, secondario agli effetti immunosoppressivi del virus. È più probabile che il linfoma associato a FIV sia del tipo a linfociti B, a differenza della predominanza di linfociti T di FeLV 3.
Una predisposizione delle razze feline orientali allo sviluppo del linfoma suggerisce una predisposizione genetica ereditaria potenziale 2.
Esistono alcuni dati che suggeriscono un rischio aumentato di linfoma nei gatti esposti al fumo di tabacco indiretto (ETS) 4.
Oltre al maggior rischio di linfoma nei gatti con infezione da FIV immunosoppressiva, esiste anche un’evidenza che i gatti che ricevono la ciclosporina dopo un trapianto renale hanno un rischio aumentato di cancro, compreso il linfoma 5.
È stato suggerito un collegamento tra linfoma intestinale e malattia intestinale infiammatoria, e una potenziale associazione tra infezione da Helicobacter e linfoma a tessuto linfoide associato alla mucosa (MALT) gastrica nei gatti, che è una sindrome riconosciuta nell’uomo. Uno studio nei gatti ha riscontrato aumenti statisticamente significativi nella prevalenza dei batteri che invadono la mucosa e dei batteri intravascolari nei campioni bioptici di linfoma a grandi cellule 6. È stato suggerito che l’infiammazione cronica dalle sedi di iniezione possa aumentare il rischio di sviluppo del linfoma sottocutaneo nei gatti 7.
James Elliott
La forma mediastinica può interessare il timo e i linfonodi regionali (mediastinici, tracheobronchiali e sternali). La maggior parte dei gatti presenta segni di malattia toracica a causa dell’effetto occupante spazio del tumore, o secondariamente al versamento pleurico, che è molto comune. I segni clinici associati al linfoma mediastinico comprendono dispnea (80%), tachipnea, e torace craniale non comprimibile con toni cardiaci e suoni polmonari attutiti. Sono possibili riscontri la sindrome di Horner e la sindrome della vena cava craniale, con tumefazione associata della testa e del collo dovuta alla compressione dei vasi che drenano la testa. Tuttavia, secondo l’esperienza dell’autore, la sindrome della vena cava è molto rara nei gatti con linfoma mediastinico, e molto più comune nel linfoma/timoma mediastinico canino. L’ipercalcemia è un riscontro comune nel linfoma mediastinico nei cani, ma effettivamente è molto rara nei gatti.
La maggior parte dei pazienti presenta un certo grado di dispnea, e la gestione iniziale ruota attorno alla stabilizzazione e alla gestione dell’emergenza, finché gli animali non sono in condizioni abbastanza buone da sopportare le indagini diagnostiche. Ciò può comportare l’integrazione con ossigeno, accompagnata da una minima manipolazione per ridurre lo stress, la sedazione o l’analgesia (ad es. butorfanolo), se indicato. Si raccomanda una valutazione rapida per verificare l’eventuale presenza del versamento pleurico (ecografia, radiografia); in presenza di un ampio volume di fluido, questo va drenato rapidamente poiché contribuisce in modo significativo alla dispnea.
La malattia è quasi sempre confinata al mediastino, anche se può certamente coinvolgere altri gruppi linfonodali regionali o sedi remote. L’autore ha visto spesso il coinvolgimento dei linfonodi prescapolari o persino dei linfonodi mandibolari, in particolare nel decorso avanzato della malattia, spesso al momento della recidiva. Inoltre, l’autore ha visto alcuni casi con presentazione iniziale sottoforma di una grossa massa apparsa improvvisamente nella regione prescapolare. La tomografia computerizzata (TC) ha consentito di dimostrare che era contigua con un’ampia massa mediastinica, e che non si trattava, in effetti, del linfonodo prescapolare.
Nelle segnalazioni più datate, quasi tutti i gatti con linfoma mediastinico erano giovani (età media 2-4 anni), FeLV-positivi e avevano un tumore con immunofenotipo dei linfociti T. Tuttavia, come prevedibile con il declino di FeLV, il fenotipo tipico è cambiato. In un recente studio condotto nel Regno Unito su 55 gatti con linfoma mediastinico, la maggior parte (>90%) era antigenicamente negativa per FeLV/FIV, di giovane età (età media, 3 anni), di sesso maschile (rapporto maschi-femmine 3,2:1), e quasi un terzo era di razza Siamese 8. L’immunofenotipo non era stato segnalato, forse perché eseguito meno nei gatti. Ciò è forse dovuto al fatto che, secondo la maggior parte degli studi, l’immunofenotipo sembra avere un significato meno prognostico nei gatti, a differenza dei cani.
I gatti giovani di razza Siamese, FeLV-negativi, sono anche affetti primariamente da una forma di linfoma mediastinico che sembra essere meno biologicamente aggressiva e più responsiva alla chemioterapia rispetto alle forme FeLV-associate.
Le radiografie toraciche possono identificare una massa mediastinica evidente (Figura 1), anche se a volte la presenza di un versamento pleurico significativo può rendere difficile o impossibile la visualizzazione prima del drenaggio (Figura 2) e può richiedere una serie di radiografie o ecografie (Figura 3). La TC può essere utile, poiché permette di visualizzare una massa a prescindere dalla presenza del versamento; tuttavia, questa modalità di imaging non contribuisce generalmente alla diagnosi definitiva, perché le diagnosi differenziali di un gatto con massa mediastinica sono numerose.
Per stabilire una diagnosi può essere sufficiente la citologia della massa con agoaspirato con ago sottile (FNA) o la valutazione citologica del fluido pleurico. Nella maggior parte dei gatti, il linfoma esfolia bene con l’agoaspirazione con ago sottile, e il riscontro di una popolazione monomorfica di cellule linfoidi intermedie o voluminose conferma la diagnosi (Figura 4). A volte, può essere più difficile emettere una diagnosi definitiva di linfoma nei gatti con massa mediastinica.
Un’importante diagnosi differenziale per il linfoma mediastinico comprende il timoma. In molti casi, le caratteristiche citologiche del timoma possono essere distinte dal linfoma, e tuttavia la diagnosi può essere una sfida, data la preponderanza dei piccoli linfociti nel timoma. In un massimo del 50% degli aspirati dei timomi si possono anche osservare mastociti (Figura 5). Nei casi dubbi, può essere utile aggiungere la valutazione immunofenotipica e della clonalità.
Laddove la diagnosi resti ambigua, tecniche diagnostiche che possono essere potenzialmente aggiunte includono:
Infine, la biopsia Tru-cut può essere utile per le masse estese che comunicano con la parete toracica (per garantire un basso rischio di causare pneumotorace iatrogeno); tuttavia, nella pratica dell’autore, questa opzione è raramente richiesta al giorno d’oggi.
La chemioterapia è di gran lunga l’opzione di trattamento più utilizzata per i gatti con linfoma mediastinico. Generalmente, il linfoma è considerato una malattia sistemica, anche se alla diagnosi sembra essere localizzato. Ciò significa che, sebbene un gatto con linfoma localizzato (ad es. linfoma mediastinico) possa apparire all’imaging (o anche alla citologia, ad es. del fegato o della milza) libero da malattia in altre sedi anatomiche, si ritiene probabile che in queste sedi abbia cellule tumorali a livello microscopico. Pertanto, l’obiettivo della chemioterapia citotossica è trattare la malattia macroscopica nota, ma anche qualsiasi malattia occulta e microscopica.
La chirurgia non è indicata nei gatti con linfoma mediastinico, per i motivi sopra esposti, e per la morbilità e il rischio associati alla chirurgia toracica. La guarigione della ferita potrebbe anche ritardare la valutazione della chemioterapia. Inoltre, le alternative terapeutiche mediche sono generalmente (almeno all’inizio) molto efficaci, e il linfoma risponde molto rapidamente. Pertanto, mentre i pet con alcuni tipi di tumore migliorano clinicamente in modo rapido con la rimozione chirurgica, questo non è il caso del linfoma mediastinico.
La maggior parte dei gatti con linfoma in qualsiasi sede, compresa quella mediastinica, riceve un protocollo COP (ciclofosfamide, vincristina [oncovin] e prednisolone/prednisone) o CHOP (COP più doxorubicina [idrossidaunorubicina]), come mostrato nelle Tabelle 1 e 2. I protocolli di tipo CHOP sono lo standard di cura nei pazienti umani affetti dai tipi più comuni di linfoma. Allo stesso modo, nel linfoma canino (in particolare il tipo a linfociti B) la maggior parte degli oncologi prescrive generalmente un protocollo di prima linea con CHOP (cioè, che include la doxorubicina). L’opzione migliore per il linfoma felino in qualsiasi sede non è così certa, e sia i protocolli COP che quelli CHOP sono ampiamente utilizzati, sebbene la maggior parte degli studi non riesca a dimostrare una superiorità significativa di CHOP rispetto a COP. Inoltre, la doxorubicina sembra essere meno efficace come agente singolo nei gatti rispetto ai cani, e la nefrotossicità è un possibile effetto avverso nei gatti. Data la tendenza alla nefropatia cronica nei gatti che invecchiano, questo aspetto non va trascurato quando si pianifica un programma terapeutico. La doxorubicina è anche un vescicante estremo, causando potenzialmente uno sfaldamento tissutale esteso in caso di stravaso; quindi, i pazienti felini, possono richiedere la sedazione per somministrarla in sicurezza, a seconda del carattere. Tuttavia, è molto improbabile che la doxorubicina causi cardiotossicità nei gatti con le dosi e le tempistiche standard.
Tabella 1. Protocollo standard con COP (ciclofosfamide, vincristina [oncovin] e prednisolone/prednisone) per gatti.
Farmaco | Settimana 1 | Settimana 2 | Settimana 3 | Settimana 4 | Settimana 7, 10, 13, 16, 19, 22, 25 |
---|---|---|---|---|---|
Vincristina | x | x | x | x | x |
Ciclofosfamide | x | x | x | ||
Prednisolone | x | x | x | x | x |
Se il paziente è in remissione alla Settimana 25, la chemioterapia (incluso il prednisolone) viene interrotta. Se non è stata raggiunta la remissione completa entro la Settimana 7 (cioè dopo il periodo di induzione più intenso delle Settimane 1-4), vanno considerate terapie aggiuntive o alternative. Storicamente, sono stati raccomandati programmi chemioterapici continui basati su COP. Secondo l’esperienza dell’autore, i gatti in remissione dopo 6 mesi di terapia possono essere trattati con programmi discontinui come sopra indicato. | |||||
Vincristina: 0,7 mg/m2 EV; ciclofosfamide: 250 mg/m2 EV/PO; prednisolone: 2 mg/kg PO ogni 24 ore per 14 giorni poi 1 mg/kg ogni 48 ore |
Tabella 2. Protocollo standard con CHOP (COP più doxorubicina [idrossidaunorubicina]) per i gatti.
Settimana | 1 | 2 | 3 | 4 | 6 | 7 | 8 | 9 |
Vincristina | x | x | x | x | ||||
Ciclofosfamide | x | x | ||||||
Doxorubicina o epirubicina | x | x | ||||||
Prednisolone | x | x | x | x | x | x | x | x |
Settimana | 11 | 13 | 15 | 17 | 19 | 21 | 23 | 25 |
Vincristina | x | x | x | x | ||||
Ciclofosfamide | x | x | ||||||
Doxorubicina o epirubicina | x | x | ||||||
Prednisolone | x | x | x | x | x | x | x | x |
Vincristina: 0,7 mg/m2 EV; ciclofosfamide: 250 mg/m2 EV/PO; doxorubicina o epirubicina: 1 mg/kg o 25 mg/m2 EV; prednisolone: 2 mg/kg/die, Settimana 1; 1,5 mg/kg/die, Settimana 2; 1,0 mg/kg/die, Settimana 3; successivamente 0,5 mg/kg/die |
I gatti con linfoma mediastinico trattati con i protocolli COP o CHOP hanno un tasso di risposta complessiva del 95%, con un tempo di sopravvivenza mediano (MST) complessivo di poco più di un anno (e 980 giorni se si ottiene una risposta completa) 8. I tassi di risposta completa (RC) e di risposta parziale (RP) non differivano significativamente tra i protocolli COP e CHOP, con una sopravvivenza mediana complessiva segnalata di 373 giorni (range 20-2015 giorni). I gatti che hanno raggiunto la RC sono sopravvissuti più a lungo (mediana di 980 giorni contro 42 giorni per la RP). Età, razza, sesso, localizzazione (mediastinica verso mediastinica più altre sedi), stato virale, e pretrattamento con steroidi non hanno influenzato la risposta o la sopravvivenza. La prevalenza di gatti FeLV-positivi in questo studio era bassa (9%), con i gatti Siamesi maschi e giovani che sembravano sovra-rappresentati.
Al contrario, il linfoma mediastinico nei gatti giovani FeLV-positivi è generalmente associato a una prognosi sfavorevole, e sono prevedibili MST di circa 2-3 mesi dopo il trattamento con i protocolli CHOP o COP. Risultati leggermente più promettenti sono stati ottenuti in un recente piccolo studio retrospettivo brasiliano, dove i gatti con linfoma mediastinico (da una popolazione FeLV-positiva al 90%) hanno avuto un MST di circa 7 mesi utilizzando un nuovo protocollo costituito da vincristina, prednisolone, doxorubicina e lomustina 9.
Ma non si deve pensare che la chemioterapia sia una “formula fissa” e, sebbene i protocolli siano utili come punto di partenza, devono essere adattati al singolo soggetto. Gli effetti avversi possono includere disturbi gastrointestinali, mielosoppressione (soprattutto neutropenia) e, raramente, tossicità farmaco-specifica come ad esempio una lesione renale indotta da doxorubicina. Nel tentativo di mantenere l’intensità di dose ottimale, cioè nel decidere se la dose chemioterapica vada aumentata, ridotta o mantenuta, è necessario conoscere l’anamnesi del paziente, la precedente risposta alla chemioterapia, e gli eventuali effetti avversi, nonché i risultati dei test ematologici appropriati. La maggior parte dei medici veterinari procede con la chemioterapia a condizione che la conta neutrofila assoluta (non la conta leucocitaria totale!) sia maggiore di 2,5 x 109/L; tuttavia, a seconda di vari fattori, può essere sicuro procedere anche se la conta è inferiore a tale valore. Non c’è davvero un punto definitivo dove la conta neutrofila suggerisca che è sicuro continuare con un dato protocollo; inoltre, medici veterinari diversi hanno esperienze diverse, e alcuni medici veterinari possono avere cut-off diversi per i vari farmaci. Ad esempio, la doxorubicina è un farmaco particolarmente mielosoppressivo che può causare neutropenia grave; quindi, se viene utilizzata, alcuni oncologi adottano una “soglia” più alta per la conta neutrofila prima di procedere serenamente con la dose successiva. Allo stesso modo, alcuni medici veterinari potrebbero essere più cauti se stanno trattando un paziente fragile, se hanno già visto una neutropenia grave, o se il proprietario del pet ha forti timori per i possibili effetti avversi. Al contrario, in mancanza di neutropenia/mielosoppressione e di effetti avversi clinici, alcuni medici veterinari possono considerare un aumento della dose per i successivi trattamenti con il farmaco prescelto. Un recente studio ha mostrato che nei cani che ricevevano un protocollo CHOP di 19 settimane per il linfoma, il trattamento procedeva finché la conta neutrofila non era >1,5 x 109/L; questo schema ha ridotto il numero di ritardi nel dosaggio, e non ha comportato un aumento significativo degli effetti avversi. Sebbene tali dati non siano attualmente pubblicati per i gatti, è probabile che una soglia “sicura” per la chemioterapia possa essere inferiore a 2,5 x 109/L, mentre una neutropenia significativa può richiedere una riduzione della dose del farmaco o un aumento dell’intervallo di dosaggio. Quindi, se la conta neutrofila di un gatto è inferiore al cut-off prescelto quando è ora di somministrare una dose, si dovrebbe istituire un ritardo di 2-7 giorni (a seconda dell’entità della neutropenia). Se la situazione persiste per le dosi future o se la neutropenia è grave, può essere giustificato ridurre la dose per le future somministrazioni.
Questo è un esempio della cosiddetta “arte” della chemioterapia, che deriva in parte dall’esperienza, ma anche dal tempo speso a trattare il singolo paziente, e in effetti la maggior parte dei gatti tollera bene la chemioterapia. Quindi, grazie a livelli appropriati di esperienza e abilità, modifiche del farmaco o della dose, riduzioni o sospensioni della dose, alterazioni nella frequenza dei farmaci e profilassi antiemetica, i gatti possono godere di una qualità di vita eccellente durante la chemioterapia. I gatti sembrano resistenti alla cistite indotta da ciclofosfamide e alla cardiotossicità indotta da doxorubicina, e sviluppano raramente sepsi persino con la neutropenia iatrogena grave. Numerosi studi segnalano che la maggior parte dei proprietari è soddisfatta della qualità di vita del proprio pet mentre riceve la chemioterapia per il linfoma 10 (Figura 6).
Laddove ricompaiano i segni clinici, sono disponibili vari protocolli chemioterapici di salvataggio, che utilizzano farmaci differenti a cui le cellule tumorali non sono state ancora esposte (Tabella 3). Purtroppo, esiste spesso una chemioresistenza intrinseca o una resistenza crociata acquisita a molti di questi farmaci. Molti gatti sono molto sintomatici alla recidiva, cosa che può concedere meno tempo per provare i vari protocolli di salvataggio al fine di determinare il regime più efficace. I tassi di risposta sono di solito modesti e generalmente non duraturi, sebbene l’esito sia significativamente migliorato nei pet che sviluppano una solida risposta parziale o completa.
Tabella 3. Comuni protocolli chemioterapici di “salvataggio” per la recidiva del linfoma felino.
Farmaci | Tasso di risposta | Tempo di remissione mediano |
---|---|---|
Lomustina, metotrexato e citarabina | 46% | 61 giorni |
MOPP (mecloretamina, vincristina, procarbazina, prednisolone) | 70% | 166 giorni |
MOMP (mecloretamina, vincristina, melfalan, prednisolone) | 58% | 39 giorni |
DMAC (desametasone, melfalan, actinomicina D, citarabina) | 26% | 14 giorni |
Lomustina (CCNU) | 54% | 39 giorni |
La radioterapia è stata spesso usata con molto successo per alcuni tipi di linfoma felino solitario, in particolare il linfoma nasale, ma è interessante notare che è stata usata raramente per il linfoma mediastinico. Le ragioni sono probabilmente multifattoriali, inclusa la precedente associazione con FeLV e una prognosi sfavorevole, la scarsità di centri di trattamento disponibili, l’idoneità dell’anestesia (ripetuta) potenzialmente scarsa, la difficoltà di targeting del tumore a causa del movimento respiratorio, la presenza di grandi volumi di versamento pleurico, la grandezza dei tumori e la sensibilità alle radiazioni percepite dai tessuti intratoracici sani vicini al tumore (in particolare il pericardio, il cuore e i polmoni). I linfociti sono estremamente sensibili alle radiazioni e muoiono molto rapidamente; inoltre, sono spesso necessarie dosi più basse per trattare efficacemente il linfoma rispetto alla maggior parte degli altri tipi di tumore. Pertanto, con l’avvento di centri radioterapici più sofisticati, questa terapia potrebbe diventare una potenziale risorsa terapeutica. Ad esempio, i pazienti con linfoma mediastinico hanno spesso una recidiva nel mediastino, motivo per cui la radioterapia da sola, o in combinazione con la chemioterapia, può eradicare più efficacemente i linfociti neoplastici rispetto alla sola chemioterapia, e potrebbe diventare parte di un trattamento di prima linea con intento definitivo. Fino ad oggi, l’autore ha utilizzato la radioterapia principalmente come trattamento con intento palliativo nei casi di recidiva dopo un trattamento iniziale con la chemioterapia sistemica, ottenendo buoni risultati (anche se temporanei) (Figura 7).
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Figura 7. Radiografie con “lastra di controllo” eseguite in un gatto con linfoma mediastinico sotto trattamento mediante radioterapia con intento palliativo, che aveva precedentemente risposto alla chemioterapia con CHOP, ma aveva avuto una recidiva pochi mesi dopo a livello del mediastino e dei linfonodi mandibolari/prescapolari. Alla reintroduzione della chemioterapia non c’era stata risposta. La radiografia pretrattamento (a) mostra l’assenza della silhouette cardiaca e la presenza di un versamento pleurico. Al trattamento finale, appena 4 giorni dopo (b), c’era una risposta radiografica completa al trattamento. La linea rossa indica l’area trattata con la radioterapia.
© James Elliott
I gatti con linfoma mediastinico presentano per lo più segni respiratori a esordio relativamente acuto, e richiedono spesso triage e gestione di emergenza, sebbene la diagnosi sia relativamente facile. Oggi, i gatti con linfoma mediastinico sono di solito FeLV-negativi e possono avere una prognosi di sopravvivenza di oltre un anno con una chemioterapia adeguata. Nei gatti che ottengono la remissione completa, la sua durata può essere molto lunga (>2,5 anni). Un sottogruppo composto da gatti orientali più giovani, maschi, FeLV-negativi può avere una prognosi particolarmente buona, ma la maggior parte dei gatti risponde favorevolmente alla chemioterapia e può avere una buona qualità di vita durante il trattamento.
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James Elliott
Il Dr. Elliott ha conseguito la laurea all’University of Edinburgh, quindi ha lavorato nell’ambito della medicina di base prima di completare un internato e una Residency in oncologia dei piccoli animali presso l’University of Liverpool Scopri di più
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