Trattamento
Con le dermatosi autoimmuni/immunomediate, il trattamento può comportare due approcci terapeutici: immunosoppressione o immunomodulazione (Tabella 1a, b e c). Il tipo e la gravità della malattia determinano l’approccio. La maggior parte dei cani con lupus eritematoso discoide, vasculite cutanea indotta dal vaccino antirabbico, vasculite del margine auricolare e onicodistrofia lupoide simmetrica risponde favorevolmente ai farmaci immunomodulatori e può essere stabilizzata con questi medicinali. Altre malattie come ad esempio pemfigo foliaceo, eritema multiforme, lupus sistemico e varie altre vasculiti richiedono invece terapie immunosoppressive.
Tabella 1a. Farmaci spesso utilizzati per il trattamento delle malattie autoimmuni e immunomediate cutanee 1,24,25
Con i farmaci immunomodulatori può essere necessario un certo tempo prima di assistere a miglioramenti (generalmente entro 3-4 settimane dall’inizio della terapia). Quindi, se i segni clinici sono gravi, si può usare inizialmente un ciclo a dosi gradualmente decrescenti di glucocorticoidi ad alto dosaggio per ottenere un controllo rapido, assieme a un farmaco immunomodulatorio selezionato. Una volta ottenuta la remissione, l’uso del farmaco immunomodulatorio può essere proseguito come mantenimento. Si noti che inizialmente si devono somministrare sia i glucocorticoidi che il farmaco immunomodulatorio, dato che quest’ultima classe farmacologica può richiedere un certo tempo prima di essere efficace: questo contribuisce a prevenire la ricaduta della malattia dopo aver ridotto gradualmente gli steroidi. Il vantaggio principale dei farmaci immunomodulatori è che producono effetti indesiderati meno gravi e hanno un impatto ridotto sulla salute.
Nel caso della terapia immunosoppressiva, il farmaco usato più spesso è un glucocorticoide. Inizialmente, sono necessari dosaggi elevati per raggiungere la remissione, quindi questi vengono ridotti gradualmente fino alla dose più bassa possibile che mantiene la remissione con effetti indesiderati sistemici minimi. In molte malattie autoimmuni, sono necessarie terapie aggiuntive per poter ridurre la dose di glucocorticoide fino al livello che minimizza gli effetti indesiderati. Nei casi più gravi, non è inusuale combinare molti farmaci immunosoppressori diversi per raggiungere e mantenere la remissione. Dato che molti di questi medicinali possono produrre effetti indesiderati per il fegato e il midollo osseo, si raccomanda il monitoraggio ematologico ogni 2-3 settimane nei primi mesi, seguito da un monitoraggio di mantenimento ogni 4-6 mesi. Se si notano alterazioni significative nei parametri ematici, il farmaco incriminato deve essere sospeso e sostituito con un altro medicinale. I medicinali aggiuntivi utilizzati più spesso includono azatioprina, ciclosporina, micofenolato mofetile, ciclofosfamide e clorambucile. Nei cani più gravemente colpiti, può essere necessaria una terapia di supporto per le ferite aperte, la fluidoterapia correttiva e il monitoraggio dei livelli proteici sierici. L’uso di immunoglobuline umane endovenose (hIVIg) ha mostrato risultati promettenti nel trattamento delle dermatosi autoimmuni gravi dopo il fallimento di altri trattamenti 6.
Le terapie topiche possono essere utili con le lesioni più localizzate o nelle riacutizzazioni sporadiche. I farmaci topici usati più spesso sono betametasone o tacrolimus. Il betametasone ha il vantaggio di controllare rapidamente i sintomi di infiammazione e malattia ma l’uso cronico può indurre atrofia cutanea; se è necessario l’uso topico a lungo termine, è dunque prudente passare al tacrolimus.
Tabella 1b. Farmaci spesso utilizzati per il trattamento delle malattie autoimmuni e immunomediate cutanee 1,24,25
Ci sono quattro fasi da considerare nel trattamento delle dermatosi autoimmuni cutanee: la fase di induzione, la fase di transizione, la fase di mantenimento e la determinazione della cura 1. Con la fase di induzione, l’obiettivo è fermare la componente infiammatoria il più rapidamente possibile e sopprimere la risposta immunologica diretta contro la cute. In questa fase, sono normalmente necessarie dosi di medicinali maggiori. Se non si nota una risposta accettabile in modo tempestivo, deve essere considerato un altro regime di trattamento che consiste nel scegliere medicinali alternativi o aggiungere ulteriori medicinali al regime di trattamento corrente. Nella fase di transizione, le dosi dei farmaci vengono ridotte gradualmente per minimizzare gli effetti indesiderati e le reazioni avverse. Quando si utilizzano combinazioni di farmaci, le prime dosi da ridurre gradualmente sono quelle dei farmaci con gli effetti indesiderati massimi, come ad esempio i glucocorticoidi. I medicinali vengono ridotti lentamente, spesso per diverse settimane o mesi, fino a raggiungere una dose di mantenimento accettabile per i medicinali o finché i segni non riappaiono. In questo caso, le dosi dei medicinali vengono aumentate fino a raggiungere nuovamente la remissione, quindi ridotte gradualmente fino all’ultima dose che manteneva i sintomi del paziente sotto un controllo accettabile (fase di mantenimento). La “cura” viene considerata nei casi di dermatosi immunomediate che hanno raggiunto la remissione e sono controllate con successo con la terapia di mantenimento ma che non recidivano dopo l’interruzione.
L’interruzione della terapia di mantenimento in un paziente che è ben controllato è una decisione difficile, soprattutto se la malattia iniziale era grave. Questa decisione deve avvenire di comune accordo tra veterinario e proprietario; è essenziale che il cliente sia ben informato, e comprenda che se il paziente recidiva, può essere più difficile ottenere nuovamente la remissione. Il momento per interrompere la terapia di mantenimento dipende dal tipo di malattia, dal fatto che sia stato identificato ed eliminato o meno un fattore scatenante e dal rischio che corre il paziente interrompendo la terapia. In molti casi, si raccomanda di proseguire la terapia di mantenimento per 8-12 mesi prima dell’interruzione 1. Negli animali dove il rischio di recidiva supera i benefici derivanti dall’interruzione della terapia, i farmaci possono essere mantenuti per tutta la vita con un appropriato monitoraggio di laboratorio.
Le future vaccinazioni sono spesso scoraggiate nei casi di dermatosi autoimmuni, anche in quelli dove la vaccinazione non è un fattore scatenante documentato. Preoccupa il fatto che la vaccinazione possa stimolare un’ampia risposta immunitaria aspecifica, eventualmente avviando la recrudescenza della malattia autoimmune 7. L’Autore preferisce interrompere la vaccinazione antirabbica e monitorare i livelli dei titoli anticorpali per cimurro e parvovirus. Se i titoli non sono sufficienti a mantenere l’immunità corretta, prima di considerare il richiamo della vaccinazione si valuterà il rapporto rischi/benefici.
Tabella 1c. Farmaci spesso utilizzati per il trattamento delle malattie autoimmuni e immunomediate cutanee 1,24,25
Malattie specifiche
Pemfigo foliaceo
Il disturbo cutaneo autoimmune più frequente nel cane, il pemfigo foliaceo (PF), è una dermatite autoimmune con formazione di pustole o di croste. Il PF colpisce l’epidermide, aggredendo diverse molecole di adesione, in particolare i desmosomi, che tengono insieme i cheratinociti. Nel PF umano, l’obiettivo primario degli autoanticorpi 8 è la glicoproteina desmogleina-1 (DSG1) presente nel desmosoma e la stessa glicoproteina è stata precedentemente sospettata di essere l’obiettivo primario nei cani 9,10. Tuttavia, oggi si ritiene che sia un autoantigene minore 11 e l’evidenza corrente suggerisce che la desmocollina-1 sia un autoantigene maggiore nel PF canino 12.
I fattori genetici sembrano svolgere un ruolo nello sviluppo del PF e le razze Akita e Chow-Chow sono quelle considerate più a rischio 10. I fattori scatenanti includono la malattia cutanea allergica cronica e alcuni farmaci (antibiotici, FANS, antipulci topici spot-on) ma il più importante è la luce ultravioletta 1,10. La lesione iniziale è una macula che progredisce rapidamente a formare pustole, che sono spesso voluminose e vanno incontro a coalescenza. Le pustole sono spesso fragili e si rompono facilmente, con conseguente formazione di croste. Come risultato, le croste sono il segno clinico più comune 1,9,10. Si possono osservare erosioni, mentre le ulcerazioni sono rare ma possono essere presenti nei casi complicati con piodermite profonda. Il PF canino è spesso caratterizzato dalla formazione di croste che coinvolge inizialmente il muso (soprattutto la porzione dorsale e il piano nasale, la regione perioculare e le pinne auricolari) e procede successivamente verso una forma generalizzata (Figura 2).
La citologia di una pustola intatta o della cute sotto una crosta rivela spesso la presenza di numerosi neutrofili non degenerati che circondano cheratinociti acantolitici singoli o multipli, che appaiono come cheratinociti nucleati basofili grandi e arrotondati (Figura 1). La valutazione istologica rivela pustole subcorneali contenenti neutrofili e quantità variabili di eosinofili, assieme a cheratinociti acantolitici 13. Il trattamento comporta spesso alte dosi di steroidi con un immunosoppressore aggiuntivo e farmaci topici per il trattamento localizzato.
Figura 2. Pemfigo foliaceo: (a) formazione di croste color miele che coinvolge la porzione dorsale del muso e il piano nasale. Sotto la crosta sollevata è possibile osservare una lieve erosione del piano nasale. (b) Presentazione più generalizzata di pemfigo foliaceo.
© Amy Shumaker
Lupus eritematoso discoide
Definito anche come “naso da Collie” o lupus eritematoso cutaneo, il lupus eritematoso discoide (LED) è una malattia ulcerativa benigna senza manifestazioni sistemiche 1. Il LED è generalmente localizzato al piano nasale ma può coinvolgere zone esposte al sole delle pinne auricolari e della regione perioculare. Inoltre, sono state documentate varianti generalizzate 14. Il segno clinico più comune è la perdita iniziale dell’architettura ad acciottolato del piano nasale, che progredisce verso la depigmentazione e la desquamazione (Figura 3). Con la cronicità, si hanno erosioni, ulcerazioni e formazione di croste. Nei casi di varianti generalizzate, si possono osservare placche iperpigmentate da anulari a policicliche coinvolgenti il collo, il tronco e le estremità.
L’istopatologia rivela la degenerazione (apoptosi) delle cellule basali dell’interfaccia, con moderato infiltrato lichenoide pluricellulare del derma 13. Considerato che questa malattia può mimare strettamente la piodermite mucocutanea, sia clinicamente che istopatologicamente, può essere utile la valutazione citologica del piano nasale sotto la crosta. Se sono presenti batteri, si raccomanda il trattamento della piodermite mucocutanea. Nella maggior parte dei casi di LED, è inutile l’uso di potenti immunosoppressori: l’approccio immunomodulatorio sistemico con una tetraciclina (doxiciclina, minociclina) e la niacinamide, accoppiato alla terapia topica (steroidi topici, tacrolimus) ha spesso successo nel controllo della malattia. Nei casi refrattari o gravi, possono servire inizialmente dosi elevate di corticosteroidi. Nelle varianti generalizzate documentate, i trattamenti con idrossiclorochina o ciclosporina sono risultati efficaci 14,15. Dato che la luce solare gioca un ruolo significativo nel LED, è importante minimizzare l’esposizione al sole tenendo il paziente all’ombra e usando creme solari. Inoltre, può essere utile l’integrazione con vitamina E (400 UI al giorno).