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Veterinary Focus

Numero 25.2 altro: scientifici

Malattia autoimmune cutanea canina

Pubblicato il 01/02/2023

Scritto da Amy Shumaker

Disponibile anche in Français , Deutsch , Español e English

Le dermatosi immunomediate sono malattie non comuni nel cane e nel gatto e possono essere suddivise nelle categorie autoimmuni e immunomediate.

Forma lieve di lupus eritematoso discoide

Punti chiave

Le malattie autoimmuni sono causate dall’incapacità del sistema immunitario di riconoscere il “self”. 


Le malattie cutanee autoimmuni e immunomediate sono numerose e hanno presentazioni cliniche variabili; spesso possono mimare altri disturbi cutanei più comuni. 


La valutazione istopatologica è lo standard di riferimento per la diagnosi della malattia autoimmune cutanea ma la sede e la fase della lesione possono influenzare l’esito diagnostico. 


L’uso di medicinali immunomodulatori piuttosto che immunosoppressori dipende dal tipo e dalla gravità della malattia. 


Introduzione 

Le dermatosi immunomediate sono malattie non comuni nel cane e nel gatto e possono essere suddivise nelle categorie autoimmuni e immunomediate 1. L’autoimmunità è considerata il risultato dell’incapacità del sistema immunitario di riconoscere il “self”, generando una risposta immunitaria composta da anticorpi o da linfociti attivati e diretta contro le normali strutture e tessuti corporei, mentre le condizioni immunomediate sono innescate da un antigene estraneo, come ad esempio farmaci (compresi i vaccini) o agenti infettivi.

Esistono numerose dermatosi autoimmuni e immunomediate, la cui prognosi dipende dal tipo di malattia. Alcuni disturbi interessano solo la cute e hanno un coinvolgimento sistemico minimo o lieve, mentre altre malattie, come ad esempio il lupus eritematoso e varie forme di vasculite, possono influenzare altri organi e avere un grave impatto sistemico. 

Questo articolo si concentrerà sul riconoscimento dei segni clinici, sulle opzioni diagnostiche, sulle modalità terapeutiche e sulle strategie per evitare i possibili fattori scatenanti per le dermatosi autoimmuni. Con l’approccio corretto, il trattamento di molte tra queste malattie può essere gratificante. 

Segni clinici e diagnosi 

Come per ogni malattia cutanea, la diagnosi avviene grazie a una combinazione di anamnesi, segni clinici e test diagnostici dermatologici di routine, come ad esempio raschiato cutaneo, analisi citologica e biopsia con istopatologia. Non è raro che alcuni disturbi, come ad esempio il pemfigo, abbiano un’anamnesi di miglioramenti alternati a peggioramenti. La maggior parte dei disturbi autoimmuni si verifica negli animali giovani o di mezza età e molte dermatosi autoimmuni mostrano una predisposizione di razza che può aiutare a formulare una diagnosi differenziale. 

La presentazione clinica può essere variabile e può mimare molte altre dermatosi a causa del numero limitato di modelli di reazione della cute. Data l’ampia varietà di dermatosi autoimmuni cutanee, i segni clinici sono numerosi. Sebbene non esista alcun singolo segno “patognomonico” che indirizzi verso una malattia autoimmune cutanea, il clinico può identificare la presenza di alopecia, formazione di croste (ad es. pemfigo foliaceo), eritema e porpora (ad es. vasculite, eritema multiforme), ulcerazioni (ad es. vasculite, lupus/varianti lupoidi) e vescicole (ad es. malattie cutanee bollose). 

Lo standard di riferimento per la diagnosi delle dermatosi autoimmuni è la biopsia con valutazione istopatologica eseguita da un dermatopatologo. Sono necessarie biopsie incisionali multiple ottenute dalle lesioni rappresentative. Se presenti, le aree caratterizzate da formazione di croste e pustole vanno sottoposte a biopsia. Per valutare talune malattie come ad esempio il pemfigo, si possono inoltre inviare singole croste selezionate. Le sedi prescelte non devono essere tosate né sfregate, poiché questo può rimuovere le croste, influenzando negativamente i risultati. Idealmente, al momento di eseguire la biopsia gli animali non devono essere sotto trattamento con corticosteroidi ed è sconsigliabile inviare solo tessuto ulcerato, poiché l’esito potrebbe essere una diagnosi inconcludente di “dermatite ulcerativa”. Particolari colorazioni, tra cui quella con acido periodico di Schiff (PAS), possono essere utili per la valutazione di altre condizioni mimanti, come ad esempio la dermatofitosi. 

Ulteriori considerazioni diagnostiche comprendono la citologia, la coltura per la ricerca dei dermatofiti, il test degli anticorpi antinucleari (ANA) e le titolazioni anticorpali per le malattie da zecche. La citologia è preziosa per confermare o confutare una diagnosi di malattia autoimmune. Ad esempio, la presenza di cheratinociti acantolitici circondati da neutrofili è fortemente suggestiva del pemfigo foliaceo (Figura 1). Tuttavia, anche le infezioni da stafilococco e i dermatofiti, specialmente Trichophyton spp., possono indurre acantolisi 2. È quindi importante valutare tali agenti e trattarli adeguatamente, se presenti. In presenza di batteri si deve istituire un ciclo di antibiotici sistemici della durata di 4-6 settimane e l’eventuale risoluzione conferma la diagnosi di piodermite mucocutanea. Si noti che per il lupus eritematoso discoide, i segni clinici e le alterazioni istopatologiche possono essere molto simili alla piodermite mucocutanea del piano nasale 3. I titoli ANA, così come l’analisi istopatologica, possono essere utili per confermare una diagnosi di lupus eritematoso sistemico. Ulteriori analisi sono i test di immunofluorescenza o di immunoistochimica; i test di immunofluorescenza e di immunoistochimica diretta (spesso limitati a laboratori di immunopatologia veterinaria specializzati) richiedono spesso un trattamento particolare del tessuto, mentre i test di immunofluorescenza indiretta su siero per rilevare la presenza di autoanticorpi circolanti hanno mostrato recentemente risultati più promettenti 1,4,5.

Citologia per impronta ottenuta sotto una crosta sul piano nasale di un cane con diagnosi di pemfigo foliaceo

Figura 1. Citologia per impronta ottenuta sotto una crosta sul piano nasale di un cane con diagnosi di pemfigo foliaceo. Numerosi neutrofili circondano grappoli di grossi cheratinociti acantolitici basofili (freccia) (ingrandimento 100 x). 
© Amy Shumaker

Trattamento 

Con le dermatosi autoimmuni/immunomediate, il trattamento può comportare due approcci terapeutici: immunosoppressione o immunomodulazione (Tabella 1a, b e c). Il tipo e la gravità della malattia determinano l’approccio. La maggior parte dei cani con lupus eritematoso discoide, vasculite cutanea indotta dal vaccino antirabbico, vasculite del margine auricolare e onicodistrofia lupoide simmetrica risponde favorevolmente ai farmaci immunomodulatori e può essere stabilizzata con questi medicinali. Altre malattie come ad esempio pemfigo foliaceo, eritema multiforme, lupus sistemico e varie altre vasculiti richiedono invece terapie immunosoppressive. 

Tabella 1a. Farmaci spesso utilizzati per il trattamento delle malattie autoimmuni e immunomediate cutanee 1,24,25

Farmaci immunosoppressori
Farmaco Dosaggio e note Meccanismo d’azione Effetti indesirati
Glucocorticoidi
Prednisone/prednisolone 2,2-4,4 mg/kg ogni 24 ore
Desametazone 0,2-0,4 mg/kg ogni 24 ore
Triamcinolone 0,2-0,6 mg/kg ogni 24 ore 
Quelli succitati sono i dosaggi di induzione che vengono poi ridotti gradualmente fino alla dose minima ogni 48 ore (prednisone) o ogni 72 ore
(desametazone, triamcinolone) per mantenere la remissione
Riduce i livelli circolanti di linfociti T; inibisce le linfochine; inibisce la migrazione di neutrofili, macrofagi e monociti; inibisce la fagocitosi e la chemiotassi; riduce la produzione di interferone Sintomi di iperadrenocorticismo, respirazione affannosa, vomito, diarrea, aumenti degli enzimi epatici, pancreatite, ulcerazione GI, lipidemie, infezioni delle vie urinarie, diabete mellito, atrofia muscolare, alterazioni comportamentali
Ciclosporina
Induzione: 5-10 mg/kg ogni 24 ore Mantenimento: 5-10 mg/kg ogni 48 ore o meno
Immunosoppressore: blocca la trascrizione di IL-2 e la capacità di risposta delle cellule T per IL-2; inibisce la trascrizione di IFN-α, inibisce la funzione delle cellule mononucleate Vomito, diarrea, anoressia, iperplasia gengivale, papilloma- tosi, irsutismo, batteriuria, mielosoppressione, nefropatia
Azatioprina
Induzione: 1,5-2,5 mg/kg ogni 24 ore
Mantenimento: 1,5-2,5 mg/kg ogni 48 ore,
con possibile riduzione graduale fino a 1 mg/kg ogni 72 ore
Colpisce le cellule in rapida proliferazione Effetti massimi sull’immunità cellulo-mediata e sulla sintesi anticorpale che dipende dalle cellule T Anemia, leucopenia, trombocitopenia, vomito, reazioni di ipersensibilità, pancreatite, livelli elevati di ALP e ALT, rash, alopecia, diarrea, epatotossicità, rischio aumentato di infezioni
Micofenolato mofetile 10-20 mg/kg ogni 12 ore Inibisce la sintesi de novo della purina e sopprime i linfociti T e B e la produzione di anticorpi Nausea, vomito, diarrea, mielosoppressione, incidenza aumentata di infezioni
Clorambucile
Induzione: 0,1-0,2 mg/kg ogni 24-48 ore
Mantenimento: 0,1-0,2 mg/kg ogni 48 ore o meno
Effetti citotossici mediante cross-linking del DNA Anoressia, vomito, diarrea, mielosoppressione
Cyclophosphamide
1,5 mg/kg ogni 48 ore
A causa degli effetti indesiderati, il suo uso è spesso raccomandato solo nella fase di induzione; allo stato attuale, viene utilizzato raramente per le malattie autoimmuni cutanee
Inibisce la mitosi; immunosoppressivo per i sistemi umorale e cellulo-mediato, sopprime la produzione anticorpale Cistite emorragica sterile, fibrosi della vescica, teratogenesi, infertilità, alopecia, nausea, infiammazione GI, aumento delle infezioni, mielosoppressione

 

Con i farmaci immunomodulatori può essere necessario un certo tempo prima di assistere a miglioramenti (generalmente entro 3-4 settimane dall’inizio della terapia). Quindi, se i segni clinici sono gravi, si può usare inizialmente un ciclo a dosi gradualmente decrescenti di glucocorticoidi ad alto dosaggio per ottenere un controllo rapido, assieme a un farmaco immunomodulatorio selezionato. Una volta ottenuta la remissione, l’uso del farmaco immunomodulatorio può essere proseguito come mantenimento. Si noti che inizialmente si devono somministrare sia i glucocorticoidi che il farmaco immunomodulatorio, dato che quest’ultima classe farmacologica può richiedere un certo tempo prima di essere efficace: questo contribuisce a prevenire la ricaduta della malattia dopo aver ridotto gradualmente gli steroidi. Il vantaggio principale dei farmaci immunomodulatori è che producono effetti indesiderati meno gravi e hanno un impatto ridotto sulla salute. 

Nel caso della terapia immunosoppressiva, il farmaco usato più spesso è un glucocorticoide. Inizialmente, sono necessari dosaggi elevati per raggiungere la remissione, quindi questi vengono ridotti gradualmente fino alla dose più bassa possibile che mantiene la remissione con effetti indesiderati sistemici minimi. In molte malattie autoimmuni, sono necessarie terapie aggiuntive per poter ridurre la dose di glucocorticoide fino al livello che minimizza gli effetti indesiderati. Nei casi più gravi, non è inusuale combinare molti farmaci immunosoppressori diversi per raggiungere e mantenere la remissione. Dato che molti di questi medicinali possono produrre effetti indesiderati per il fegato e il midollo osseo, si raccomanda il monitoraggio ematologico ogni 2-3 settimane nei primi mesi, seguito da un monitoraggio di mantenimento ogni 4-6 mesi. Se si notano alterazioni significative nei parametri ematici, il farmaco incriminato deve essere sospeso e sostituito con un altro medicinale. I medicinali aggiuntivi utilizzati più spesso includono azatioprina, ciclosporina, micofenolato mofetile, ciclofosfamide e clorambucile. Nei cani più gravemente colpiti, può essere necessaria una terapia di supporto per le ferite aperte, la fluidoterapia correttiva e il monitoraggio dei livelli proteici sierici. L’uso di immunoglobuline umane endovenose (hIVIg) ha mostrato risultati promettenti nel trattamento delle dermatosi autoimmuni gravi dopo il fallimento di altri trattamenti 6.

Le terapie topiche possono essere utili con le lesioni più localizzate o nelle riacutizzazioni sporadiche. I farmaci topici usati più spesso sono betametasone o tacrolimus. Il betametasone ha il vantaggio di controllare rapidamente i sintomi di infiammazione e malattia ma l’uso cronico può indurre atrofia cutanea; se è necessario l’uso topico a lungo termine, è dunque prudente passare al tacrolimus. 

Tabella 1b. Farmaci spesso utilizzati per il trattamento delle malattie autoimmuni e immunomediate cutanee 1,24,25

Farmaci immunomodulatori
Farmaco Dosaggio e note  Meccanismo d’azione  Effetti indesirati 
Tetracicline Doxiciclina: 5 mg/kg ogni 12 ore
Minociclina: 5-10 mg/kg ogni 12 ore 
Tetraciclina 
500 mg per cani >10 kg ogni 8 ore
250 mg per cani <10 kg ogni 8 ore
Proprietà antinfiammatorie che interessano la chemiotassi, la produzione anticorpale, l’attivazione del complemento; sottoregola le citochine; inibisce la sintesi della prostaglandine, le lipasi e le collagenasi Vomito, anoressia, letargia, diarrea, attività degli enzimi epatici aumentata
Niacinamide
500 mg per cani >10 kg ogni 12 ore * 
250 mg per cani <10 kg ogni 12 ore *

* Ogni 8 ore se somministrato assieme alla tetraciclina
Blocca il rilascio di istamina e la degranulazione dei mastociti antigene IgE-indotti; fotoprotettiva e citoprotettiva, blocca l’attivazione delle cellule infiammatorie e l’apoptosi; inibisce le fosfodiesterasi; diminuisce il rilascio di proteasi Anoressia, vomito, letargia, occasionali aumenti degli enzimi epatici
Pentossifillina
10-30 mg/kg ogni 8-12 ore
Inibisce la fosfodiesterasi eritrocitaria e diminuisce la viscosità ematica; aumentando la flessibilità degli eritrociti, riduce gli effetti endotossici negativi dei mediatori delle citochine Vomito, anoressia, eccitazione del SNC o nervosismo

 

Ci sono quattro fasi da considerare nel trattamento delle dermatosi autoimmuni cutanee: la fase di induzione, la fase di transizione, la fase di mantenimento e la determinazione della cura 1. Con la fase di induzione, l’obiettivo è fermare la componente infiammatoria il più rapidamente possibile e sopprimere la risposta immunologica diretta contro la cute. In questa fase, sono normalmente necessarie dosi di medicinali maggiori. Se non si nota una risposta accettabile in modo tempestivo, deve essere considerato un altro regime di trattamento che consiste nel scegliere medicinali alternativi o aggiungere ulteriori medicinali al regime di trattamento corrente. Nella fase di transizione, le dosi dei farmaci vengono ridotte gradualmente per minimizzare gli effetti indesiderati e le reazioni avverse. Quando si utilizzano combinazioni di farmaci, le prime dosi da ridurre gradualmente sono quelle dei farmaci con gli effetti indesiderati massimi, come ad esempio i glucocorticoidi. I medicinali vengono ridotti lentamente, spesso per diverse settimane o mesi, fino a raggiungere una dose di mantenimento accettabile per i medicinali o finché i segni non riappaiono. In questo caso, le dosi dei medicinali vengono aumentate fino a raggiungere nuovamente la remissione, quindi ridotte gradualmente fino all’ultima dose che manteneva i sintomi del paziente sotto un controllo accettabile (fase di mantenimento). La “cura” viene considerata nei casi di dermatosi immunomediate che hanno raggiunto la remissione e sono controllate con successo con la terapia di mantenimento ma che non recidivano dopo l’interruzione.

L’interruzione della terapia di mantenimento in un paziente che è ben controllato è una decisione difficile, soprattutto se la malattia iniziale era grave. Questa decisione deve avvenire di comune accordo tra veterinario e proprietario; è essenziale che il cliente sia ben informato, e comprenda che se il paziente recidiva, può essere più difficile ottenere nuovamente la remissione. Il momento per interrompere la terapia di mantenimento dipende dal tipo di malattia, dal fatto che sia stato identificato ed eliminato o meno un fattore scatenante e dal rischio che corre il paziente interrompendo la terapia. In molti casi, si raccomanda di proseguire la terapia di mantenimento per 8-12 mesi prima dell’interruzione 1. Negli animali dove il rischio di recidiva supera i benefici derivanti dall’interruzione della terapia, i farmaci possono essere mantenuti per tutta la vita con un appropriato monitoraggio di laboratorio.

Le future vaccinazioni sono spesso scoraggiate nei casi di dermatosi autoimmuni, anche in quelli dove la vaccinazione non è un fattore scatenante documentato. Preoccupa il fatto che la vaccinazione possa stimolare un’ampia risposta immunitaria aspecifica, eventualmente avviando la recrudescenza della malattia autoimmune 7. L’Autore preferisce interrompere la vaccinazione antirabbica e monitorare i livelli dei titoli anticorpali per cimurro e parvovirus. Se i titoli non sono sufficienti a mantenere l’immunità corretta, prima di considerare il richiamo della vaccinazione si valuterà il rapporto rischi/benefici.

Tabella 1c. Farmaci spesso utilizzati per il trattamento delle malattie autoimmuni e immunomediate cutanee 1,24,25

Topici
Farmaco Dosaggio e note Meccanismo d’azione Effetti indesirati
Tacrolimus 0,1%
Applicato 1-2 volte al giorno, quindi ridotto gradualmente fino alla dose utile minima
Inibisce l’attivazione e la proliferazione delle cellule T attraverso la soppressione delle citochine Eritema localizzato, irritazione, prurito
I proprietari devono indossare guanti
Betametasone 0,1%
Applicato 1-2 volte al giorno, quindi ridotto gradualmente fino alla dose utile minima (idealmente, due volte alla settimana per l’uso cronico)
Effetti simili a quelli dei glucocorticoidi sistemici; inibisce localmente la migrazione di linfociti e macrofagi Atrofia dermica; rischio aumentato di induzione per la soppressione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene; effetti glucocorticoidi sistemici; sviluppo di lesioni miliari e comedoni; reazioni cutanee locali

 

Malattie specifiche 

Pemfigo foliaceo 

Il disturbo cutaneo autoimmune più frequente nel cane, il pemfigo foliaceo (PF), è una dermatite autoimmune con formazione di pustole o di croste. Il PF colpisce l’epidermide, aggredendo diverse molecole di adesione, in particolare i desmosomi, che tengono insieme i cheratinociti. Nel PF umano, l’obiettivo primario degli autoanticorpi 8 è la glicoproteina desmogleina-1 (DSG1) presente nel desmosoma e la stessa glicoproteina è stata precedentemente sospettata di essere l’obiettivo primario nei cani 9,10. Tuttavia, oggi si ritiene che sia un autoantigene minore 11 e l’evidenza corrente suggerisce che la desmocollina-1 sia un autoantigene maggiore nel PF canino 12.

I fattori genetici sembrano svolgere un ruolo nello sviluppo del PF e le razze Akita e Chow-Chow sono quelle considerate più a rischio 10. I fattori scatenanti includono la malattia cutanea allergica cronica e alcuni farmaci (antibiotici, FANS, antipulci topici spot-on) ma il più importante è la luce ultravioletta 1,10. La lesione iniziale è una macula che progredisce rapidamente a formare pustole, che sono spesso voluminose e vanno incontro a coalescenza. Le pustole sono spesso fragili e si rompono facilmente, con conseguente formazione di croste. Come risultato, le croste sono il segno clinico più comune 1,9,10. Si possono osservare erosioni, mentre le ulcerazioni sono rare ma possono essere presenti nei casi complicati con piodermite profonda. Il PF canino è spesso caratterizzato dalla formazione di croste che coinvolge inizialmente il muso (soprattutto la porzione dorsale e il piano nasale, la regione perioculare e le pinne auricolari) e procede successivamente verso una forma generalizzata (Figura 2).

La citologia di una pustola intatta o della cute sotto una crosta rivela spesso la presenza di numerosi neutrofili non degenerati che circondano cheratinociti acantolitici singoli o multipli, che appaiono come cheratinociti nucleati basofili grandi e arrotondati (Figura 1). La valutazione istologica rivela pustole subcorneali contenenti neutrofili e quantità variabili di eosinofili, assieme a cheratinociti acantolitici 13. Il trattamento comporta spesso alte dosi di steroidi con un immunosoppressore aggiuntivo e farmaci topici per il trattamento localizzato.

Honey-colored crusting involving the dorsal muzzle and nasal planum  
a
 A more generalized presentation of pemphigus foliaceus
b

 

Figura 2. Pemfigo foliaceo: (a) formazione di croste color miele che coinvolge la porzione dorsale del muso e il piano nasale. Sotto la crosta sollevata è possibile osservare una lieve erosione del piano nasale. (b) Presentazione più generalizzata di pemfigo foliaceo. 
© Amy Shumaker

 

Lupus eritematoso discoide 

Definito anche come “naso da Collie” o lupus eritematoso cutaneo, il lupus eritematoso discoide (LED) è una malattia ulcerativa benigna senza manifestazioni sistemiche 1. Il LED è generalmente localizzato al piano nasale ma può coinvolgere zone esposte al sole delle pinne auricolari e della regione perioculare. Inoltre, sono state documentate varianti generalizzate 14. Il segno clinico più comune è la perdita iniziale dell’architettura ad acciottolato del piano nasale, che progredisce verso la depigmentazione e la desquamazione (Figura 3). Con la cronicità, si hanno erosioni, ulcerazioni e formazione di croste. Nei casi di varianti generalizzate, si possono osservare placche iperpigmentate da anulari a policicliche coinvolgenti il collo, il tronco e le estremità.

L’istopatologia rivela la degenerazione (apoptosi) delle cellule basali dell’interfaccia, con moderato infiltrato lichenoide pluricellulare del derma 13. Considerato che questa malattia può mimare strettamente la piodermite mucocutanea, sia clinicamente che istopatologicamente, può essere utile la valutazione citologica del piano nasale sotto la crosta. Se sono presenti batteri, si raccomanda il trattamento della piodermite mucocutanea. Nella maggior parte dei casi di LED, è inutile l’uso di potenti immunosoppressori: l’approccio immunomodulatorio sistemico con una tetraciclina (doxiciclina, minociclina) e la niacinamide, accoppiato alla terapia topica (steroidi topici, tacrolimus) ha spesso successo nel controllo della malattia. Nei casi refrattari o gravi, possono servire inizialmente dosi elevate di corticosteroidi. Nelle varianti generalizzate documentate, i trattamenti con idrossiclorochina o ciclosporina sono risultati efficaci 14,15. Dato che la luce solare gioca un ruolo significativo nel LED, è importante minimizzare l’esposizione al sole tenendo il paziente all’ombra e usando creme solari. Inoltre, può essere utile l’integrazione con vitamina E (400 UI al giorno).

Forma lieve di lupus eritematoso discoide in un cane con esposizione cronica al sole

Figura 3. Forma lieve di lupus eritematoso discoide in un cane con esposizione cronica al sole; si noti la perdita dell’architettura ad acciottolato del piano nasale con depigmentazione ed erosioni focali. 
© Amy Shumaker

Eritema multiforme 

Una rara dermatosi immunomediata, l’eritema multiforme (EM), può avere natura idiopatica o essere innescata da numerosi fattori, tra cui farmaci, infezioni batteriche, parvovirus, alimenti, vaccinazioni e neoplasie 1,16,17. In una revisione di 44 cani con EM, i farmaci erano il fattore scatenante in 26 casi (59%) 16; i farmaci più spesso implicati sono gli antibiotici come ad esempio i sulfamidici potenziati con trimetoprim, le penicilline e le cefalosporine. L’EM è stato ulteriormente classificato in forme maggiori e minori. L’EM minore è lieve, con esordio acuto delle tipiche lesioni bersaglio che coinvolgono più spesso le estremità, con coinvolgimento delle mucose lieve o nullo; se presente, è limitato alla mucosa orale e non sono stati osservati sintomi sistemici. L’EM maggiore è più grave, con un coinvolgimento significativo delle mucose e sintomi spesso generalizzati come ad esempio letargia e febbre. La distinzione tra EM maggiore e sindrome di Stevens-Johnson (SSJ) può essere difficile ed è possibile che molti casi diagnosticati come EM siano effettivamente il risultato della SSJ 1. Le lesioni cutanee sono variabili (Figura 4) e questa malattia può mimare molte altre dermatosi. Tuttavia, le lesioni possono avere un esordio acuto e sono spesso simmetriche, costituite da macule eritematose o da papule rilevate che si diffondono perifericamente, mentre si risolvono centralmente. Molte possono mostrare uno schema da anulare ad arciforme oppure serpiginoso. Altre lesioni includono placche urticarioidi, nonché vescicole e bolle che progrediscono a ulcere. Le lesioni della mucosa sono generalmente eritematose e possono anche progredire verso forme vescicolari, bollose e ulcerative. In alcuni casi, vi può essere formazione di croste. Le sedi più spesso colpite sono il ventre, le ascelle, le giunzioni mucocutanee, la cavità orale, le pinne auricolari e i cuscinetti plantari.

Con una tale varietà di segni clinici e ampia gamma di diagnosi differenziali da valutare in base ai segni clinici (follicolite batterica, demodicosi, dermatofitosi, orticaria, altri disturbi vescicolari e bollosi), la diagnosi richiede la biopsia accompagnata dall’istopatologia. La caratteristica istopatologica più caratteristica nell’EM è l’apoptosi panepidermica con satellitosi linfocitaria e dermatite dell’interfaccia 13. La risposta al trattamento e forse la remissione permanente, è subordinata all’identificazione ed eliminazione dell’eventuale fattore scatenante, poiché l’eliminazione dell’eziologia può comportare la risoluzione spontanea entro settimane di correzione e trattamento. Nei casi dove manca un fattore scatenante identificabile, è necessario eseguire una prova con dieta a eliminazione ipoallergenica, dato che l’ipersensibilità alimentare può essere una causa potenziale 18. Nei casi più gravi e quando non è stato possibile identificare un fattore scatenante, sono risultati efficaci gli immunosoppressori, come ad esempio corticosteroidi, azatioprina e ciclosporina. Nei casi potenzialmente letali, sono state utilizzate le hIVIg per migliorare e accelerare l’esito del trattamento 1,19.

Eritema multiforme che mostra varie lesioni cliniche

Figura 4. Eritema multiforme che mostra varie lesioni cliniche, tra cui alopecia a macchia di leopardo, desquamazione, eritema, erosioni e ulcerazioni. Si notino le lesioni a carico delle palpebre, coerenti con il coinvolgimento mucocutaneo osservato in questa condizione. 
© Katherine Doerr, DVM, DACVD

Vasculite cutanea 

Le malattie vascolari che colpiscono il cane sono numerose. La vasculite cutanea è un processo patologico in cui le pareti vascolari sono oggetto di una risposta infiammatoria, con conseguente distruzione dei vasi sanguigni e necrosi ischemica del tessuto colpito. È importante notare che la vasculite cutanea è più un modello di reazione cutanea piuttosto che una diagnosi specifica, poiché sono molteplici le cause che la scatenano. La vasculite cutanea è stata associata ad altre malattie coesistenti, tra cui ipersensibilità alimentare, punture di insetti, neoplasie e malattie infettive come ad esempio le malattie trasmesse da zecche 20,21,22. Inoltre, numerosi farmaci sono stati implicati come causa di vasculite 21,22,23. In molti casi, l’eziologia sottostante non è ben identificabile e la malattia è considerata idiopatica. Nella maggior parte delle vasculiti cutanee, si sospetta che il meccanismo patogenetico sia una reazione di ipersensibilità di tipo III, dove l’esposizione antigenica determina il deposito di immunocomplessi nelle pareti vascolari. Tuttavia, possono essere coinvolti altri fattori, tra cui genetica, difetti nella clearance degli immunocomplessi e autoanticorpi.

Nella vasculite, la cute può essere l’unico organo coinvolto ma possono essere colpiti anche altri organi, come ad esempio i reni nel Levriero. Le tipiche lesioni cutanee della vasculite cutanea includono porpora palpabile, placche da eritemiche a purpuriche e bolle emorragiche. La progressione della malattia determina lo sviluppo di ulcere delimitate che coinvolgono le zampe, l’apice della pinna auricolare, le labbra, la coda e la mucosa orale 20. Può anche essere presente edema plastico. In alcuni casi, possono essere colpiti gli artigli con segni di onicodistrofia, onicomadesi, petecchie ed essudato interno. I polpastrelli possono essere interessati da lesioni erosive, ulcerative o ipercheratosiche. Spesso, le ulcerazioni o le depressioni colpiscono il centro del cuscinetto e tuttavia possono essere colpiti anche i margini laterali. Nella vasculite vaccino antirabbico-indotta, nella sede di inoculo si osservano una chiazza anulare di alopecia con gradi variabili di iperpigmentazione (Figura 5), eritema e occasionale desquamazione, solitamente entro 2-6 mesi dalla vaccinazione. In questi casi, possono essere interessate ulteriori aree, in particolare l’apice delle pinne auricolari.

Chiazza alopecica iperpigmentata coerente con una dermopatia ischemica indotta dalla vaccinazione antirabbica

Figura 5. Chiazza alopecica iperpigmentata coerente con una dermopatia ischemica indotta dalla vaccinazione antirabbica. 
© Amy Shumaker

La diagnosi viene formulata in base alla valutazione istopatologica. Tuttavia, le alterazioni sono spesso subdole, a seconda della fase della malattia e della sede selezionata per la biopsia, il che complica la diagnosi. I riscontri istologici tipici della vasculite includono gradi variabili di invasione cellulare neutrofila, eosinofila e mononucleare delle pareti vascolari, con rigonfiamento delle cellule endoteliali, degenerazione fibrinoide, stravaso eritrocitario e occasionale leucocitoclasia osservata all’interno o in prossimità delle pareti vascolari 13,20.

Altre alterazioni del derma includono collagene di colorazione chiara, atrofia follicolare e dermatite dell’interfaccia ipocellulare 1,13. Nei casi di vasculite vaccino-indotta, si può osservare un materiale basofilo amorfo che rappresenta verosimilmente il prodotto vaccina13. Il tipo di infiammazione cellulare presente può essere indicativo del fattore scatenante; per esempio, la vasculite eosinofila è spesso associata a reazioni da artropodi, ipersensibilità alimentare, mastocitomi o dermatite eosinofila canina.

Quando si formula una diagnosi di vasculite, può essere necessario un ulteriore lavoro diagnostico per determinare la causa sottostante. È indispensabile raccogliere l’anamnesi completa e analizzare la somministrazione di qualsiasi farmaco o vaccino recente. Vanno eseguite le titolazioni anticorpali per le malattie da zecche. Se si sospetta un’ipersensibilità alimentare, in particolare nei casi di vasculite urticarioide, può essere utile una prova con dieta a eliminazione utilizzando una dieta commerciale contenente una proteina mai usata prima o proteine idrolizzate. 

Il trattamento della vasculite dipende dalla gravità della malattia e dal tipo di vasculite. Anche la durata del trattamento è variabile, poiché alcuni casi possono risolversi e andare in remissione permanente se è possibile identificare ed eliminare un fattore scatenante sottostante. Altri casi possono richiedere invece una terapia per tutta la vita. Nei casi più gravi, può essere necessario il trattamento con glucocorticoidi (con o senza un farmaco immunosoppressore aggiuntivo) una volta escluse le cause infettive. Nei casi di vasculite vaccino-indotta, ha spesso successo la terapia immunomodulatoria con una combinazione di medicinali, tra cui doxiciclina/minociclina, niacinamide e pentossifillina. Le terapie topiche contenenti steroidi, come ad esempio il betametasone, possono essere utilizzate a breve termine per le lesioni più localizzate, passando al tacrolimus se serve un trattamento più lungo per il controllo topico. 

Conclusione 

Le malattie autoimmuni e immunomediate cutanee sono poco comuni o rare nei cani ma sono ancora suscettibili di essere osservate nelle strutture non specializzate. Dato che molti disturbi possono mimare la malattia autoimmune cutanea e viceversa, sono indispensabili un’anamnesi completa e accertamenti diagnostici approfonditi per ottenere una diagnosi appropriata e un regime di trattamento adeguato, con l’eliminazione dei fattori scatenanti identificabili. Se necessario, è consigliabile valutare una terapia immunomodulatoria, piuttosto che immunosoppressiva, poiché comporta effetti indesiderati sistemici inferiori e in molti casi può essere necessaria una terapia a vita.

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Amy Shumaker

Amy Shumaker

La Dr.ssa Shumaker si è laureata presso l’University of Florida, College of Veterinary Medicine nel 2001 Scopri di più

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