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Veterinary Focus

Numero 33.1 Pancreas esocrino

Insufficienza pancreatica esocrina felina

Pubblicato il 17/05/2023

Scritto da Panagiotis G. Xenoulis

Disponibile anche in Français , Deutsch , Português , Română , Español , English e 한국어

L’insufficienza pancreatica esocrina felina è più comune di quanto si possa generalmente pensare; questo articolo offre suggerimenti per diagnosticare e trattare efficacemente la condizione.

Questo gatto ha ricevuto una diagnosi di IPE e MII

Punti chiave

Nei gatti con perdita di peso e/o feci molli occorre tenere presente l’insufficienza pancreatica esocrina (IPE), anche se una malattia concomitante può produrre altri segni. 


Lo standard di riferimento per la diagnosi di IPE nei gatti è l’immunoreattività tripsino-simile felina (fTLI), mentre altri test, come ad esempio l’attività dell’amilasi o della lipasi, o anche l’istopatologia, sono meno sensibili e specifici. 


La gestione dell’IPE felina si basa principalmente sull’integrazione con enzimi pancreatici e cobalamina. 


I gatti che non rispondono a un trattamento appropriato per l’IPE vanno rivalutati alla ricerca di altre potenziali diagnosi o malattie concomitanti, come ad esempio un’enteropatia cronica.


Introduzione

L’insufficienza pancreatica esocrina (IPE) deriva da una produzione inadeguata di enzimi da parte delle cellule acinari pancreatiche, che causa maldigestione, malassorbimento e conseguenti segni clinici, come ad esempio perdita di peso e diarrea. Sebbene l’IPE sia stata considerata rara nel gatto, è oggi accettato che molti casi del passato sono sfuggiti alla diagnosi a causa della mancanza di test diagnostici sensibili e specifici, della scarsa consapevolezza della malattia, e della sua coesistenza con altri disturbi gastrointestinali (GI) che causano segni clinici simili. Fino a poco tempo fa, la letteratura sull’IPE felina era molto limitata, includendo segnalazioni di IPE confermate o sospette in 10 singoli gatti pubblicate tra il 1975 e il 2009 1,2,3,4,5,6,7,8,9, oltre a due piccole casistiche che nel loro insieme comprendevano un totale di 36 gatti affetti 10,11. Più di recente è stato pubblicato un ampio studio retrospettivo che ha valutato 150 gatti con IPE 12, e nel 2021 un piccolo studio retrospettivo multicentrico ha descritto i riscontri ecografici e clinico-patologici in 22 gatti con IPE 13.

Epidemiologia

La prevalenza reale dell’IPE felina è sconosciuta e, come osservato in precedenza, la condizione era tradizionalmente considerata rara nel gatto, con solo poche segnalazioni di casi pubblicate. Tuttavia, dopo l’introduzione del test dell’immunoreattività tripsino-simile felina (fTLI) avvenuta nel 1995 14, sono stati diagnosticati molti più casi. In uno studio recente, è stata condotta un’indagine nella banca dati del Gastrointestinal Laboratory della Texas A&M University per un periodo di circa 2 anni (2008-2010), scoprendo che 1.094 campioni di siero su 46.529 (2,4%) di gatti sottoposti a misurazione della fTLI avevano livelli compatibili con una diagnosi di IPE 12. Nonostante il fatto che la popolazione utilizzata in questo studio fosse asimmetrica (perché erano stati indagati gatti con segni GI e quindi possibile sospetto di IPE), sembra che l’IPE sia una condizione non rara nei gatti. Non è noto se ciò rifletta un aumento vero e proprio della prevalenza, o rifletta semplicemente un indice di sospetto maggiore e mezzi migliori per arrivare alla diagnosi. Pertanto, sebbene la sua prevalenza reale debba ancora essere determinata, nei casi con quadro clinico compatibile si dovrebbe sospettare l’IPE.

Eziologia e fisiopatologia

Nessuno studio ha indagato in modo specifico le potenziali cause dell’IPE felina, sebbene sia stata quasi sempre citata tradizionalmente come unica causa la pancreatite cronica con distruzione graduale ed estesa delle cellule acinari. Tuttavia, questa idea si basava su un piccolo numero di segnalazioni di casi 13,15, e sebbene si ritenga ancora che la pancreatite cronica sia la causa più comune di IPE felina, possono coesistere altre eziologie. Sebbene non provata, la convinzione è che serva molto tempo affinché l’infiammazione cronica causi la distruzione quasi completa del pancreas esocrino; studi recenti hanno notato che i gatti giovani possono sviluppare l’IPE, cosa che rende la pancreatite cronica una causa meno probabile, specialmente in questo gruppo di età 12. Altre potenziali eziologie per l’IPE potrebbero includere l’atrofia acinare pancreatica (segnalata in un piccolo numero di casi), l’infestazione da Eurytrema procyonis (un trematode presente in alcune parti degli USA e segnalato anch’esso in un piccolo numero di casi), l’ipoplasia o aplasia pancreatica, e l’atrofia da compressione dovuta all’ostruzione del dotto pancreatico 1,2,3,4,5,6,7,8,9, 13. Sebbene un deficit isolato della lipasi pancreatica (mentre gli altri enzimi pancreatici restavano nei parametri normali) sia stato recentemente segnalato come causa dell’IPE canina 16, questo non è stato ancora segnalato nei gatti.

Si ritiene che il pancreas esocrino abbia un’eccezionale riserva funzionale, e che i segni clinici dell’IPE si sviluppino solo quando si perde oltre il 90% della capacità secretoria 13. A prescindere dalla causa, l’insufficiente produzione e secrezione degli enzimi pancreatici nell’intestino tenue causa maldigestione dei nutrienti. La grande quantità di nutrienti non digeriti nell’intestino può causare una diarrea osmotica, mentre l’assorbimento ridotto di nutrienti provoca perdita di peso.

Di grande importanza è l’associazione fisiopatologica tra funzione pancreatica e assorbimento di cobalamina. Una proteina legante la cobalamina, chiamata fattore intrinseco, facilita l’assorbimento della cobalamina nell’ileo; tuttavia, a differenza dei cani dove il fattore intrinseco viene prodotto anche nello stomaco, nei gatti questo avviene esclusivamente nel pancreas esocrino. L’IPE riduce quindi la produzione e secrezione del fattore intrinseco, con conseguente diminuzione dell’assorbimento intestinale di cobalamina, e quindi ipocobalaminemia e deficit di cobalamina 17.

Quando l’IPE è secondaria alla pancreatite cronica, la distruzione della porzione endocrina del pancreas può causare un diabete mellito concomitante. Inoltre, molti gatti con IPE possono avere una condizione concomitante come ad esempio infiammazione pancreatica, enteropatia cronica (generalmente, malattia intestinale infiammatoria e/o linfoma a piccole cellule GI) e/o epatopatia.

Segnalamento e segni clinici

Non esiste una predisposizione di sesso o di razza significativa per l’IPE 12; la maggior parte dei gatti colpiti è di mezza età o anziana, ma la fascia d’età segnalata va da 3 mesi a 19 anni 12. Ciò sottolinea il fatto che l’IPE andrebbe considerata nei gatti di qualsiasi età.

I segni clinici dei gatti con IPE sono aspecifici e identici a quelli osservati in molte altre condizioni diagnosticate più spesso (ad es. ipertiroidismo, enteropatie croniche, pancreatite, nefropatia cronica). La perdita di peso era di gran lunga il segno clinico più comune (Figura 1), era presente in oltre il 90% dei 150 gatti in uno studio, ed era il solo segno clinico nel 5% dei casi 12. Il 62% dei gatti produceva feci molli, e 2/3 di questi soggetti avevano diarrea acquosa saltuaria (Figure 2 e 3). Questo contrasta con il tipico cane affetto da IPE, dove nella maggior parte dei casi si osservano feci molli (ad es. il 95% in uno studio 18). Altri segni clinici includevano mantello scadente (50%), polifagia (42%), anoressia (42%), letargia (40%), vomito (19%) e untuosità del mantello 12. Alcuni dei segni clinici segnalati (ad es. anoressia, depressione, vomito) non sono tipici dell’IPE e sono probabilmente associati a malattie concomitanti (ad es. enteropatia cronica o infiammazione del fegato e/o del pancreas) rispetto all’IPE di per sé. Esiste una segnalazione di un gatto con IPE che ha sviluppato acidosi D-lattica (forse dovuta all’aumento della fermentazione intestinale come conseguenza dell’iperproliferazione batterica) che presentava segni clinici di debolezza, letargia e atassia 8, ma questo quadro è considerato raro.

Questo gatto ha ricevuto una diagnosi di IPE e MII; nonostante il basso BCS (2/9) e il mantello scadente, il gatto aveva un appetito normale

Figura 1. Questo gatto ha ricevuto una diagnosi di IPE e MII; nonostante il basso BCS (2/9) e il mantello scadente, il gatto aveva un appetito normale.
© Panagiotis G. Xenoulis

È chiaro che la presentazione clinica di molti gatti con IPE differisce e crea maggior confusione rispetto alla presentazione tipica osservata nei cani. I segni clinici sono più subdoli e meno specifici nei gatti, e sono più comuni i segni delle comorbilità. Pertanto, nei casi con perdita di peso o anoressia inspiegabile si dovrebbe sospettare l’IPE, anche in assenza di diarrea o polifagia, o quando il vomito o la depressione sono il segno principale alla presentazione e quando la perdita di peso potrebbe essere meno evidente.

Le feci del gatto

Figura 2. Le feci del gatto della Figura 1; si può osservare l’aspetto molle e untuoso.
© Panagiotis G. Xenoulis

Feci di un gatto con IPE e linfoma gastrointestinale

Figura 3. Feci di un gatto con IPE e linfoma gastrointestinale. Il disturbo principale segnalato dal proprietario era la diarrea acquosa.
© Panagiotis G. Xenoulis

Diagnosi

L’insufficienza pancreatica esocrina viene inizialmente sospettata in base alla presentazione clinica, ma poiché alcune malattie GI feline possono produrre segni che si sovrappongono a quelli dell’IPE (e spesso sono concomitanti all’IPE), ogni gatto con segni gastrointestinali o malattia GI cronica dovrebbe essere, idealmente, testato per l’IPE. I gatti affetti da condizioni come ad esempio MII o linfoma a piccole cellule GI che non rispondono a un trattamento appropriato possono avere un’IPE concomitante sottodiagnosticata. Pertanto, per qualsiasi gatto che abbia ricevuto una diagnosi di enteropatia cronica o altro problema GI, e che continui a perdere peso o avere feci molli nonostante il trattamento appropriato, si dovrebbe includere l’IPE nella lista delle diagnosi differenziali (Figura 4). 

I gatti con IPE hanno generalmente alterazioni normali o aspecifiche all’esame emocromocitometrico completo e al profilo biochimico sierico, ma anche in questo caso la malattia concomitante può provocare varie anomalie (ad es. anemia, aumento degli enzimi epatici, iperglicemia, ipoalbuminemia), sebbene nessuna di queste sia specifica per IPE. Le concentrazioni sieriche di cobalamina sono diminuite nella maggior parte dei gatti con IPE (80-100%) 12, ma esiste una certa evidenza di deplezione della cobalamina tissutale prima che si sviluppi l’ipocobalaminemia, e quindi anche i gatti normocobalaminemici potrebbero avere un deficit di cobalamina cellulare 17. Sebbene sia un riscontro comune nei gatti con IPE, l’ipocobalaminemia è aspecifica per la condizione, perché spesso si manifesta con altre condizioni come ad esempio MII, linfoma GI, e ipertiroidismo 17.

L’IPE è una malattia funzionale che richiede una diagnosi funzionale definitiva 13. Lo standard di riferimento è la misurazione della concentrazione dell’immunoreattività tripsino-simile felina (fTLI) nel siero (idealmente eseguita su un campione a digiuno); questo test ha una specificità dell’85-100%; inoltre, sebbene la sensibilità non sia nota, è considerata elevata 10,12,13. I dosaggi della TLI sono specie-specifici, e pertanto quelli sviluppati e convalidati per i cani o l’uomo non sono adatti ai gatti. Il dosaggio della fTLI misura i livelli sierici di tripsinogeno prodotto dal pancreas esocrino, e l’unico test convalidato attualmente disponibile è fornito dal Gastrointestinal Laboratory della Texas A&M University. Nell’IPE, data la riduzione significativa della capacità funzionale del pancreas esocrino, si osservano concentrazioni sieriche di fTLI subnormali; l’intervallo di riferimento è 12-82 μg/L e valori ≤8 μg/L sono considerati diagnostici dell’IPE. Alcuni gatti con segni clinici GI hanno concentrazioni di fTLI nell’intervallo intermedio (8-12 μg/L), e questi casi andrebbero rivalutati alcune settimane o mesi dopo per verificare se le concentrazioni di fTLI si sono normalizzate o sono entrate nell’intervallo diagnostico per l’IPE. Dato che il tripsinogeno viene escreto dal rene, le concentrazioni sieriche di fTLI possono essere falsamente aumentate nei gatti con riduzione della funzione renale 19, cosa che può ostacolare la diagnosi. Nei gatti azotemici con sospetto di IPE, può essere necessario rivalutare le concentrazioni sieriche di fTLI dopo il miglioramento dell’azotemia.

Le modalità di diagnostica per immagini (radiografia, ecografia, tomografia computerizzata) non sono utili nella diagnosi di IPE perché non riflettono la capacità funzionale del pancreas. Tuttavia, la diagnostica per immagini può essere utile per la diagnosi o l’esclusione delle malattie concomitanti, o di quelle che possono mimare l’IPE. In un recente studio multicentrico, è stato dimostrato che l’IPE causa alterazioni ecografiche minime o nulle nei gatti, sebbene in alcuni casi siano stati notati assottigliamento del parenchima pancreatico e dilatazione del dotto pancreatico, segni che potrebbero sollevare il sospetto di IPE 13. Analogamente, i campioni istopatologici, o anche la rilevazione di un’ipotrofia del pancreas all’esame macroscopico, non sono utili per la diagnosi di IPE, perché anche in questo caso non riflettono la capacità funzionale del pancreas, sebbene si possa sospettare l’IPE in base a riscontri compatibili.

Per qualsiasi gatto con diarrea cronica che non risponde al trattamento iniziale è necessario includere l’IPE nell’elenco delle possibili diagnosi differenziali

Figura 4. Per qualsiasi gatto con diarrea cronica che non risponde al trattamento iniziale è necessario includere l’IPE nell’elenco delle possibili diagnosi differenziali.
© Shutterstock

Trattamento

Terapia sostitutiva enzimatica

Come nei cani, il cardine del trattamento nei gatti con IPE è l’integrazione con enzimi pancreatici. Sono disponibili molti prodotti commerciali (estratti secchi di pancreas di suino), ma nessuno studio ha valutato oggettivamente l’efficacia dei differenti prodotti e preparati nei gatti. In uno studio non è stata identificata alcuna differenza per quanto riguarda lo specifico prodotto o tipo di enzima pancreatico utilizzato per il trattamento dell’IPE felina, e tutti i prodotti possono essere ugualmente efficaci 12. Sebbene precedenti relazioni sostenessero l’uso di prodotti in polvere nei cani (dove i prodotti gastroresistenti erano considerati meno efficaci), un recente studio controllato con placebo e prospettico ha dimostrato che i prodotti gastroresistenti possono essere effettivamente più efficaci 20. Sebbene sia possibile utilizzare anche pancreas crudo ottenuto da bovino, maiale, o selvaggina 13, questo può contenere patogeni potenzialmente pericolosi, e la preferenza dell’autore va quindi verso i prodotti in polvere o i prodotti gastroresistenti.

A prescindere dal prodotto utilizzato, gli enzimi pancreatici devono essere somministrati a ogni pasto. I prodotti gastroresistenti sono idealmente somministrati subito dopo il pasto, mentre i prodotti in polvere vanno miscelati accuratamente con il cibo; non sembra essere necessaria la preincubazione con il cibo. Il dosaggio è empirico, sebbene si usino spesso inizialmente 5 mL (1 cucchiaino da tè) di enzima in polvere per pasto 13, e i prodotti gastroresistenti possono essere avviati alla dose di 300 mg di pancreatina al giorno (suddivisi in ogni pasto); tuttavia, è necessario titolare l’opzione scelta per ogni gatto in base alla risposta al trattamento. Si prevede che tale risposta sia rapida, con la risoluzione delle feci molli solitamente osservata entro la prima settimana; inoltre, una volta scomparsi i segni clinici, si dovrebbe tentare una riduzione graduale fino a raggiungere la dose minima efficace.

Se si utilizza pancreas crudo, come dose iniziale sono appropriati circa 50 g per pasto, con successivi aggiustamenti secondo necessità. Le porzioni di pancreas crudo possono essere conservate congelate fino all’uso per molti mesi senza perdere in efficacia, ma i proprietari devono essere consapevoli che questa opzione può essere associata a un rischio, seppur limitato, di trasmissione di malattie infettive e parassitarie (ad es. encefalite spongiforme bovina, malattia di Aujeszky, e parassiti come ad esempio Echinococcus spp.) 13.

Data la loro capacità di degradare proteine e grassi, in caso di contatto prolungato con la mucosa orale o esofagea gli enzimi pancreatici possono causare irritazione e ulcere orali o esofagee. Pertanto, gli enzimi pancreatici in polvere vanno miscelati accuratamente con il cibo, mentre la somministrazione di compresse o capsule dev’essere seguita dall’assunzione di cibo e acqua per ridurre il rischio di stomatite ed esofagite 13.

Integrazione con cobalamina

Anche l’integrazione con cobalamina ha grande importanza e ha dimostrato di influenzare favorevolmente la risposta al trattamento, sia nei gatti con IPE, sia in quelli con enteropatie croniche, due condizioni che sono spesso coesistenti 12,21. La carenza di cobalamina può causare infiammazione intestinale e atrofia dei villi, compromissione di varie vie biochimiche, e malassorbimento di nutrienti come ad esempio il folato 17. Nei gatti con malattia GI e ipocobalaminemia grave, l’integrazione con cobalamina ha prodotto un aumento significativo del peso corporeo e una diminuzione del vomito e della diarrea 21. In uno studio condotto su 150 gatti con IPE, l’integrazione con cobalamina ha influenzato favorevolmente la risposta al trattamento, persino nei gatti con concentrazioni sieriche normali di cobalamina 12. Infine, l’ipocobalaminemia associata a determinate malattie GI nei cani ha dimostrato di essere un fattore prognostico negativo, e l’ipocobalaminemia nei cani con IPE è associata a una sopravvivenza più breve 22,23.

L’esatta concentrazione di cobalamina sierica che indica la carenza di cobalamina cellulare e la necessità di integrazione è attualmente sconosciuta, anche perché gli intervalli normali della cobalamina sierica variano notevolmente tra un laboratorio e l’altro. L’uso di marcatori della carenza di cobalamina, come ad esempio l’acido metilmalonico (AMM) sierico, è più utile ma non disponibile di routine 24.

Sebbene i gatti con ipocobalaminemia richiedano chiaramente un’integrazione, anche alcuni gatti normocobalaminemici con IPE (specialmente quelli al limite inferiore dell’intervallo di riferimento) possono trarre beneficio dall’integrazione, probabilmente perché hanno una carenza di cobalamina cellulare 12,17,24. Dato che praticamente tutti i gatti con IPE hanno, o tendono a sviluppare, una carenza di cobalamina dovuta alla mancanza di fattore intrinseco, si potrebbe raccomandare di dare a tutti i casi un’integrazione, a prescindere dalla concentrazione sierica di cobalamina.

A causa della mancanza di fattore intrinseco e della conseguente riduzione dell’assorbimento di cobalamina da parte del tratto GI, si raccomanda generalmente un’integrazione con cobalamina parenterale 13,17. Gli studi sulla cinetica dell’integrazione con cobalamina parenterale nei gatti con o senza malattia GI indicano che l’emivita serica della cobalamina è di 5 e 13 giorni, rispettivamente 25. Sebbene siano stati pubblicati protocolli per l’integrazione con cobalamina, l’efficacia può variare a seconda della malattia GI sottostante, della frequenza di somministrazione, e della formulazione utilizzata 13,17; inoltre, nessuno studio ha valutato in modo specifico i protocolli di integrazione con cobalamina nei gatti con IPE. L’autore raccomanda attualmente l’idrossicobalamina (preferibilmente) o la cianocobalamina, a una dose totale di 250 μg (500 μg per gatti di peso >5 kg) per gatto, somministrati SC o IM ogni 2 settimane per 6-8 settimane. Dopo questo periodo, la cobalamina viene somministrata a intervalli mensili, con rivalutazione della cobalamina sierica ogni 3 mesi, e molti gatti richiedono un’integrazione a lungo termine nonostante il trattamento sostitutivo enzimatico per l’IPE.

Una recente evidenza indica che, per correggere la carenza di cobalamina nei gatti con malattia GI, l’integrazione orale può essere altrettanto efficace della somministrazione parenterale, ma nessuno studio ha valutato specificamente l’efficacia di questa opzione nei gatti con IPE. Pertanto, l’autore raccomanda attualmente la somministrazione parenterale di cobalamina in tutti i gatti con IPE. Se questo non è possibile, si possono somministrare giornalmente per 2-3 mesi 250 μg di cobalamina per gatto (utilizzando una specifica preparazione orale di cobalamina, o le stesse preparazioni iniettabili di cobalamina sopra descritte), con successiva rivalutazione delle concentrazioni sieriche di cobalamina. 

Panagiotis G. Xenoulis

È chiaro che la presentazione clinica di molti gatti con insufficienza pancreatica esocrina differisce, e crea maggior confusione, rispetto alla presentazione tipica osservata nei cani.

Panagiotis G. Xenoulis

Antibiotici e modifica del microbiota intestinale

Gli antibiotici sono stati utilizzati in alcuni cani come parte del trattamento dell’IPE, presumibilmente per controllare la disbiosi intestinale concomitante, sebbene non sia stato stabilito alcun beneficio evidente per questa pratica. In uno studio non è emerso che l’uso di antibiotici potesse influenzare la risposta al trattamento nei gatti con IPE 12, e poiché i disturbi del microbiota nell’IPE felina non sono stati completamente descritti né confermati, non è noto se l’uso di antibiotici sia utile in questi casi. Dato che lo studio sopra citato non ha dimostrato che gli antibiotici abbiano un effetto positivo sulla risposta al trattamento, e poiché è stato dimostrato che con il tempo causano disbiosi e resistenza agli antimicrobici, l’autore non raccomanda attualmente l’uso di antibiotici nei gatti con IPE. Nei casi che non rispondono all’integrazione con enzimi e cobalamina sono necessarie ulteriori indagini diagnostiche, poiché questi gatti possono avere una malattia dell’intestino tenue concomitante ed è improbabile che l’uso di antibiotici ne migliori l’esito. Se si ritiene necessario il trattamento antibiotico, si può tentare una terapia ex adjuvantibus con metronidazolo (15 mg/kg ogni 12 ore PO) o tilosina (20 mg/kg, ogni 12 ore PO), ma questa va considerata come ultima opzione.

I probiotici multi-ceppo ad alto dosaggio possono riuscire a controllare la disbiosi intestinale e potrebbero essere utilizzati nei casi sospetti, ma ancora una volta non sono disponibili studi. Infine, il trapianto di microbiota fecale (FMT) sta guadagnando terreno come mezzo per modificare il microbiota intestinale (ed è probabilmente il mezzo più efficace) ma mancano studi nei gatti con IPE. L’FMT può essere tentato anche nei casi di disbiosi intestinale sospetta.

Raccomandazioni dietetiche

Nessuno studio ha valutato l’effetto di diete diverse sull’esito dei gatti con IPE, ma una dieta di mantenimento iperproteica di buona qualità sembrerebbe appropriata nella maggior parte dei casi, a meno che non siano presenti malattie concomitanti che impongano l’uso di una specifica dieta clinica. Le diete ipoallergeniche o le diete a eliminazione vengono spesso utilizzate nei gatti con enteropatie croniche, e sembrerebbero appropriate anche nei gatti con IPE, soprattutto data la probabile malattia GI concomitante. In passato, per la gestione dell’IPE sono state raccomandate diete a basso contenuto di grassi (soprattutto nei cani), ma anche in questo caso non esistono studi sui gatti.

Altri trattamenti

Alcuni medici veterinari raccomandano l’uso di un inibitore della pompa protonica (ad es. omeprazolo o pantoprazolo) in concomitanza con la terapia sostitutiva con enzimi pancreatici per ridurre l’acidità gastrica e l’inibizione enzimatica nello stomaco. Tuttavia, i benefici di tale trattamento sono sconosciuti, e la maggior parte dei gatti sembra rispondere bene senza tale intervento. Tuttavia, potrebbe essere utile somministrare un inibitore della pompa protonica a un gatto che non ha risposto bene all’integrazione con enzimi pancreatici e cobalamina, per vedere se questo migliora la situazione.

Infine, ci sono state segnalazioni occasionali di gatti con IPE affetti da una coagulopatia che aveva risposto all’integrazione con vitamina K 5. Anche se ritenuto un evento molto raro, se si nota una condizione di sanguinamento in un gatto con IPE, è necessario misurare i parametri della coagulazione, avviando eventualmente l’integrazione con vitamina K se necessario.

Prognosi

Nel complesso, la risposta al trattamento è considerata buona nel 60% dei gatti con IPE e la maggior parte dei casi trattati in modo appropriato ha generalmente una prognosi eccellente e una buona qualità di vita 12. Solo il 13% dei casi segnalati ha mostrato una risposta inadeguata al trattamento 12 per ragioni non chiarite. La risposta nulla o parziale al trattamento potrebbe essere dovuta alla mancata somministrazione di cobalamina oppure, come detto prima, alla presenza di malattie concomitanti gestite in modo inadeguato. Tutti i gatti che non rispondono a un trattamento appropriato vanno rivalutati alla ricerca di altre possibili diagnosi o di una malattia concomitante significativa.

Conclusione

L’insufficienza pancreatica esocrina (IPE) nei gatti è probabilmente più comune di quanto riconosciuto nella pratica clinica, ma sfugge spesso all’identificazione a causa dei segni clinici aspecifici e della disponibilità limitata di test appropriati. Idealmente, tutti i gatti con enteropatia cronica, e in particolare quelli che non rispondono al trattamento iniziale, dovrebbero essere testati per l’IPE misurando la TLI felina specifica. I gatti con IPE non diagnosticata e non trattata, come componente concomitante di altre condizioni GI croniche, hanno probabilmente una risposta inadeguata al trattamento, mentre la maggior parte dei gatti con diagnosi di IPE ha una buona risposta alla terapia appropriata.

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Panagiotis G. Xenoulis

Panagiotis G. Xenoulis

Il Dr. Xenoulis ha conseguito la laurea all’Aristotle University di Salonicco nel 2003 Scopri di più

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Il termine “fibra” viene usato quotidianamente quando si parla di alimenti per animali, ma cosa implica realmente? Adam Rudinsky offre una panoramica della fibra in tutti i suoi vari aspetti.

A cura di Adam J. Rudinsky

Numero 33.1 Pubblicato il 28/06/2023

Trapianto di microbiota fecale per i disturbi GI

Il trapianto di microbiota fecale sta iniziando a essere considerato un’opzione praticabile per il trattamento di vari problemi gastrointestinali acuti e cronici nei cani, come spiega Linda Toresson.

A cura di

Numero 33.1 Pubblicato il 21/06/2023

Ipoadrenocorticismo canino atipico

Il morbo di Addison non è necessariamente la prima possibilità alla presentazione di un cane con segni gastrointestinali, ma tale possibilità non va scartata, come descrive Romy Heilmann.

A cura di Romy M. Heilmann

Numero 33.1 Pubblicato il 14/06/2023

Giardiasi nei cani

L’infestazione da Giardia viene identificata spesso nei cani, ma decidere se si tratta di un riscontro significativo e selezionare l’approccio terapeutico migliore per una data situazione, può spesso rivelarsi problematico nella pratica; questo articolo si propone di fornire alcune risposte per il medico veterinario.

A cura di Rolf R. Nijsse e Paul A.M. Overgaauw